Aspettando i droni dall’Iran: da Tel Aviv alcune riflessioni sull’ebraicità israeliana
La commistione tra nazione e religione voluta a suo tempo dai laici per opportunismo politico spinge sempre più il paese nelle braccia degli estremisti
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La commistione tra nazione e religione voluta a suo tempo dai laici per opportunismo politico spinge sempre più il paese nelle braccia degli estremisti
• – Sarah Parenzo
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Un’occasione per riflettere su un fenomeno eterno che sbalordisce per la sua tragedia
• – Redazione
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• – Franco Cavani
Vuoti di memoria
• – Simona Sala
Consegna ad Ankara. Sette Paesi coinvolti e 24 detenuti liberati tra cui il reporter Gershkovich e i dissidenti Kara-Murza e Jashin Berlino cede “l’assassino del Tiergarten”. Biden festeggia “l’impresa diplomatica”. Medvedev già minaccia i rilasciati: “Traditori”
• – Redazione
La Guerra è tornata a soggiogare una razionalità divenuta ostile al realismo di un potere che i singoli Stati non detengono più. Ma una via d'uscita potrebbe esserci
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Sirene carnivore, Furie che dilaniano uomini, Meduse che pietrificano. Gli antichi miti ricompaiono negli incubi di chi non vuole la libertà (neanche di genere)
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• – Franco Cavani
La commistione tra nazione e religione voluta a suo tempo dai laici per opportunismo politico spinge sempre più il paese nelle braccia degli estremisti
Anche se la megalomania di Ben Gvir e Smootrich, e gli interessi personali di Netanyahu nel protrarre la guerra ad ogni costo − per salvarsi la poltrona e rimandare i conti con la giustizia − sono probabilmente solo alcuni dei moventi dietro gli omicidi mirati che hanno ulteriormente esasperato i rapporti con il Libano e l’Iran negli ultimi giorni, quel che è certo è che i cittadini israeliani sono oggi esposti a maggiori rischi e hanno i nervi a pezzi.
Dal 7 ottobre in poi lo slogan “annientare Hamas” è diventato una bussola pericolosa che sta portando la società israeliana nel baratro non solo dal punto di vista della sicurezza, come dimostra anche l’impossibilità degli sfollati di far ritorno alle loro case, ma anche da quello economico, di salute mentale e etico, se si pensa solo al numero di morti a Gaza e all’imbarazzante vicenda intorno agli stupri anali a danno dei prigionieri palestinesi della scorsa settimana. Per motivi di sicurezza, quindi, molte linee straniere hanno sospeso i voli per Israele e questo sabato sera si svolgeranno solo le manifestazioni a sostegno delle famiglie degli ostaggi, mentre quelle contro il governo sono state annullate per precauzione.
Se Israele sta scivolando nelle mani di estremisti privi di una vera strategia politica, i suoi cittadini sono chiamati a combattere una guerra interna per la sopravvivenza e per il futuro volto del paese e dell’ebraismo intero. Già nel 1967, anno che ha segnato un pericoloso cambio di rotta, il saggio prof. Yeshayahu Leibowitz aveva intuito il rischio che la società si avviasse gradualmente verso la “bestialità”. Uno dei cancri maggiori era, secondo lui, la commistione tra nazione e religione voluta dai laici per opportunismo politico. Leibowitz proponeva invece una divisione tra stato e religione basata su un punto di visto religioso a partire da due premesse: anzitutto il fatto che la tradizione religiosa ebraica pervade tutti gli ambiti della vita privata e comunitaria del fedele e non può accontentarsi della garanzia di alcune concessioni formali da parte di un potere secolare; in secondo luogo bisognava tenere presente la contingenza storica dello stato israeliano, nato da istanze laiche, lontane dall’osservanza dei precetti.
Quello che lo Stato israeliano ha fatto, e che secondo Leibowitz è dannoso per la fede stessa, è di introdurre amministrativamente degli elementi religiosi nel sistema, così da dissimularne l’essenza secolare e accontentare quanti guardano all’ebraicità israeliana da un punto di vista di fede. Ma una religione ancillare all’autorità politica, ridotta a elemento amministrativo al pari della sanità, della polizia o del servizio postale, è l’opposto della vera religione. Leibowitz, nella sua opera, ha articolato la proposta mostrando come la divisione tra religione e nazione risulterebbe a vantaggio di entrambi. Le istituzioni religiose, anzitutto, avrebbero tutto da guadagnare dall’essere indipendenti dall’autorità secolare.
Il rabbinato sarebbe infatti una reale punto di riferimento per i fedeli, non uno strumento amministrativo, non dipenderebbe più finanziariamente dal governo, ma gestirebbe i propri fondi autonomamente (come ha fatto per secoli, e continua a fare tutt’ora, nella diaspora). Quanto ad elementi come l’assenza di mezzi pubblici in Israele durante la Shabbàt o la presenza esclusiva dei matrimoni religiosi, si tratta secondo lui di distorsioni che, integrate nello stato laico, finiscono per dissacrare lo stesso significato religioso di questi comandamenti. Infatti, se lo Stato da un lato assicura che gli autobus non viaggino di sabato, dall’altro garantisce ai suoi cittadini il diritto di violare la Shabbàt, per esempio, guidando le loro auto private. Inoltre lo Stato non riconosce la santità della Shabbàt, né prevede per legge il precetto del “riposo” sabbatico.
Allo stesso modo, imporre il matrimonio religioso a chi non crede finisce per dissacrare la pratica religiosa e per indurre gli ebrei non credenti a commettere, da un punto di vista halakhico, peccati molto più gravi rispetto alla semplice convivenza. Infine, la separazione di Stato e religione impatterebbe anche sull’annosa questione di “chi è ebreo”. Un Israele laico non avrebbe interesse nel definire “l’ebraicità” o la “non-ebraicità” dei suoi cittadini, che sarebbero tutti legalmente eguali. La definizione di “ebreo” rientrerebbe all’interno del discorso storico-tradizionale, rafforzando la coscienza religiosa dell’ebreo e la sua influenza sullo spazio pubblico. La separazione di religione e stato secondo Leibowitz significherebbe insomma l’inizio del grande confronto tra ebraismo e secolarismo dove la religione, come forza indipendente, costituirebbe la principale garante etica del regime laico, un’alternativa chiara e inequivocabile in tutti i settori della società.
L’originale e forse utopico pensiero di Leibowitz costituisce un esempio tra tanti di come la lotta etica verso la cessazione dell’occupazione richieda anche una comprensione profonda dei meccanismi religiosi e storico-politici che, insieme, hanno favorito l’emergere di una becera leadership che sfrutta narrative estremamente parziali delle scritture e interpretazioni della tradizione ebraica che promuovono un’etnocrazia a livello tanto politico quanto metafisico. Si è trattato di un processo lento le cui radici affondano probabilmente anche nel sistema binario che ha preso piede all’interno dell’ebraismo nel corso dei secoli e che contrappone perennemente gli ebrei agli altri popoli (Ishay Rosen-Zvi & Adi Ophir, From a Holy Goy to a Shabbat Goy: The Emergence and Persistence of the Jews’ Other).
Gli israeliani tuttavia sono soli anche in questa lotta, mentre nelle sinistre radicali europee e statunitensi sono sempre più frequenti i rigurgiti di vero antisemitismo e l’utilizzo del gergo nazista contro ebrei e israeliani. Un fatto grave e controproducente che penalizza i palestinesi, i quali sono i primi a fare le spese dell’antagonismo e dell’isolamento percepito dagli ebrei. Sono infatti proprio le svastiche che fanno capolino nei social a riaccendere traumi sopiti e a portare anche ebrei di livello culturale elevato ad applaudire alle esecuzioni mirate, favorendo il governo israeliano che da questo isolamento cerca di trarre vantaggio. Le dinamiche sono dunque estremamente complesse, gli attori molteplici e il razzismo una piaga che colpisce tutti, ma ognuno deve estirpare il proprio, ed è tempo di rimboccarsi le maniche.
Nell’immagine: sposi al Muro del Pianto di Gerusalemme. In Israele sono consentiti solo i matrimoni religiosi
Riflessioni per una cruciale questione globale che deve evitare interessi di parte
La grande banca è stata sanzionata per mancata denuncia dell’ex dittatore yemenita Ali Abdullah Saleh, causa 10 milioni di dollari ricevuti nel 2009. Il Ministero pubblico della...