Lo scorso gennaio, assieme a altri 10 colleghi/e di 6 partiti diversi, ho inoltrato una iniziativa parlamentare (che sarà trattata nella prossima legislatura) per migliorare il rispetto dei diritti umani, esaminando e monitorando l’applicazione delle convenzioni in materia, dando una competenza esplicita di vigilanza superiore al Gran Consiglio ticinese che ne riferisca mediante rapporti annuali (il quale potrà avvalersi dell’Amministrazione Cantonale), e/o introducendo un ombudsman / ombudswoman (difensore civico).
Come noto, i diritti fondamentali in Svizzera sono garantiti dalla Costituzione e da una serie di convenzioni internazionali che il nostro Paese ha sottoscritto e che toccano tutti gli ambiti della società (di transenna, ricordo però che il maggior partito svizzero parla di denunciare le convenzioni internazionali, e limitarsi al diritto svizzero):
- Patto ONU I sui diritti economici, sociali e culturali (es.: diritto al lavoro, diritto allo sciopero, diritto alla protezione della famiglia, diritto all’istruzione)
- Patto ONU II sui diritti politici e civili che includono il diritto alla partecipazione alla vita democratica e all’esercizio dei diritti politici
- Convenzione internazionale contro la discriminazione razziale
- Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna
- Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli
- Convenzione sui diritti del fanciullo per tutelare i giovani di età inferiore ai 18 anni
- Convenzione sui diritti delle persone con disabilità
- Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata
L’applicazione di queste convenzioni è di competenza della Confederazione, assieme ai Cantoni e in maniera minore ai Comuni.
In generale, ogni qualvolta il Parlamento federale ratifica una convenzione internazionale per la protezione di determinati diritti fondamentali, la vigilanza sull’applicazione viene affidata ai tribunali. Ciò significa però intervenire soltanto al termine del processo di applicazione, ma le persone più vulnerabili e bisognose di protezione non dispongono dei mezzi finanziari e delle competenze per rivolgersi ai tribunali, tanto più se devono affrontare un percorso che può durare parecchi anni. Per migliorare la protezione dei diritti fondamentali, bisogna ancorarne i principi nella società e responsabilizzare la popolazione e le istituzioni pubbliche. Ciò implica una revisione generale delle norme cantonali e delle prassi applicate da parte di tutti gli uffici del Cantone e dei Comuni, che non sempre conoscono le convenzioni internazionali che pure il Parlamento federale ha ratificato.
Ed è peccato che la vigilanza sulla applicazione di tali convenzioni sia possibile solo ex post, ossia rivolgendosi ai tribunali: meglio sarebbe una vigilanza preventiva: questo è ciò che la presente iniziativa intende mettere in atto, introducendo una nuova commissione parlamentare, denominata “Commissione dei diritti dell’Uomo”, che si occupi della vigilanza sul rispetto dei diritti umani, e ogni anno presenti il proprio rapporto al parlamento, in analogia al modo di operare della Commissione di sorveglianza delle condizioni di detenzione.
Compiti della commissione sarebbero di esaminare il contenuto della legislazione ticinese, esprimersi sull’attività delle varie amministrazioni, e delle istituzioni sussidiate dallo Stato, garantire il rispetto dei Diritti dell’Uomo, esaminare i mezzi che permettono di promuovere i Diritti dell’Uomo nel cantone, ma anche esaminare i temi che il Gran Consiglio decida di inviargli, in relazione ai Diritti dell’Uomo, in Ticino, in Svizzera, o all’estero.
In aggiunta o in alternativa si potrebbe affidare il monitoraggio e l’esame dell’applicazione delle convenzioni, a un Ombudsman / Ombudswoman cantonale, figura che oggi non esiste.
Maddalena Ermotti-Lepori è granconsigliera e candidata al Gran Consiglio (Il Centro)
Nell’immagine: una seduta della Commissione per i diritti umani dell’ONU (Ginevra)