Anche per la Svizzera nubifragi annunciati
I moniti rimbombano invano da ormai 30 anni, il punto di non ritorno si avvicina
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I moniti rimbombano invano da ormai 30 anni, il punto di non ritorno si avvicina
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I moniti rimbombano invano da ormai 30 anni, il punto di non ritorno si avvicina
“La protezione dalle alluvioni diventerà un problema gigantesco. Le catastrofi naturali estreme si ripetono ormai a scadenze regolari, i danni sono molto più gravi ed ingenti rispetto ai decenni precedenti”. Sono le testuali parole del consigliere federale Moritz Leuenberger quando lo intervistai una decina d’anni fa. Presentava un piano d’azione miliardario per contenere disastri come quelli subiti dalla Svizzera centrale nel 2005 e dal Vallese nel 2000.
Molto tempo prima, ben 30 anni fa, si erano già levati i moniti di scienziati e ricercatori. Basta rispolverare un approfondito studio sulle cause delle ancor più disastrose alluvioni che hanno sconvolto il canton Uri nel lontano 1987. Vi si legge che le eccezionali precipitazioni sono riconducibili “d’un canto ai cambiamenti naturali, dall’altro all’impatto dell’uomo”. Il riscaldamento climatico – precisa – intensifica le evaporazioni, l’umidità si accumula nell’atmosfera e si scarica sotto forma di piogge sempre più intense e prolungate.
Nel frattempo la ricerca è sulle tracce degli effetti dei gas serra sul Jetstream, i venti d’alta quota che influenzano il tempo del pianeta. A causa del riscaldamento climatico, le correnti a 10 km d’altitudine si mettono a serpeggiare e si rallentano. La conseguenza, un ristagno delle condizioni meteorologiche con prolungate siccità o all’inverso piogge torrenziali. E’ quanto succede attualmente con le canicole in Canadà, nel nord degli Stati Uniti e in Scandinavia e nel contempo le devastanti intemperie nell’Europa centrale, in Germania, Belgio, Svizzera.
Questi fenomeni sono destinati ad intensificarsi di fronte ai considerevoli ritardi nella lotta al riscaldamento climatico sia a livello internazionale sia in Svizzera, in particolare dopo il no popolare alla legge sul CO2. Il punto di non ritorno si avvicina pericolosamente. Lo studio di 30 anni fa illustrava i suoi moniti con l’immagine di un beduino accampatosi in un uadi, un canale desertico ed asciutto che viene improvvisamente inondato durante la stagione delle piogge ed altrettanto rapidamente prosciugato. Quando il nostro beduino vede in lontananza l’arrivo di un forte temporale può speculare e sperare che non inonderà il suo uadi. Ma se si sbaglia non avrà più il tempo per fare i bagagli.
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