Anche l’Honduras rompe le relazioni con Taipei
Passo dopo passo, con discrezione e abilità diplomatica, la Cina stabilisce rapporti economici con l’America Latina. In cambio, per ora, solo la fine del riconoscimento di Taiwan
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Passo dopo passo, con discrezione e abilità diplomatica, la Cina stabilisce rapporti economici con l’America Latina. In cambio, per ora, solo la fine del riconoscimento di Taiwan
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Passo dopo passo, con discrezione e abilità diplomatica, la Cina stabilisce rapporti economici con l’America Latina. In cambio, per ora, solo la fine del riconoscimento di Taiwan
Di Gianni Beretta e Andrea Cegna, il manifesto
Xiomara Castro, presidente progressista dell’Honduras, aveva annunciato, già durante la campagna elettorale e il discorso di insediamento, la volontà di «approfondire» le relazioni economiche con la Cina. Lo scorso fine settimana i ministri degli esteri di Honduras e Cina, Eduardo Enrique Reina García e Qin Gang, si sono incontrati per formalizzare gli accordi. Il tutto a poche ore dalla visita di Lula a Pechino, poi annullata per la polmonite che ha colpito il presidente brasiliano.
La Cina sta sviluppando da almeno un paio di decenni consistenti investimenti e rapporti commerciali nel subcontinente latinoamericano (fino a un recente passato dominato esclusivamente dagli Stati Uniti). L’Honduras era uno dei 14 paesi al mondo che ancora riconoscevano Taiwan. Tegucigalpa ha annunciato, sabato scorso, che «Taiwan è parte inalienabile del territorio cinese». Quindi «il governo dell’Honduras ha comunicato la rottura delle relazioni diplomatiche, impegnandosi a non avere alcun legame o contatto ufficiale con Taiwan». Washington resta in silenzio. Taiwan ha confermato la fine delle relazioni per voce del ministro degli esteri Wu.
Naturalmente la destra honduregna si è detta in disaccordo con la mossa di Xiomara, che a poco più di un anno dal suo insediamento (cui assistette nientemeno che la vicepresidente Usa Kamala Harris) si aspettava da Washington qualche sostegno significativo, in particolare sul tema della massiccia emigrazione verso nord. Mentre il deputato del suo Partito Libertà e Rifondazione (Libre), Ramón Barrios, aveva sottolineato, un paio di settimane fa, come stabilendo rapporti ufficiali con la Cina, l’Honduras sarebbe passato da 40 milioni a 1,5 miliardi di dollari di esportazioni. Rivendicando inoltre la legittima “sovranità” di scelta del proprio paese e facendo osservare ironicamente come gli stessi Usa abbiano da sempre un’ambasciata a Pechino.
L’accordo Cina-Honduras arriva a pochi giorni dal viaggio (già da mesi programmato per aprile) della presidentessa di Taiwan, Tsai Ing-wen, nei paesi ancora alleati delle Americhe. La prima tappa sarà ovviamente Washington per un incontro con il presidente della Camera degli Usa Kevin McCarthy. Toccherá poi il Guatemala, Belize, Haiti e alcune piccole isole dei Caraibi. Oltre al solo Paraguay nel Sudamerica.
L’Honduras è il nono paese del pianeta fra quelli che dal 2016 hanno tagliato i ponti con l’isola optando per la Cina. In particolare nel Centramerica Taipei ha perso in poco tempo il Nicaragua (con Ortega che ha consegnato l’ex ambasciata di Taiwan alla Cina), El Salvador, il Costarica e, prima ancora, Panama dove il gigante asiatico ha acquisito forti influenze operative sui porti di entrata/uscita del canale interoceanico (un tempo proprietà di fatto degli Usa, che lo costruirono).
È dagli anni ’40 che le cosiddette “banana republic” di un tempo avevano rapporti diplomatici con Taiwan, in cambio di investimenti e regalie significative per i piccoli paesi della regione. Ora tutto è cambiato. La Cina è assai prudente ad avventurarsi nel “cortile di casa” storico degli Usa, con annessa piscina dei Caraibi. All’Honduras avrebbe promesso, per ora, “solo” una diga idroelettrica, mentre a San Salvador sta costruendo la nuova Biblioteca Nazionale. Come a dire alla Casa Bianca: «Io qui ci sto in punta di piedi, ma tu lascia stare Taiwan».
Nell’immagine: Xiomara Castro e Xi Jinping
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