Dov’è finita la tradizione umanitaria svizzera?
Il consiglio federale fa di tutto per tenere alla larga i profughi afghani che riusciranno, si spera, a uscire dall’incubo dei talebani
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Il consiglio federale fa di tutto per tenere alla larga i profughi afghani che riusciranno, si spera, a uscire dall’incubo dei talebani
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Il consiglio federale fa di tutto per tenere alla larga i profughi afghani che riusciranno, si spera, a uscire dall’incubo dei talebani
Il Canada e il Regno Unito sono gli apripista, sono disposti ad accogliere ciascuno contingenti di 20mila rifugiati afghani quando sarà possibile. E cosa fa la Svizzera sempre così orgogliosa della sua tradizione umanitaria? Si limita allo stretto indispensabile, l’evacuazione del personale afghano che ha lavorato per la cooperazione svizzera, in tutto con i famigliari 230 persone. È il minimo assoluto per un datore di lavoro corretto. Ma niente di più.
Nel corso della conferenza stampa sul disastro in Afghanistan, i consiglieri federali Karin Keller-Sutter e Ignazio Cassis non hanno fatto alcun gesto di riconoscimento o solidarietà nei confronti di cittadini, medici, insegnanti, giornalisti e donne afghane che negli scorsi vent’anni hanno difeso i valori occidentali di libertà e dignità umana. Certo, ha ragione Karin Keller-Sutter quando sottolinea che per il momento non si può fare granché, che è praticamente impossibile uscire dall’Afghanistan, che persino l’evacuazione del personale locale della cooperazione svizzera è molto complicata, è in forse.
Ma cosa farà la Svizzera quando sarà possibile fuggire dall’Afghanistan? Il consiglio federale dà l’impressione di fare tutto il possibile per evitare l’arrivo di profughi nel nostro paese. Karin Keller-Sutter elenca tutte le restrizioni per ottenere un visto umanitario e ignora la disponibilità di città, come Ginevra Zurigo e Berna, ad accogliere dei rifugiati. Keller-Sutter si trincera dietro l’HCR, l’alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati, che viene continuamente citato, ben 14 volte, durante una conferenza stampa di tre quarti d’ora: “siamo in contatto con l’HCR, attendiamo le sue analisi, aspettiamo i suoi programmi d’assistenza” e così di seguito.
Anche Ignazio Cassis rinvia all’HCR per contribuire agli aiuti sul posto, vale a dire nei paesi confinanti con l’Afghanistan, come l’Iran e il Pakistan dove si attendono i flussi dei rifugiati quando sarà possibile sfuggire ai talebani. Vengono insomma rivalutate le agenzie dell’ONU spesso sanzionate finanziariamente con l’accusa di gigantismo burocratico. Basti pensare alle sferzate di Cassis, poi rettificate, contro l’Unrwa, l’organizzazione dell’ONU per l’aiuto ai rifugiati palestinesi. Adesso le organizzazioni onusiane servono a tener lontani i disperati in fuga dall’Afghanistan, con buona pace della tanto decantata tradizione umanitarie svizzera. Forse è soltanto un caso, ma questa volta durante la conferenza stampa di Cassis e Keller-Sutter, non si è fatto neppure un solo riferimento alla tradizione umanitaria svizzera.
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