Fughe per la tangente e benaltrismo
Il vizio ticinese di schivare principi che andrebbero difesi e svicolare da buon senso e razionalità
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Il vizio ticinese di schivare principi che andrebbero difesi e svicolare da buon senso e razionalità
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Il vizio ticinese di schivare principi che andrebbero difesi e svicolare da buon senso e razionalità
Se i giovani manifestano per l’invivibilità climatica che si troveranno in eredità tra pochi anni, è facile accusarli, facendone un tutt’uno, di incoerenza o ipocrisia: ricorrono infatti abbondantemente a quei consumi che creano il problema e allora perché protestano? Ci vuole ben altro e comincino loro. Il fatto è che ci si è accorti di qualcosa proprio quando alcuni di loro hanno cominciato. Anche perché i giovani hanno due vantaggi rispetto agli adulti: sono più liberi, non intrappolati in un sistema; e devono guardare al futuro perché ci vivranno.
Se si riempiono le piazze per protestare contro le inadempienze della politica e delle istituzioni nei confronti della difesa dell’ambiente e del clima, partiti che si ritengono la nazione e grandi manovratori partitici o politici, rimasti a lungo ignoranti o silenti, non possono più dire, ormai, che il problema non esiste, che è gonfiato, anzi “siamo perfettamente consci che bisogna agire” (o potrebbe costarci elettoralmente), ma non si risolve manifestando. E poi c’è ben altro che trovarsi in piazza ed esporre manifesti e slogan. Il fatto è che le inadempienze e le ipocrisie difficilmente potevano uscire dai partiti che comandano o dalle istituzioni che li seguono, sono emerse invece da quelle piazze e dai loro manifesti e slogan. Che, lo si voglia o no, sono democrazia contro… benaltrismo.
Se lo Stato per far fronte a tutti gli obblighi democratici, sociali, educativi, sanitari, ambientali, infrastrutturali deve indebitarsi, anche perché si pretende che non ci sia un aggravio fiscale, in particolar modo per i ricchi, si avanzano immancabilmente come fuga per la tangente maggiore per bloccargli la spesa e l’indebitamento sia l’onere finanziario che “si riverserà sulle future generazioni”, sia che ci sono ben altre cose da fare e da imporre, a cominciare dall’amministrazione pubblica, ormai da mezzo secolo imputata numero uno. Qui, a dire il vero, emerge l’ignoranza della storia politica-economica del cantone. Dimenticando che se il Ticino non si fosse enormemente indebitato per costruire le vie di comunicazione tra regioni e distretti, non sarebbe neppure nato (si legga il profetico saggio di Basilio Biucchi sulle strade nel cantone); se non avesse fatto salti mortali per avere una scuola pubblica quando sembrava cosa inimmaginabile, avremmo contato generazioni di semianalfabeti; se non si fosse fortemente indebitato negli anni Sessanta-Settanta grazie anche alla tenacia di un socialista ritenuto un po’ folle (Paolo Poma) per risanare i suoi laghi e fiumi, avremmo consegnato fogne e anche assenza di turismo alle future generazioni; se non si fosse indebitato per ricucire tutto il suo sistema ospedaliero, prenderemmo ancora il treno per farci curare; se non si fosse indebitato contro tutti i limiti che economicamente si imponevano per costruire scuole, avere più di un liceo, pretendere un’università e un’accademia di architettura, avremmo, sì, generazioni di nullatenenti. E aggiungiamo pure, in questo momento: se non deciderà, anche indebitandosi, a riscattare le concessioni idroelettriche a scadenza, impadronendosi finalmente di un bene comune preziosissimo che avevamo svenduto, dovremo spegnere anche la luce.
Quelle dei leader spesso sono solo parole. Una frase che vuole segnare un solco: tra chi è attivamente impegnato nella causa climatica e chi la corteggia per interessi di comodo
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