Il CEO di UBS e il salvagente
Era davvero impensabile decidere la nazionalizzazione di Credit Suisse?
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Era davvero impensabile decidere la nazionalizzazione di Credit Suisse?
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Era davvero impensabile decidere la nazionalizzazione di Credit Suisse?
Sergio Ermotti non la racconta giusta, confonde nazionalizzazione e liquidazione perché rendere statale una banca è fumo negli occhi per i banchieri.
Eppure si poteva fare, così come si è fatto negli anni scorsi in molti paesi europei dopo il 2008, o in Italia con l’IRI. D’altra parte anche in Svizzera abbiamo almeno tre esempi di imprese proprietà dello Stato: la Posta, le Ferrovie e la RUAG, che produce sistemi militari e fa tremare i polsi a Viola Amherd, la quale dovrebbe vigilare sull’azienda. Volendo, si poteva fare anche meglio, ripristinando una regia federale. O, almeno, il patrimonio immobiliare del CS, circa 23 mila appartamenti e 2 milioni di metri quadrati di spazi commerciali in Svizzera, dovrebbero essere socializzati, nazionalizzati, come propone una recente iniziativa.
Credit Suisse poteva essere salvato. Beatrice Weder Di Mauro, professoressa di economia e membro della Commissione di esperti sulla stabilità delle banche, ha dichiarato: “Non era fondamentalmente impossibile sottoporre Credit Suisse a un risanamento globale”. Lo stesso rapporto degli esperti, presentato il 1 settembre, conferma questo concetto, anche se a stento. Il gruppo appartiene alla lobby bancaria svizzera e quindi fa una certa fatica a considerare gli aspetti positivi di una eventuale nazionalizzazione. Tuttavia, sulla base del “diritto di necessità”, si afferma che la nazionalizzazione poteva essere una soluzione. Si cita Manuel Amman, rettore dell’Università di San Gallo, che raccomanda di inserire nella legge la possibilità di nazionalizzare una banca insolvibile d’importanza sistemica. Il diritto britannico prevede questa possibilità fin dal 2009. Alla fine anche gli esperti concordano, dopo aver sciorinato tutti gli “inconvenienti” di un’eventuale nazionalizzazione, e ammettono: “Il fatto che lo Stato ‘salga a bordo’ [della banca, ndr] può avere un effetto rassicurante”.
Critiche al rapporto degli esperti sono giunte anche dalla “Neue Zürcher Zeitung”, bibbia del meno Stato, che con un sussulto liberale prende atto che le banche sono ormai al di fuori dell’economia di mercato. L’economista Adriel Jost sentenzia: Non lasciar fallire le banche “viola già un pilastro dell’economia di mercato, le aziende in difficoltà devono poter fallire”. Con un altro articolo la NZZ gufa sul futuro di UBS. Lo storico dell’economia Tobias Staumann non le manda a dire, quando gli chiedono se intende affidare i suoi soldi a UBS, la risposta è lapidaria: “UBS ist nicht sicher”, non è sicura.
Futuro incerto per UBS? Adriel Jost cita Albert Einstein: “La definizione di follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi”, come ha fatto e continua a fare il Consiglio Federale salvando le grandi banche. Certo, il denaro negli ultimi due casi (UBS 2008 e CS 2023) è stato restituito, ma non è detto che la prossima volta vada ancora bene. Comunque, perché far incassare milioni ai banchieri quando potrebbero essere lo Stato e i cittadini a beneficiarne?
Intanto UBS annuncia tremila licenziamenti. Meno del previsto e quindi molti, fra cui coloro che dovrebbero difendere i dipendenti, “tirano un sospiro di sollievo”. Altre migliaia di collaboratori di CS hanno lasciato la banca in questi ultimi mesi. E c’è anche chi, come “Inside Paradeplatz”, prevede ulteriori e massicce riduzioni di bancari in futuro.
Credit Suisse è stato rilevato per un piatto di lenticchie da UBS, che promette di far fruttare l’operazione, dopo i licenziamenti “necessari”. Too big to fail ha funzionato a favore degli interessi privati della grande banca. Il Consiglio federale si è dimostrato succube delle lobby bancarie, che predicano la libertà di mercato, ma stanno a galla con gli aiuti dello Stato. Sergio Ermotti, imprenditore con salvagente rossocrociato, conferma, anche se qualche tempo fa si lamentava dei lacci e lacciuoli che lo Stato impone al mercato…
La miriade di miliardi offerta da governo e Banca nazionale è stata “una garanzia data come rete di salvataggio”, afferma il CEO di UBS, “si tratta di riconoscere che quando un aiuto statale è necessario va minimizzato, e non dobbiamo approfittare (sic) di una garanzia se non è più necessaria”. Il bilancio UBS ammonta a circa 500 miliardi di franchi. Un eventuale futuro salvataggio costerebbe una montagna di miliardi ai contribuenti elvetici, ma – niente drammi – saranno miliardi “minimizzati”.
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