Billy Elliot non danzerà più
Omofobia e censura nel 'Paese delle meraviglie (ma non per tutti)' di Viktor Orbán
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Omofobia e censura nel 'Paese delle meraviglie (ma non per tutti)' di Viktor Orbán
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Omofobia e censura nel 'Paese delle meraviglie (ma non per tutti)' di Viktor Orbán
Diventare un pugile di successo. È l’unico modo per scappare da Durham, città operaia sconquassata da sfruttamento e scioperi. Billy, invece, sogna il balletto. Non uno sport da maschi come la boxe né il futuro in miniera come il resto della sua famiglia. Ammettiamolo, abbiamo fatto tutti il tifo per Billy Elliot, nel buio di una sala cinematografica. Entusiasmandoci, quando scopre la passione per la danza. Indignandoci, quando il padre gli scarica addosso tutti i suoi pregiudizi; e una buona dose di botte. Emozionandoci, quando forza e tenacia hanno la meglio su un destino già segnato. Perché sì, l’undicenne inglese di umili origini riesce a realizzare i propri sogni: entra a far parte della Royal Ballet School e, dopo anni di duro lavoro, ottiene il ruolo di primo ballerino. Una storia delicata, che insegna ai bambini a credere in sé stessi.
A tutti i bambini, o quasi. Il governo ungherese ha infatti deciso di vietare ai minori il film del regista Stephen Daldry, al fine di tutelarli da modelli di vita “devianti”. Billy Elliot passerà sporadicamente in televisione, ma solo in seconda serata e con tanto di bollino rosso.
Le prime avvisaglie di strumentalizzazione politica risalgono già al 2018, quando il quotidiano Magyar Idők attacca ferocemente il musical omonimo, in cartellone all’Opera Nazionale. Secondo la redazione, vicina al partito ultraconservatore di Viktor Orbán, lo spettacolo propaga l’omosessualità come una malattia. “Trasformare i piccoli ungheresi in gay e lesbiche” va contro gli obiettivi nazionali; si rischia un ulteriore calo delle nascite, in una nazione di vecchi chiamata a contrastare una fantomatica “invasione straniera”. L’Opera di Budapest è costretta a cancellare tutte le date di Billy Elliot, causa crollo delle vendite dei biglietti. La campagna omofoba però non si arresta, con la complicità dei media vicini al premier Orbán: il quale persegue la difesa dei valori cristiani dagli sforzi occidentali di “sperimentare un cosmo senza Dio, famiglie arcobaleno, migrazione e società aperte“.
La nuova legge che vieta la promozione dell’omosessualità, nonché la diffusione in prima serata di Billy Elliot, si colloca quindi in una direzione tracciata da tempo. Anzi, è solo l’ultima di una serie di misure per limitare i diritti delle minoranze LGBT+ e contribuire alla loro stigmatizzazione di fronte al resto della popolazione. Il testo normativo, proposto dal partito politico di estrema destra Fidesz, è stato approvato dal Parlamento ungherese con 157 voti a favore e uno solo contrario: fa parte di un controverso pacchetto di riforme pensate per proteggere i minori dalla pedofilia, che viene così automaticamente collegata a orientamenti sessuali diversi e assimilata alla comunità LGBT+. Il canale commerciale RTL Klub Hungary ha tempestivamente rinnovato la sua offerta televisiva: film come Harry Potter, Il Diario di Bridget Jones, il già citato Billy Elliot oppure serie tv come Friends e molti altri titoli non saranno più mandati in onda in prima serata. La legge potrebbe toccare anche il settore pubblicitario, che solitamente investe milioni in spot che raccontano tendenze e cambiamenti in atto nella società. Si renderanno non disponibili ai minori non solo i contenuti pornografici, ma anche quelli che mostrano una sessualità fine a sé stessa oppure i contenuti che promuovono l’omosessualità, la deviazione dall’identità di genere, il cambiamento di genere.
Una vera e propria misura anti gay che relega nell’ombra le minoranze e vieta di affrontare temi legati alla sessualità davanti ai minorenni: ledendo diritti come la libertà di espressione, di autodeterminazione e andando a incidere in maniera diretta sui programmi scolastici. La misura legislativa è stata accolta con indignazione da Amnesty International e da altre organizzazioni della società civile, che accusano il governo di Budapest di violare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Mentre i media ungheresi martellano l’opinione pubblica sui pericoli della diversità e gli accoliti difendono la linea dura del premier Viktor Orbán, la risposta europea non si è fatta attendere. E, per una volta, è stata decisa e unita. Il vertice dei capi di Stato tenutosi a Bruxelles, infatti, si è mostrato fermo e ha preso posizione contro le riforme adottate dal governo di Orbán, in nome della coesione e della coerenza con i valori democratici propri dell’Unione. Il premier olandese Rutte si è rivolto direttamente al suo omonimo ungherese: “per chi promuove quelle leggi non c’è spazio nell’Unione. Fai come la Gran Bretagna, utilizza l’articolo 50 del Trattato” [quello che ha consentito la Brexit, ndr]. Difficilmente Rutte verrà ascoltato, ma nel frattempo Orbán dovrà sopportare le missive di leader come Draghi, Merkel e Macron. Così come i tifosi Euro 2021 vestiti di tutti i colori dell’arcobaleno.
Il sottotitolo di questo articolo fa riferimento al libro “Il paese delle meraviglie è per tutti”, un’antologia di fiabe con protagonisti LGBT+. Parla di diversità e nell’ultimo anno ha subìto una censura senza eguali in Ungheria. Un’esponente di estrema destra lo ha inserito nel tritacarte per fare propaganda politica, ma la cosa più grave è che è stato tolto da tutte le librerie e dalle scuole: chi desidera venderlo o utilizzarlo a scopi educativi può per legge venire multato, oltre che incorrere in altri guai come minacce, pestaggi e atti di vandalismo. Ormai lo si trova solo online, dove circola libero con buon successo.
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