L’esempio da non seguire
Il 19 luglio nel Regno Unito sarà il “freedom day”, nonostante contagi in forte aumento: una scelta che costerà molte vite
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Il 19 luglio nel Regno Unito sarà il “freedom day”, nonostante contagi in forte aumento: una scelta che costerà molte vite
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Il 19 luglio nel Regno Unito sarà il “freedom day”, nonostante contagi in forte aumento: una scelta che costerà molte vite
“L’idea che un numero maggiore di contagi sia una cosa buona ritengo abbia già dimostrato la propria inconsistenza morale e la propria stupidità epidemiologica”. Sono parole di Mike Ryan, direttore del Programma di emergenze sanitarie dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il dottor Ryan ha risposto così alla domanda di una giornalista della BBC relativa alla decisione del governo inglese di far cadere praticamente tutte le restrizioni a partire dal 19 luglio.
Pensare che, grazie alle vaccinazioni, tutti siano protetti e si possa tornare a una vita normale è molto pericoloso, ha sottolineato il dottor Ryan, invitando i governi a “essere molto prudenti per non perdere i vantaggi accumulati” e a “riaprire con grande prudenza” (si veda l’articolo del Telegraph).
Non è soltanto Mike Ryan a criticare il “freedom day”, il giorno della libertà, come il governo inglese – con buona dose di demagogia – ha ribattezzato il 19 luglio. Il Lancet ha pubblicato una lettera aperta firmata da più di cento medici e ricercatori, che già nel titolo dice tutto: “L’infezione di massa non è un’opzione: dobbiamo fare di più per proteggere i nostri giovani”. Il governo inglese, scrivono gli autori, accetta implicitamente che i contagi aumentino, perché i vaccini avrebbero posto fine al “collegamento tra infezioni e decessi”. Nemmeno nel Regno Uniti, però, la percentuale di vaccinati è sufficiente per garantire l’immunità di gregge e i rischi di un’esplosione della pandemia sono molti.
Ma perché preoccuparsi di quanto succede oltre Manica? Perché lo stesso potrebbe succedere in Svizzera, ora che i casi sono tornati ad aumentare. Nell’ultima settimana i contagi sono stati 1444, 666 in più della settimana precedente: un aumento dell’85 per cento. Sembra insomma confermarsi l’inversione di tendenza che paventavo la scorsa settimana. Tanto più che anche i tassi di positività dei test negli ultimi giorni sono sopra l’1 per cento, cosa che non avveniva da più di due settimane. L’aumento insomma non è dovuto a un maggior numero di tamponi (che pure sono in crescita).
Cionostante martedì scorso, nel corso dell’ultimo point de presse, Virginie Masserey, infettivologa dell’Ufficio federale della salute pubblica, è riuscita a dire che “la situazione epidemiologica sembra sempre molto molto buona”. Il numero dei casi quel giorno era sì sopra la media della settimana precedente – ha sottolineato – ma ospedalizzazioni e decessi restano pochi. Un’ovvietà, peraltro, dal momento che tra nuovi casi e ospedalizzazioni, rispettivamente decessi, passano sempre diverse settimane: nel Regno Unito, dove i casi aumentano da oltre un mese, hanno cominciato a far segnare aumenti significativi proprio negli scorsi giorni.
Nel suo ultimo policy brief, la Task force scientifica sottolinea la necessità di tenere sotto controllo il virus nel corso dell’estate e suggerisce, per farlo, diversi strumenti: rilanciare la campagna di vaccinazione, che è in perdita di velocità; continuare a utilizzare le mascherine e a mantenere le distanze sociali; evitare di importare il virus dall’estero con controlli alle frontiere; ottimizzare la strategia di test, tracciamento, isolamento e quarantena, identificando rapidamente le varianti pericolose, attraverso il sequenziamento del genoma di tutti i nuovi casi, e individuando non solo chi è stato in contatto con la persone infettata ma anche le circostanze in cui il contagio è avvenuto.
Lo scorso anno il Consiglio federale ha ignorato i consigli dei suoi esperti. C’è da sperare che non ripeta l’errore. Nulla però è meno certo. Purtroppo.
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