Di Roberto Porta, dal Corriere del Ticino
“Mi sento di dire due o tre cose che non sento dire in Ticino e che invece vanno dette in modo molto chiaro, affinché capiamo dove siamo”. Parole di Ignazio Cassis che domenica scorsa a Sant’Antonino ha preso la parola durante un comizio elettorale del PLR, il suo partito. Tra queste “due o tre cose”, il consigliere federale ticinese si è sentito in obbligo di usare l’artiglieria pesante nei confronti della stampa. Ha parlato di “qualche articolo cretino” e ha aggiunto: “Io non leggo più i giornali. Non mi serve a niente. Non mi danno nulla ma proprio nulla (…) e da quando non li leggo più vado tre volte più forte”. Frasi riportate dal portale Liberatv.ch e confermate da un video che circola sulle piattaforme online. Siamo in un Paese democratico e il capo della nostra diplomazia ha tutto il diritto di esprimersi in modo poco diplomatico.
Ognuno di noi, e anche un ministro del nostro governo, dovrebbe però evitare di commettere un errore da cui si mettono in guardia persino i bambini. L’errore è quello di fare di ogni erba un fascio e di generalizzare. Nello specifico questo passo falso ha una conseguenza diretta: infanga una categoria intera, tutti i professionisti che nel nostro Paese lavorano nelle redazioni dei giornali e anche negli altri media. È questo il compito di un ministro? Discreditare una categoria professionale?
Certo anche i giornalisti commettono errori, ma da qui a usare quelle parole ce ne passa. Forse c’è un po’ di nervosismo da campagna elettorale o anche qualche preoccupazione per i sondaggi che continuano a dare a Cassis la maglia nera della simpatia tra i consiglieri federali. E che lo posizionano al penultimo posto in un’altra classifica, quella che riguarda la capacità di saper influenzare la vita politica svizzera. Lo dice anche l’ultimo sondaggio SSR pubblicato proprio in questi giorni, i cui risultati confermano questa tendenza, per lui ormai più che consolidata. Ma questo nervosismo non giustifica un attacco del genere a tutti i giornalisti e a tutte le testate del nostro Paese. Parole, quelle di Cassis, che misconoscono totalmente il ruolo del giornalismo nella formazione dell’opinione pubblica e nel dibattito democratico.
Ricordiamo qui quanto scritto dallo stesso Consiglio federale, e il ministro ticinese ne era già membro, in occasione della votazione popolare sul pacchetto di aiuto ai media. Scriveva il governo nel suo messaggio del 29 aprile 2020: “In una democrazia, media indipendenti e variati adempiono una funzione importante sul piano statale e politico”. Una “funzione importante” che stando alle parole del ministro ticinese “non mi serve a niente”. Il mondo dei media elvetici soffre da tempo a causa di diversi problemi strutturali di ampia portata, basti pensare al calo continuo delle entrate pubblicitarie. In altri termini di guai da risolvere il nostro settore ne ha già abbastanza.
Non ci permettiamo di dare consigli a Cassis, diciamo solo che un ministro di un governo democratico dovrebbe preoccuparsi proprio del contenuto democratico del dibattito pubblico. Tocca in primo luogo proprio a chi sta in governo, a chi guida un Paese. Basterebbe questo. E questo ci aspettiamo, anche da Ignazio Cassis.
Roberto Porta è presidente dell’Associazione Ticinese dei Giornalisti