Trump e lo schiaffo a Biden
La sconfitta dei democratici nella Virginia che solo un anno fa aveva nettamente preferito l’attuale presidente; attenzione al fattore “Grover Cleveland”
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La sconfitta dei democratici nella Virginia che solo un anno fa aveva nettamente preferito l’attuale presidente; attenzione al fattore “Grover Cleveland”
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La sconfitta dei democratici nella Virginia che solo un anno fa aveva nettamente preferito l’attuale presidente; attenzione al fattore “Grover Cleveland”
No, quello che tiene in piedi e rende ancora credibile un ‘effetto Cleveland’ è il fatto che per il GOP, il partito repubblicano, Trump è ancora una presenza dominante. Lo dicono tutti i sondaggi: per la maggioranza degli elettori di questo schieramento, il tycoon rimarrebbe il candidato nettamente favorito qualora dovesse partecipare alle prossime primarie: ha ancora dalla sua quasi il 50 per cento delle intenzioni di voto repubblicani, mentre nessuno dei suoi potenziali concorrenti supera attualmente il 25 per cento. Certo, il prossimo appuntamento presidenziale non è dietro l’angolo, molte cose possono ancora cambiare in tre anni. Ma intanto: tutti i ‘rivali’ interni di Trump, quelli manifestatisi finora, hanno dichiarato che non concorrerebbero se lui dovesse scendere nuovamente in campo; risulta in testa nella raccolta di fondi; il suo comitato d’azione politica “Save America” è estremamente attivo e ha già in cassa oltre cento milioni di dollari; la corsa repubblicana verso l’appuntamento del 2024 ruota tutta attorno alla lealtà politica nei suoi confronti; la sua azione potrà essere decisiva per le mid term del prossimo anno (quando il GOP tenterà di riconquistare la maggioranza in almeno una delle due Camere); e colui che fu il 40esimo presidente americano sta pianificando, con l’apertura di un proprio sito (“Truth”, la verità), il suo massiccio ritorno mediatico dopo l’esclusione da Facebook, Twitter, YouTube.
“È già in corsa, e domina la scena repubblicana”, scrive su “The Atlantic” David Frum, l’autore di “Trumpocalypse: restoring american democracy”. Ma l’elemento decisivo sarà il ‘fattore B”, cioè Biden. Il sonoro ceffone elettorale subito da quest’ultimo e dai dem in Virginia è visibilmente legato alle forti difficoltà dell’inquilino della Casa Bianca: popolarità precipitata dopo il caotico e disastroso ritiro dall’Afghanistan, divisioni nel suo partito, difficoltà nel varo del pacchetto record di spesa pubblica (seimila miliardi di dollari) per il sostegno alle famiglie, il piano di ammodernamento delle infrastrutture, il rilancio dell’economia nazionale. Inoltre, dicono gli analisti americani, uno dei principali errori dei democratici in Virginia è stato quello di continuare ad attaccare Trump invece di proporre un programma credibile. Certo, anche se di notevole importanza nazionale, s’è trattato di un voto locale, e Trump, unico capo di Stato americano ad essersi salvato da due tentativi di impeachment, è ancora al centro di inchieste (per il suo ruolo nell’assalto al Campidoglio) e di accertamenti (fiscali). Ma il campanello d’allarme è suonato. E, come ha ammonito ancora David Frum, l’uomo ha fatto della vendetta la sua “principale regola di vita”. Lo aveva detto durante la campagna elettorale: “Vendicatevi sempre; e se vi colpiscono, voi colpiteli dieci volte più forte”. Ce n’è abbastanza per cominciare a temerne il possibile ritorno. Soprattutto se ‘uncle Joe Biden’ continuerà a impantanarsi. Quindi, non dimenticate quel nome: Grover Cleveland.
Nell’immagine: Grover Cleveland, 22mo e 24mo presidente degli Stati Uniti
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