Clima, lesbiche, gay e buona finanza
Si vota anche con l'interesse composito: si detesta un'idea, ma non il denaro che genera
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Si vota anche con l'interesse composito: si detesta un'idea, ma non il denaro che genera
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Si vota anche con l'interesse composito: si detesta un'idea, ma non il denaro che genera
Sei a favore del clima come si deve, della natura come va salvaguardata, della biodiversità che è anche salvezza umana, dell’agricoltura salutifera e non pestifera, dell’uso parsimonioso e non devastante e abbruttente del territorio, del freno al mattone che sbatte contro ogni legge economica della domanda e dell’offerta, della moderazione del traffico e della lotta contro i rumori. Insomma, sei il “sostenibile” fatto uomo perché riconosci che ti dovrebbe fare la vita più bella e godibile. Quando però ti dicono che c’è un costo, sia per disincentivare scelte o abitudini che possono essere negative, sia per coprire i costi di quello che gli economisti chiamano “esternalità” (i costi generati dall’attività economica, dall’inquinamento, dal traffico, dalle conseguenze di un uso scriteriato del territorio, dalla depurazione delle acque inquinate dai pesticidi usati nell’agricoltura, dallo sconvolgimento sulla salute degli uomini o dal deprezzamento degli immobili), parte subito un perverso meccanismo “logico” che annienta ogni buona convinzione o intenzione. Allora a inquinare è sempre un altro (persino l’immigrato), a non pagare come si dovrebbe è chi inquina di più (le industrie), a farne le spese è l’automobilista che usa l’auto per il lavoro, chi ha meno reddito, chi vive discosto nelle valli, chi calando la produttività nell’agricoltura per le restrizioni sull’uso di alcuni metodi ne patirà talmente da dovervi rinunciare.
Per uscirne bisognerebbe quindi rovesciare il meccanismo “logico” azzerante convinzioni e intenzioni. Come? Non chiedendo al portamonete, ma dando. Ci sono due modi per farlo. L’uno consiste nel riuscire a far capire e accettare un “bilancio sociale”. In parte lo si è fatto, traducendo in moneta sonante, l’unico discorso che capisce l’economia (che conosce il costo di tutto e il valore di niente) Se continuiamo a comportarci come ora, ci costerà “tot”: in perdita e irrecuperabilità della natura, in deturpamento territoriale o perdita agricola e turistica, in qualità di vita, salute e ospedalizzazione. Ma è un calcolo che non passa. Non passa il conto reale, verificato, anche in termini di morti, nel bilancio a breve termine di una pandemia (tanto da porre in contrapposizione salute ed economia), figuriamoci un conto ancora supposto o da verificare su media-lunga scadenza di un bilancio ecologico!
Eppure c’è chi riesce a rovesciare le cose e a fare in modo che la situazione negativa (climatica ecc.) e il modo di presentarla e farvi fronte, diventino soprattutto un affare per il portafoglio. Vanno di moda, ormai, la sostenibilità (accettare o fare ciò che è utile a salvaguardare clima, natura, salute) e l’investimento sostenibile. L’una serve come immagine o politica da adottare perché genera simpatia, condivisione e quindi affari e commercio. L’altro si traduce in un ottimo affare: se non fosse così non si investirebbero in Svizzera 1.520 miliardi di franchi, con un aumento del 31 per cento in un anno. E si investe in settori e imprese cosiddette trasparenti, in cui analisi o “label” esterni certificano che climaticamente e socialmente ti comporti giusto e bene (sei sostenibile) e accetti quindi restrizioni e costi, a scapito anche di maggiori profitti. E si vede che comunque il tutto rende, in termini di cifra d’affari, corsi borsistici e dividendi. Insomma, fai capire all’economia o alla finanza che puoi ricavarne soldi, e l’una e l’altra son pronte a vendersi anche alla… famigerata ecologia.
Tutti sanno ormai che cosa significhi l’acronimo LGBT. Siamo sinceri, non è che tra i più generi entusiasmo, comprensione e condivisione. Ci son partiti, che vanno per la maggiore, che ne fanno un continuo bersaglio, per moralismo o per la sacra famiglia, ma soprattutto perché elettoralmente il dispregio e l’ironia in questo campo si propagano e rendono assai. Fatto sta che la comunità lesbica, gay, bisessuale, queer e non-binaria deve avere assunto un peso economico e finanziario non trascurabile o ironizzabile. Lanciato a inizio giugno, in occasione del “mese della fierezza”, un nuovo fondo americano LGBTQ Loyalty Holdings o LGBT friendly è approdato a Wall Street. Investe in un centinaio di imprese, giganti della tecnica o altro (come Tesla, Marriott, Starbucks, Estée Lauder ecc.) che si dichiarano favorevoli o sostenitrici della diversità, dell’inclusione e dell’eguaglianza. Fondo di investimento che sta crescendo più e meglio dell’indice base S&P 500 della Borsa. E allora, perché non chiudere un occhio e condividere – considerata la esplosiva performance borsistica – la gaiezza o la fierezza LGBT finita in quel fondo di investimento, rimpinguando magari le casse del partito o le casse pensioni con azioni “friendly”?
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