Quante vite vale un punto del PIL?
Questa è la vera domanda alla quale il governo non risponde, nascondendo i documenti sui quali ha basato la sua politica pandemica
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Questa è la vera domanda alla quale il governo non risponde, nascondendo i documenti sui quali ha basato la sua politica pandemica
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Questa è la vera domanda alla quale il governo non risponde, nascondendo i documenti sui quali ha basato la sua politica pandemica
Tutto è nato da una dichiarazione di Ueli Maurer, intervistato il 21 novembre dello scorso anno, in una Samstagsrundschau di Radio SRF, sulle misure adottate dal governo per affrontare la pandemia: “Abbiamo deliberatamente preso un certo rischio perché abbiamo soppesato gli interessi in gioco” aveva dichiarato Maurer in quell’occasione. Güterabwägung è la parola utilizzata da Maurer, che si potrebbe tradurre con analisi costi-benefici.
Avvalendosi della legge sulla trasparenza, un radioascoltatore aveva chiesto al Dipartimento di Maurer di conoscere i documenti alla base di questa valutazione e, dinanzi al rifiuto, si era rivolto all’Incaricato federale per la protezione dei dati, che in questi casi dovrebbe avviare una procedura di conciliazione. La procedura si è però subito arenata quando anche a Lobsiger è stato negato l’accesso alla documentazione. Il Dipartimento accampa ragioni formali: si tratterebbe di documenti interni al Consiglio federale che non soggiacciono alla Legge sulla trasparenza. Un “colpo basso” ha reagito Adrian Lobsiger, secondo il quale “ci sono ancora forze nell’amministrazione federale che non hanno fatto i conti con la Legge sulla trasparenza”, accusa ovviamente respinta dal Dipartimento di Maurer, secondo il quale si tratta di un’eccezione espressamente prevista dal legislatore.
Ma non è la diatriba tra Incaricato alla protezione dei dati e Dipartimento delle finanze che mi interessa e tanto meno i cavilli giuridici attorno ai quali si accapigliano. Dal mio punto di vista, clamoroso, per non dire vergognoso, è il fatto di negare all’opinione pubblica il diritto di conoscere le ragioni che hanno portato a scelte che si sono tradotte nel sacrificio di migliaia di vite umane.
Perché i costi li conosciamo: a fine settembre 2020 si contavano in Svizzera 1783 decessi, erano 2037 a fine ottobre, 4445 a fine novembre, 7082 a fine dicembre. Più di cinquemila morti in tre mesi, eccoli i costi. Una cifra spaventosa che si è ulteriormente appesantita nei mesi successivi, per arrivare ai 10350 decessi dell’ultimo rapporto settimanale dell’Ufficio federale della sanità pubblica. Morti in larga parte dovuti alle scelte del Consiglio federale, che in autunno ha scientemente deciso di lasciar campo libero alla pandemia come evidenziano questi grafici tratti dallo stesso rapporto.
Non conosciamo per contro i benefici che hanno spinto il Consiglio federale a sacrificare queste persone. Non conosciamo i criteri usati per calcolare i benefici. Non conosciamo studi e scenari dai quali sono stati ricavati i dati messi sull’altro piatto della bilancia, quando si è deciso deliberatamente di prendere un certo rischio, per dirla con le parole di Ueli Maurer.
Ed è questo che, secondo me, avrebbero diritto di sapere la popolazione svizzera, i padri e i figli, le mogli e i mariti dei deceduti, coloro che hanno lottato tra la vita e la morte in un reparto di cure intensive, coloro che a fatica riuscivano a respirare grazie all’ossigeno, coloro che ancora oggi risentono degli strascichi della malattia per effetto del cosiddetto Long Covid.
Quante vite vale l’ipotetico punto del prodotto interno lordo che il Consiglio federale ha voluto salvare?
A me sembra lecita la domanda e doverosa la risposta.
Nell’immagoine il sito di SRF con il servizio di Samstagsrundschau
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