Del veloce volo di Franco Battiato
Aveva scelto la strada del successo perché voleva essere ascoltato
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Aveva scelto la strada del successo perché voleva essere ascoltato
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• – Loretta Dalpozzo
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• – Marco Züblin
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• – Bruno Balestra
Questioni e domande intorno al rapporto di bilancio 2020 della SSR
• – Enrico Lombardi
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• – Franco Cavani
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• – Aldo Sofia
Aveva scelto la strada del successo perché voleva essere ascoltato
In Italia, si sa, le cose cambiano velocemente e non ci si lascia scappare nessuna occasione, se in ballo c’è la possibilità di lanciare una nuova polemica. Alla notizia (a dire il vero non proprio inaspettata) della morte del cantautore siciliano Franco Battiato, giornalisti e artisti si sono scatenati via social, stampa o televisione a tessere le lodi di colui che era diventato già da molti anni “il Maestro”, anche se lui non avrebbe voluto, in virtù di un’alchimia che aveva insegnato come sia possibile unire parole colte, a volte incomprensibili, ma pregne di poesia e filosofia, con il pop e certa elettronica molto avanguardistica. Battiato, uomo piuttosto schivo e timido, nel corso di una carriera durata decenni, e che non l’ha visto solo al passo con i tempi, ma spesso in anticipo sugli stessi, ha cantato di civiltà antiche e lontane, ma anche dello sconforto per la patria (“Schiacciata dagli abusi del potere / di gente infame, che non sa cos’è il pudore”), si è dato all’opera, alla pittura e al cinema, e ha celebrato l’amore nelle sue forme più sublimi e a tratti perfino mistiche – non è un caso se la sua Cura è considerata fra le più belle canzoni d’amore mai scritte in lingua italiana.
Sono bastate poche ore però perché Battiato smettesse di essere un uomo libero, e dunque un artista nella sua accezione più totale, perché la politica (quella che si fa fuori dalle aule ivi preposte), in un’operazione che definiremmo di sciacallaggio intellettuale, non ci ha pensato due volte a buttarsi nel deplorevole tentativo di accaparrarselo ideologicamente. In un attimo l’uomo che cantava “Es un sentimiento nuevo / che mi tiene alta la vita/ la passione nella gola / l’eros che si fa parola”, che ha lanciato Alice, Giuni Russo, lavorando con Manlio Sgalambro, Giusto Pio ed Elisabetta Sgarbi, che stimava, forse con una punta di quell’ironia che gli era congeniale, “Vamos a la playa” dei Righeira, è diventato “Dio maestro” per Giorgia Meloni, “grande artista” per Matteo Salvini (che a suo tempo lo definì “piccolo uomo”) e simpatizzante del partito comunista per le fazioni opposte.
Come ha ben detto Concetto Vecchio su “Repubblica”, “Battiato non era di destra (e nemmeno di sinistra): era Battiato”, o come ha sottolineato Maurizio Mannoni, Battiato era uno che “appoggiava la sua voce sulla musica”. E così lo ricorderà e lo ascolterà chi l’ha conosciuto e amato davvero.
Un po’ di sana follia nell’aula di «Zeuro in condotta”
Verità, menzogne, e molte domande per cercare -inutilmente- di capire la guerra