Terra Vecchia e Bordei
Alla scoperta di un’esperienza che ha quasi 50 anni e che ha ancora molto da dare. Basta volerla conoscere - Di Bruno Brughera
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Alla scoperta di un’esperienza che ha quasi 50 anni e che ha ancora molto da dare. Basta volerla conoscere - Di Bruno Brughera
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Alla scoperta di un’esperienza che ha quasi 50 anni e che ha ancora molto da dare. Basta volerla conoscere - Di Bruno Brughera
Terra Vecchia e Bordei non sono solo dei piccoli villaggi, nuclei di montagna posti in una remota valle ticinese. Sono due gioielli che meriterebbero di essere iscritti come patrimonio UNESCO! Non ho dubbi, il valore sociale che ha supportato la loro ricostruzione, già da solo merita un riconoscimento. Il valore antropologico e architettonico è indiscutibile, oltre a quello culturale che è legato strettamente alla storia e al patrimonio del territorio ticinese. Queste due realtà legate, intrecciate e interconnesse dallo stesso eccezionale impulso che le ha fatte rinascere e sviluppare, sono un unicum, di un valore civico e morale inestimabile.
Terra Vecchia e Bordei sono due piccoli nuclei di case incastonate fra Rasa e Palagnedra, nelle Centovalli. Vittime, come tante realtà di montagna, del progressivo ed inesorabile spopolamento, hanno finito per diventare due macchie di ruderi e di case abbandonate in mezzo al verde dei boschi.
Eppure, quei nuclei avevano una storia, fatta di instancabili contadini e di lavoratori stagionali che già nel XV secolo erano attivi come scaricatori o doganieri a Genova, Pisa, Firenze. Poi, si sa, è venuto il tempo dell’assoluta povertà e dell’emigrazione verso le Americhe. Infine, il lento abbandono.
Finché un giorno, siamo nei primi anni ’70 del secolo scorso, un giovane ed intraprendente bernese, Jürg Zbinden, in viaggio e anche un po’ alla ricerca di avventure e di scoperte, non si imbatté in quei ruderi e decise che andavano riportati in vita. Con l’amico psicologo Roland Shaad ed un gruppo di ragazzi si mise immediatamente al lavoro per la ricostruzione e pensò che quei luoghi, restituiti al territorio, avrebbero potuto e dovuto diventare “speciali”, capaci di accogliere un progetto non solo paesaggistico, ma anche e soprattutto sociale e culturale.
Nel 1973 nasce così la “Fondazione Terra Vecchia e Bordei”, che compirà dunque cinquant’anni fra qualche mese, e che in questi decenni ha realizzato un’opera straordinaria grazie a donazioni e aiuti giunti da numerosi privati della Svizzera tedesca, in particolare del Canton Berna.
Terra Vecchia e Bordei sono oggi, e da anni, due luoghi quasi magici, perché lì sono date le condizioni, davvero eccezionali, perché giovani, che hanno magari anche storie difficili di disagio, possono trovarvi l’occasione per un’esperienza che restituisca loro fiducia e senso di inclusione.
Come si può leggere nel sito della Fondazione, “le case, le stalle e le due chiese sono state restaurate e rinnovate, il grande giardino è stato coltivato per alimentare gli abitanti ed è stata ripresa l’agricoltura di montagna. L’osteria rinnovata nel suo stile originario offre agli ospiti pasti, alloggio e un luogo di incontro.
Dal 2004 la Fondazione Terra Vecchia villaggio utilizza le 30 proprietà immobiliari, l’osteria e i 26 ettari di terreno agricolo a Bordei e Terra Vecchia quale piattaforma per numerosi progetti. Al centro vi è la promozione di bambini, adolescenti e giovani adulti che si sentono insicuri e a rischio nei confronti di sé stessi e del mondo. In tal modo continua a vivere la visione del periodo pionieristico, cioè quella di fondare una comunità di vita e di lavoro insieme a bambini e adolescenti a rischio.” E ancora: “nell’anno 2021 la Fondazione Terra Vecchia villaggio ha reimpostato gli indirizzi per il futuro. Quanto è stato creato grazie all’energia sociale, ora viene di nuovo riempito di vita giovane. Nei prossimi anni la Fondazione si trasformerà in un luogo di apprendimento e una casa per molti giovani. Integrazione professionale Terra Vecchia: con offerte di formazione professionale a bassa soglia la Fondazione crea nuove prospettive con integrazione professionale per giovani che non hanno conosciuto soltanto il lato bello della vita.” Ho visitato recentemente questo luogo stupendo, ho avuto anche modo di parlare con Jürg Zbinden, ormai ultrasettantenne, ma con ancora un enorme entusiasmo ed il desiderio di ampliare esperienze, contatti, progetti. Il fatto, però, è che il suo lavoro ed i veri e propri “gioielli” in cui si è sviluppato, sono ben conosciuti nella Svizzera interna e all’estero, ma pochissimo nel nostro Cantone, che con la Fondazione pare per intanto non riuscire a stabilire una qualsiasi forma di collaborazione.
Sembra incredibile, ma è così, e spiace, davvero molto, perché potenzialmente questi luoghi potrebbero e dovrebbero trovare anche da noi ben altra considerazione, tanto più quando si parla, di continuo, di esigenze di spazi di accoglienza, di recupero, di formazione.
Vogliamo fare un esempio? Prendiamo il caso del progettato CECM (Centro Educativo Chiuso per Minorenni), un casermone in cemento armato dal costo di sei milioni pensato per accogliere (ma sarebbe meglio dire “recludere”) giovani “sbandati”, dal doloroso percorso adolescenziale fatto di violenze psichiche e fisiche, di cui sono magari stati artefici, certamente vittime, e che si vorrebbero confinare temporaneramente in un luogo chiuso per essere “rieducati”.
In una lunga intervista a “La Regione”, la nuova Giudice dei minori, Fabiola Gnesa, è tornata sull’argomento, sottolineando la complessità di una situazione che vede casi simili in aumento a fronte delle difficoltà di rinvenire, nel nostro Cantone, luoghi idonei per specifiche cure psichiatriche, per esempio, o per un vero e proprio “recupero”. I centri a cui si ricorre sono, per ora, oltre San Gottardo, con lunghe liste d’attesa. E a proposito del Centro chiuso progettato (e votato in Gran Consiglio) afferma che “ potrà forse essere utile per alcune decine di ragazzi in rottura con famiglie e istituzioni, quando fermarli sembra l’unica via. Ma finita la crisi acuta occorre costruire un percorso, progettare un futuro con e per loro. E qui siamo sguarniti. “ Appunto, va costruito un percorso che dia ai ragazzi un senso sostenibile di “futuro”, fuori dalle mura del Centro chiuso o da quelle, metaforiche, di un mondo in cui non si riconoscono e che li mette al margine. Un percorso che potrebbe portare neanche troppo lontano, nelle Centovalli, per esempio, perché no? Perché non pensare che magari qualche risposta alle tante necessità sociali che affliggono questi nostri tempi, potrebbe essere trovata a pochi passi, in luoghi di “rigenerazione” che hanno già accolto centinaia di giovani di altri Cantoni svizzeri e che sono lì, a disposizione? Forse Terra Vecchia e Bordei meriterebbe qualche nuova e approfondita attenzione.
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