L’interpellanza sulla città… ficcatasi nelle cripto
Arrivata finalmente, dopo un terremoto di 240 miliardi di dollari, una chiara richiesta al Municipio di Lugano sulle sue strategie da “capitale dei bitcoin”
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Arrivata finalmente, dopo un terremoto di 240 miliardi di dollari, una chiara richiesta al Municipio di Lugano sulle sue strategie da “capitale dei bitcoin”
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Arrivata finalmente, dopo un terremoto di 240 miliardi di dollari, una chiara richiesta al Municipio di Lugano sulle sue strategie da “capitale dei bitcoin”
Sisma che ha indotto la “sinistra” luganese a redigere un’interpellanza intesa a chiedere alla municipalità, geniale ispiratrice e fondatrice della autoproclamatasi capitale europea (se non addirittura mondiale) delle criptovalute, se non “intenda recedere dagli accordi con gli speculatori in criptovalute”, se “ha valutato il rischio di cause collettive derivanti da tali accordi”, se “intende coinvolgere il Consiglio comunale ed allestire un messaggio sul Plan B la cui discussione e il cui voto consentirebbe di vedere di quanto consenso politico gode il Plan B”.
Va forse subito rilevato che, dopo aver consultato i conti di FTX, il suo nuovo manitu, John Ray, ha dichiarato, quasi a giustificazione e perdonanza, di non aver mai constatato “in tutta la mia carriera un fallimento così totale dei controlli di un’impresa, e un’assenza così completa d’informazioni finanziarie affidabili” (e non dimentichiamo che nel passato, lo stesso Ray, era stato incaricato di gestire un altro clamoroso fallimento nel campo dell’energia, quello del gruppo Enron).
Dunque, se la logica ha ancora un senso (ma in politica sembra avere sempre meno senso) e se stiamo all’interpellanza, si dà per certo che: sono stati fatti degli accordi con degli speculatori (e dovrebbe essere estremamente grave e irresponsabile, da dimissioni) e che potrebbero anche arrivare cause collettive contro il Comune (e chi pagherebbe?). Aggiungeremmmo: non tanto dagli Stati Uniti, come si limita a dire ma dà quasi per certo uno che se ne intende, Paolo Bernasconi; no, sotto altra forma, meno giuridica forse (anche perché la Svizzera non vuole le pericolose cause collettive), ma molto più pericolosa e devastante economicamente e societariamente, da altri.
Dai commercianti di Via Nassa, cui si è prospettato con l’adozione delle criptovalute un Eldorado (come avvenne nel Salvador, terra contigua, oppure negli affamati e irrequieti Stati africani Congo, Ciad, Zimbabwe). Criptovalute tutte ben accette, portatrici di milionari da chi sa dove e da chi sa chi, nel salotto di Lugano per una nuova infinita fonte di guadagni. Ma commercianti che, con cripto smarritesi in rapaci blockchain e con franchi venuti meno in portafoglio, potrebbero trovarsi da un giorno all’altro in braghe di tela sulla Piazza Riforma a scuotere i cancelli del palazzo municipale.
Oppure anche dai contribuenti che hanno versato le imposte in franchi, con la visione del vuoto lasciato nelle casse comunali da quelli che hanno invece pagato nella criptovaluta Thether che l’ amico Ardoino (questo è il vero nomen omen, per chi sa un po’ di “luganese” e di giostre, e non quello che citate voi, cari firmatari!) ha messo…la grande idea e il futuro tra le mani del sindaco.
Il Plan B, che non conosce l’italiano (forse Piano?) e ignora il cittadino, gira come un calabrone dentro un lucernario, attrato dalla luce: volteggia senza orientamento, fa impressione e molto rumore, esaltato per chi sa quale miraggio; nessuno può capire che intenda fare e dove voglia approdare e per questo si chiede un messaggio chiarificatore. Ma tutti sembrano dare per certo (altro paradosso) che finirà comunque cotto. E… “caveat emptor”(stia in guardia il compratore!) finisce per ammonire prudenzialmente anche l’economista Barone Adesi, che sa di latino e forse anche di storia (quell’espressione latina è sorta in tempi in cui non c’era nessuna protezione legislativa per gli scambi, com’è in pratica ancora adesso per il mondo delle cripto).
Forse era preferibile citare o aggiungere nell’interpellanza un’altra massima latina da suggerire al sindaco o all’intera municipalità: “sutor, ne ultra crepidam!” (ciabattino, non andare oltre le scarpe! L’equivalente del dialettale: ofelee fa ‘l to mestee!); nel senso che non era il caso di impegolarsi con l’immancabile Tewanna Ray proveniente dal sud in operazioni che vanno oltre i propri limiti di conoscenza e ignorano la sacrosanta prudenza, soprattutto finanziaria, di chi governa una comunità.
Anche se la redazione di Naufraghi sembra ringalluzzita perché in quella interpellanza si cita, a dimostrazione della validità della propria presa di posizione, un articolo di Beretta apparso nel proprio sito per quanto è accaduto nel disastrato Salvador, paese che pensava di salvarsi con le criptovalute, fa comunque specie dover constatare ancora una volta come , per dover sostenere una propria posizione e per darle autorevolezza, si debba ricorrere a giornali e ad una lunga sequela di persone che non siano definibili “di sinistra”. Classica dimostrazione ad absurdum: ecco, vedete, lo dicono anche loro che è pericoloso! Comodo, ridicolo, povero di idee e di analisi e sterile. Le persone di sinistra sono ritenute, a quanto pare, poco credibili o pezze d’appoggio poco consistenti o non utili, anche se portano argomenti e prove scientifiche che dovrebbero essere la base di un’azione di sinistra?
E’ la classica vergogna… della propria intelligenza da parte della sinistra. C’è chi ha scritto con largo anticipo più di un articolo su Naufraghi ma anche su Area, e già da mesi, sulla ridicolaggine e la pericolosità di ciò che si stava combinando ed esaltando a Lugano, nonostante le pesanti condanne ammonitrici già piovute da altrove (Stati Uniti, ad esempio). Basterebbe citare i vari interventi, le interviste (anche su Naufraghi, ancora ieri) ed anche i dibattiti pubblici del professor Sergio Rossi.
Non dimentichiamo, infatti, che il problema non è solo luganese, anche se questo risulta ancora più iperbolico; le cripto – su istigazione dei soliti grandi innovatori neoliberisti e antistato – sono state adottate ancora prima, nella ignoranza più assoluta della maggioranza dei deputati su ciò che si stava discutendo e votando, anche nel Legislativo ticinese: come grande e promettente innovazione politica-economica per togliere il Cantone dalle secche, per imbalsamarlo in un controllo esterno, per renderlo ancora più permeabile a qualsiasi speculatore o trafficante o evasore fiscale e quindi come mezzo di pagamento di imposte e tasse.
La storia della moneta è fatta di esperimenti, di tentativi, di evoluzioni e di…retromarce. E’ vero. Nascoste però sotto abiti tecnici, alcune “innovazioni” costituiscono in realtà delle pericolose regressioni. Così avvertivano esattamente un anno fa, inascoltati, due nostri studiosi ginevrini (Nicolas Dufrène, direttore dell’Istituto Rousseau e Jen Michel Servet, professore all’Institut des hautes études internationales et du developpement, di Ginevra) in un’ampia tribuna, in doppia pagina, su Le Monde. La tesi era annnunciata nel titolo: “Il bitcoin diventerà un pericolo per il sistema monetario e finanziario e per il cittadino”. Il sottotitolo precisava: “In materia di alternativa monetaria, il valore aggiunto della criptomoneta rispetto al mezzi di pagamento esistenti è nullo”; partecipa perdipiù all’inflazione dei prodotti finanziari, gonfiandoli a dismisura, per trarne vantaggi speculativi, che durano alle volte lo spazio di un mattino, mentre assume una funzione pressoché nulla nell’economia reale: “è la peggiore configurazione che si possa dare per uno sviluppo economico”. Il 98.7 per cento delle transazioni in criptovalute (inchiesta di Chain-analyisis che segue quotidianamenete il settore) si fa solo per un motivo speculativo e non di transazione nell’economia reale.
Di quanto sostenevano i due studiosi ginevrini, a un anno di distanza, c’è ora più che una conferma. Ed è quanto basterebbe per far anche decapitalizzare la iperbolica (vecchio Ticino!) autoproclamatasi capitale europea delle criptovalute.
Ad ogni buon conto, benvenuta l’interpellanza, per le domande che pone. Anche perché, fossero le risposte evasive o trionfanti come ci si può aspettare e come politica comanda, rimarranno comunque lì per un sicuro e inevitabile “redde rationem”, domani, più che per un “caveat emptor”, avvertimento forse già inutile. Benché, come capita sempre, contro ogni logica conclusione, la politica manterrà ognuno trionfante al suo posto.
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