Tesi da etilometro
Per “Il Mattino” l’aumento delle tariffe Arcobaleno è colpa degli ecologisti
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Per “Il Mattino” l’aumento delle tariffe Arcobaleno è colpa degli ecologisti
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Per “Il Mattino” l’aumento delle tariffe Arcobaleno è colpa degli ecologisti
Una celebre ed ironica poesia punk dell’indimenticato Roberto “Freak” Antoni recita: “Si dice che toccato il fondo non si può che risalire. A me è capitato di cominciare a scavare”.
È quanto sta succedendo (e non proprio ironicamente) al Mattino della domenica ed al suo direttore (che, lo ricordiamo per i distratti, è pure consigliere nazionale e municipale di Lugano): dopo l’apoteosi di affermazioni razziste di un paio di settimane fa, che hanno indotto alcuni consiglieri comunali luganesi ad inoltrare un’interpellanza al Municipio, e dopo, dunque, che la colpa dell’emergenza energetica in cui potremmo trovarci è degli stranieri che vengono accolti nel nostro paese, mica si è fermato a pensarci su un attimo, o almeno a prender fiato, macchè, eccolo anche ieri andare a caccia di colpe e colpevoli poco importa di cosa, purché “nemici”.
Già, perché la strategia, ormai neanche tanto sorprendente, è sempre quella di toccare temi delicati (possibilmente in votazione o contro cui si incita tutti a raccogliere firme) e cavare dal cilindro “il colpevole”, quello sostenuto da qualche cricca o casta che vuole intimamente il male del povero ceto medio, del contribuente spremuto dalle tasse e da ogni proposta politica venga dal famigerato fronte rosso-verde o, quando siamo a livello nazionale, dalla “partitocrazia”.
Così, stavolta (nel corsivetto “La coerenza della casta”) il tema è quello (trito e ritrito) dell’”ecoisterismo”, di chi ti imbesuisce con l’ideologia climatista, e in nome di quale obiettivo? Fare la guerra agli automobilisti. Eh già, perché i fenomeni di catastrofe ambientale, gli studi sulla crisi climatica di tutti gli istituti scientifici mondiali vogliono in fondo ottenere questo: fare la guerra agli automobilisti, che, poveretti, “vengono vessati in tutti i modi possibili”, confusi e obnubilati al suono del mantra “mezzi pubblici”.
Un assunto che di per sé mostra già una bella dose di assurdità; ma non è finita qui, no, ora viene il bello (si fa per dire): cosa succede in questo clima di guerra ai poveri tapini al volante? Che la comunità tariffale Arcobaleno ha “pompato” i prezzi del trasporto pubblico a partire dal prossimo dicembre: una decisione che proprio volendo, secondo la logica del Mattino, dovrebbe avvantaggiare gli automobilisti (e infatti ha scatenato le proteste degli ambientalisti e non solo), ma no, diventa un’ennesima misura che tende a “limitare la libertà dei cittadini” a causa, eh certo, dell’ecoisterismo.
Un’argomentazione davvero stupefacente (e il caso di dirlo) che con una dozzina di circonvoluzioni e piroette nel semplice ragionare in termini di causa ed effetto, riesce a rovesciare tutto e a dar la colpa agli odiati ecologisti anche dell’aumento dell’abbonamento Arcobaleno.
Per restare in contesto (e in metafora): una tesi da etilometro.
Il fatto è che questa è la prassi argomentativa che da tempo informa regolarmente gli articoli del settimanale di Via Monte Boglia, che partono dagli obiettivi da colpire (sempre quelli, in verità, anche se qua e là ce n’è anche per i liblab) e poi prendono temi d’attualità un po’ come vengono, basta che consentano (con le buone o con le cattive) di sentenziare sulle colpe altrui, non importa se in modo conseguente e pertinente.
Si mettono in fila una serie di giudizi (o pregiudizi) e poi si distribuiscono fra le pagine del giornale un po’ casualmente, basta che appaiano in bella evidenza, per lettori amici nutriti dagli stessi pregiudizi, tutte le “colpe” dei nefasti “nemici”.
Inutile specificare che una tale impostazione è fatta per tutto tranne che per discutere, per confrontarsi, per ragionare. Non è informazione, non è giornalismo, non è nemmeno opinione: è spararla grossa, usando termini roboanti, meglio se un po’ offensivi; bordate verso il fronte avverso dalla propria posizione, vissuta bellicosamente e bellicisticamente come trincea. Il modo in cui, sempre più, sono impostate, a suon di slogan, le campagne elettorali.
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