“Non perdere la guerra”
Tre filosofi possono aiutarci, con le loro recenti riflessioni, a considerare gli aspetti più controversi del dibattito sul conflitto in Ucraina
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Tre filosofi possono aiutarci, con le loro recenti riflessioni, a considerare gli aspetti più controversi del dibattito sul conflitto in Ucraina
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Tre filosofi possono aiutarci, con le loro recenti riflessioni, a considerare gli aspetti più controversi del dibattito sul conflitto in Ucraina
Non si tratta di un distinguo puramente semantico. Habermas, in un contributo pubblicato da La Repubblica, non si schermisce: la lotta degli Ucraini per la propria esistenza è coraggiosa e ragioni morali solide giustificano gli aiuti occidentali. Ma nessuno, a cominciare dalla Nato, desidera arrivare a un «point of no return». La prospettiva concreta di uno stallo senza vincitori, la sindrome di Verdun con una sanguinosa interminabile guerra di posizione, è stata ribadita dal generale Mark Milley, capo di stato maggiore americano. Putin non vuol negoziare, l’annessione dei territori occupati all’est dell’Ucraina blocca la trattativa. Vero, ma non c’è alternativa alla ricerca di un compromesso «tollerabile» in cui l’aggressore dotato di armi atomiche possa salvare la faccia.
«Non perdere la guerra, non vincere sulla Russia». La traduzione pratica di questo principio dovrebbe condurci per Habermas a iniziative diplomatiche che ci riportino allo status quo ante 23 febbraio di un anno fa, con gli invasori fuori dal Donbass ma non dalla Crimea. «Solo quando i contendenti pensano che per loro continuare la guerra sia meno utile che smetterla, si metteranno a trattare» sintetizza con efficacia in un’intervista a tio.ch il filosofo ticinese Virginio Pedroni, il quale evidenzia una verità per alcuni scomoda: l’Alleanza atlantica è particolarmente attrattiva per gli Stati europei. Tema che con qualche eccezione (tra cui quella del segretario del Pci Enrico Berlinguer che si «sentiva più al sicuro» sotto l’ombrello Nato) a sinistra si tende a eludere.
A farci riflettere concorre anche lo sloveno neomarxista Slavoj Žižek in una presa di posizione pubblicata da un sito indipendente russo [e ripresa da Naufraghi/e]: senza il sostegno occidentale l’Ucraina sarebbe caduta subito. Non è un caso – scrive Žižek – che il politico straniero più popolare in Ucraina sia il premier Morawiecki che come i suoi concittadini polacchi, per ragioni storiche facilmente comprensibili (la spartizione del paese tra Stalin e Hitler, il massacro di Katyn) ha una marcata avversione nei confronti di Mosca. Žižek, che considera il modello russo «neofascista», invita la sinistra a cessare di «schierarsi dall’altra parte» ogni qualvolta sono coinvolti Stati Uniti, Nato o Unione Europea. Sarà certamente deluso chi infilatosi compiaciuto il berretto in feltro del Che con tanto di stellina rossa, inizia la giornata zampettando verso la tastiera del pc per offrire ai social il suo verbo rivoluzionario. Di fatto in questo momento cardine dove la polarizzazione tende a spegnere la riflessione, la filosofia – in questo caso di sensibilità progressista – può contribuire a farci fare un bel «reset» mentale azzerando i vecchi pregiudizi ideologici.
Articolo scritto per “laRegione”
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