Un feroce embargo che dura da 60 anni
È quello degli Stati Uniti contro Cuba, oggi alle prese con la protesta, ma che è riuscita a salvaguardare la sua indipendenza e i progressi sociali
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È quello degli Stati Uniti contro Cuba, oggi alle prese con la protesta, ma che è riuscita a salvaguardare la sua indipendenza e i progressi sociali
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È quello degli Stati Uniti contro Cuba, oggi alle prese con la protesta, ma che è riuscita a salvaguardare la sua indipendenza e i progressi sociali
Una sovranità miracolosamente durata fino ad oggi. Sovranità forse incompatibile con l’esercizio democratico di cui abbiamo goduto noi nel benestante emisfero nordoccidentale (anche qui ormai alquanto manipolato). Ma che per i cubani, e agli occhi di centinaia di milioni di latinoamericani diseredati che li invidiavano, ha voluto dire vita decorosa, salute, istruzione e una vecchiaia serena per tutti, senza distinzioni. Fino al vaccino Soberana, somministrato oggi all’intera popolazione.
È l’opera maestra di un grande statista rivoluzionario come Fidel Castro, che per sopravvivere in piena “guerra fredda” dovette destreggiarsi fra l’Urss e il Movimento dei Non Allineati. Ma che in autonomia, per altri trent’anni, ha resistito anche alla caduta del muro di Berlino e alla fine degli aiuti da Mosca. Come dire che quella cubana, col suo socialismo tropical, era stata una rivoluzione popolare vera. Sopravvissuta pure alla scomparsa del comandante en jefe, e poi al ritiro del fratello Raul.
Oggi Cuba, per quell’embargo inasprito nel 1996 dalla feroce legge Helms-Burton, che neanche Barack Obama era riuscito a revocare con l’apertura delle relazioni diplomatiche (e reso ulteriormente spietato da Donald Trump), ha ridotto l’isola alla fame, non potendo più contare neanche sul sostegno del Venezuela e sulle entrate del turismo.
I fratelli Castro hanno fatto la storia; con dignità. Ma nulla può essere per sempre.
La classe dirigente cubana odierna è nata tutta dopo quel primo gennaio 1959 in cui Fidel fece il suo ingresso trionfale a Santiago, mentre il Che e Camilo Cienfuegos entrarono a L’Avana.
I tempi cambiano; in peggio. Le nuove generazioni incalzano, protestano, e chiedono aperture. Il governo deve internamente interloquire (come sta facendo) con le istanze sociali non manovrate da Washington. Così come deve riprendere un confronto con gli Usa, interrotto dai tempi di Obama e non rilanciato da Biden.
Ma prima di ogni altra cosa, deve essere posto fine all’embargo; più volte condannato pressoché unanimemente dall’Assemblea Generale dell’Onu.
Che si apra un dialogo fra pari. Per salvare il meglio e scongiurare il peggio.
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