I liberali tra piccolo cabotaggio elettorale e progettualità
Partenze eccellenti. Un necessario appello a ritrovare un ruolo autonomo, e qualche visione
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Partenze eccellenti. Un necessario appello a ritrovare un ruolo autonomo, e qualche visione
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Partenze eccellenti. Un necessario appello a ritrovare un ruolo autonomo, e qualche visione
Che cosa succede ai liberali? Nulla, probabilmente; al punto in cui siamo, anche una crisi sarebbe una buona notizia. A pochi giorni dalla nomina di Burkart alla presidenza del PLR, la squadra elettorale (“Wahlkampfteam”: come suonano marziali, bellici financo, certi termini) fa le valigie con una spiegazione unica che suona un po’ come una scusa. Se n’è andato prima Damian Müller, responsabile del gruppo; poi Fanny Noghero, la segretaria generale (aveva appena messo il ficus in ufficio, poverina) e adesso anche Alex Farinelli. Ci dicono che l’abbandono della nave non ha nulla a che fare né con la nave né con il nocchiero, né con le nuvole all’orizzonte, ma serve solo a dare la libertà al presidente di scegliersi la propria squadra.
Sarà. Ma, appena dopo aver vergato le dimissioni da cotanto gremio, Farinelli ha messo il foglio in macchina per lanciare – per interposta Regione – un utile appello alla riscoperta della progettualità politica e delle visioni da parte dell’area liberale, e qualcuno potrebbe pensare che questa pressante istanza sia lo specchio e la conseguenza di una frustrazione per il deficit di idee riscontrato in casa, quindi anche a livello federale.
Il partito liberale è sempre stato una grande casa con molte porte e finestre, abitata da parenti un po’ serpenti, sempre lì a puntualizzare e a litigare; ma, negli spifferi e nello sbattere di ante e di gelosie, sono state prodotte anche idee interessanti e specifiche di quella proteiforme cultura, e una storia di successo tra la gente e nelle istituzioni. Un minimo di autocritica dovrebbe permettere di capire che quei tempi sono finiti da un bel po’ e che c’è aria pesante da pensiero unico, da omogeneizzazione e da rientro nei ranghi, aria di disciplina cieca di partito, di testa-bassa-e-pedalare. Una notizia rassicurante per quel gruppo di militanti eccellenti, che in luogo di poche idee ma ben confuse preferiscono affidarsi a quelli che dicono di averne, di idee, mettendo giù la testa come lo studente asino che tema l’interrogazione; tra l’altro questo serve a mantenersi nel luogo magico in cui si trovano, nel partito e nelle istituzioni, politici di professione in un sistema …di milizia, tutti a tavola ben allineati e coperti in questo confortevole cono di luce.
Gli è che le uniche idee che sembrano uscire dalla spremitura degli augusti cerebri di chi detta la linea sono, per lo più, rifritture di idee altrui, saccheggi, e un annusare l’aria che tira per poter spiegare le vele elettorali e beneficiare del vento. Siamo sempre lì, all’originale e alla fotocopia, con gli epigoni che si illudono di poter fregare l’elettore vendendogli come proprie le idee di altri. Non funziona, capite? Con l’aggravante che queste idee non sono nemmeno un granché, al massimo cibo buono per liberisti alla Adamo buonanima, o per Chicago boys, ma più spesso discorsetti da pizzicagnoli o da contabili menostatisti; per di più rimasticate da apprendisti stregoni, lib-lib de’ noantri, tra cui i peggio sono quelli con un occhio al borsello e l’altro al crocifisso. E poi: genuflessioni nei confronti di chiunque sventoli con protervia qualche soldo o qualche prebenda.
C’è quindi da augurarsi che Farinelli, che ha una testa fina e che funziona, approfitti del tempo libero che si è preso lasciando il Wahlkampfteam di cui sopra per stimolare, con l’esempio e il progetto e non a chiacchiere, una riflessione operativa su quanto i valori liberali (e dico tutti, anche quelli del radicalismo e del liberalismo sociale) possono produrre in termine di autonomi progetti e visioni.
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