Un Caffè amaro

Pensionato il direttore, il Gruppo Corriere del Ticino si affretta a sotterrare il settimanale che verrà sostituito da “la Domenica”


Riccardo Fanciola
Riccardo Fanciola
Un Caffè amaro

“Cronaca di una morte annunciata”, dal profilo giornalistico, è un luogo comune talmente abusato che che quasi ci si dovrebbe vergognare a usarlo. Ma raramente come in questo caso. il fortunato titolo del bellissimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez si attaglia a una notizia.

Parlo della morte del settimanale Il Caffé. O, per meglio dire, della sua esecuzione. Stavolta i fratelli Vicario, protagonisti dei racconto originale (nel nostro caso la Proprietà, ovviamente con la maiuscola, del Corriere del Ticino), forse non l’avevano raccontato urbi et orbi ma nel piccolo villaggio chiamato Ticino tutti sapevano. Unica differenza rispetto alla storia narrataci da Garcia Marquez, anche la vittima sapeva, e da tempo.

Che Il Caffè fosse un corpo estraneo all’interno del Gruppo Corriere del Ticino era più che evidente e la morte del settimanale con ogni probabilità è stata segnata cinque anni fa, il giorno in cui l’editore Giò Rezzonico ha deciso di entrare nel suddetto gruppo. E poco conta sottolineare, come ha fatto ieri, che la collaborazione è sempre stata ottima e che, per quanto “scomodo” fosse Il Caffè, non ci sono mai stati interventi censori, dal momento che tutti sapevano che la censura definitiva sarebbe calata presto, con l’efficacia della lama di una ghigliottina.

C’era un solo ostacolo al progetto, ma è bastato aspettare, come si legge nel comunicato dell’editore, pubblicato ieri sulla prima pagina del settimanale: “il Caffè e il suo direttore Lillo Alaimo, che raggiungerà l’età di pensionamento durante l’estate, si congederanno dai loro lettori domenica 4 luglio in concomitanza con la consueta chiusura estiva del domenicale”. Insomma, messo in pensione il direttore, si può sotterrare il giornale che ha ideato e diretto per 25 anni. Non senza la classica lisciatina finale: i ringraziamenti che Giò Rezzonico tributa al suddetto direttore “per il suo grande impegno e per aver condiviso (…) la visione di un giornalismo critico e indipendente, volto al rafforzamento della democrazia”.

A quanto pare la democrazia, da fine agosto, quando nascerà il nuovo settimanale (con un colpo di genio battezzato “la Domenica”), potrà farne tranquillamente a meno. Perché c’è da scommettere che la linea editoriale cambierà radicalmente. L’obiettivo, ha dichiarato il futuro direttore Paride Pelli, è quello di avvicinare un pubblico diverso rispetto a quello degli abbonati del Corriere e in particolare un pubblico giovane: più che democrazia, marketing, insomma, com’è nell’aria dei tempi.

De mortuis nihil nisi bonum non è nelle mie corde, per cui non mi unirò al coro degli incensatori post mortem del Caffè. Resta però il fatto che, al di là di certi suoi difetti (e penso in particolare a un giornalismo un po’ gridato che non ho mai amato – e Lillo, mio ex collega di tanti anni fa, lo può confermare) con Il Caffé scomparirà un giornale che spesso ha dato voce a notizie e problemi che altrimenti difficilmente avrebbero trovato eco.

E questo di certo mancherà.

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