“Roba da ciod”
Divertimento carnascialesco economico
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Divertimento carnascialesco economico
• – Silvano Toppi
Verso una nuova politica industriale?
• – Christian Marazzi
Privati degli aiuti, vittime di linciaggi e costretti a pagare gli spostamenti che per i turchi sono gratis. La denuncia di ong e sindacati: picchiati da gang nazionaliste ed esclusi dai soccorsi
• – Redazione
Il discorso di dimissioni della premier scozzese Nicola Sturgeon. Un grande esempio di concezione della politica e della sua dimensione di “servizio del Paese”
• – Redazione
Grazie a un arzigogolo da azzeccagarbugli, Berlusca Pascià assolto con tutte le sue olgettine per insussistenza di reato
• – Franco Cavani
Nuovo ordine energetico (e monetario) mondiale
• – Christian Marazzi
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• – Redazione
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• – Redazione
Libero Casagrande appartiene a quelle figure umane e culturali che ci hanno consegnato, insieme all’amicizia, una responsabilità
• – Fabio Pusterla
Nel nome dello “spirito imprenditoriale”, quello che domina la narrazione economica e politica e che ancora si invoca come soluzione di tutti i mali
• – Lelio Demichelis
Un goccio di storia, dapprima. Perché i bellinzonesi sono riconosciuti e battezzati come “ciod”, ossia chiodi? Tanto, d’aver dato vita, già dalla fine dell’Ottocento, all’espressione “roba da ciod”, usata anche sulle gazzette: quanto a dire che da quella località, proprio in quanto sede del Governo e del Gran Consiglio, si martellavano e si inchiodavano in leggi cose sfuggenti al buon colpo dell’intelligenza, deprecabili, dannevoli.
Poi, c’è chi raddrizzò il chiodo almeno per il rispetto che si doveva. I “ciod”nascevano da tempo in val Morobbia, sotto il Gesero, nelle ferriere di Carena, e “ciod” (una sorta di metonimia?) erano i trasportatori di quei geniali aggeggi che imbullettavano tutto quanto doveva saldamente tenere e incastrarsi giù al piano.
C’è però chi non desistette nella metafora e quando nel 1903, a cento anni della nascita del Cantone, si innalzò un monumento in Piazza Indipendenza, a Bellinzona, soprattutto i luganesi vi videro ovviamente un chiodo capovolto.
È però della gloria del chiodo, del suo prestigioso simbolo e valore economico che bisognerebbe parlare. E, allora, “roba da ciod” ha altro e alto senso. Tanto che il “Ciod” dovrebbe apparire, fossimo stati altrettanto virtuosi e produttivi, nella bandiera cantonale.
Ci aiuta Daniel Sichel, professore di economia a Boston, un ex-responsabile della Federal Reserve, la Banca centrale degli Stati Uniti (di cui tanto di parla in questi giorni a proposito di inflazione). Il quale comincia con il dirci in un suo anche spassoso studio, (The price of nails since 1695: a window into economic change, Working paper, dicembre 2022) che nel XVIII secolo si bruciavano le case di legno, abbandonate, per ricuperare dalle ceneri i chiodi, tanto erano preziosi. Quanto basta per chiedersi subito come mai, in un secolo e mezzo, un bene così imperdibile, crolla nell’essenza del suo valore, tanto che i prezzi reali dei chiodi (tenendo quindi conto anche dell’inflazione) sono stati divisi per dieci rispetto a tutti gli altri prezzi dei beni di consumo. Quindi, potremmo dire: al “roba da chiodi” va subito aggiunta l’altra espressione: “non vale un chiodo”.
Che cosa è successo al chiodo? È arrivata la produttività o quella che gli economisti chiamano “guadagni di produttività”. Lungo tutto la catena di produzione, dalla produzione dell’acciaio all’organizzazione del lavoro.
C’è da sorridere leggendo quanto scriveva uno dei padri della scienza economica, riportato da Sichel, il venerato inglese Adam Smith, nel suo celeberrimo “Ricchezza delle nazioni” (1776), laddove descrive dettagliatamente la divisione del lavoro per la fabbricazione di un chiodo: “Un uomo tira il filo, un altro lo raddrizza, un terzo lo taglia, un quarto l’affila, un quinto ne arrota l’estremità per ospitarvi la testa…”.
Fatto è, per farla breve, che con tutte le evoluzioni produttive e i brevetti sopravvenuti, oggi il numero di chiodi prodotti in ogni minuto di lavoro umano è 3.500 volte più elevato di quello dell’era dei chiodi e della divisione del lavoro di Adam Smith, quello della “mano invisibile”(la gioiosa metafora in cui si continua a credere, soprattutto da parte dei nostri politici, e grazie alla quale gli individui, agendo solo per il proprio interesse, raggiungono il cosiddetto equilibrio economico generale- con ordine sociale e sviluppo economico per tutti- senza che lo vogliano. E forse i chiodi lo dimostrano).
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Il rapporto che mette sotto accusa l’esercito ucraino continua a suscitare reazioni e discussioni, anche dentro l’organizzazione umanitaria
Eppure continua a rappresentare un’utopia necessaria, perché senza solidarietà si cade nella barbarie