Il clima, quei capi, quel partito che continuano a “stupirci” (o a stordirci)
Nelle decisioni e nelle argomentazioni sul clima di certa destra domina un fattore che spesso si trascura di richiamare: la stupidità
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Nelle decisioni e nelle argomentazioni sul clima di certa destra domina un fattore che spesso si trascura di richiamare: la stupidità
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• – Redazione
Nelle decisioni e nelle argomentazioni sul clima di certa destra domina un fattore che spesso si trascura di richiamare: la stupidità
C’è il primo ministro conservatore britannico, Rishi Sunak, che visitando una fabbrica di gas Shell nell’Aberdeenshire e facendosi fotografare sulla vecchia Rolls che fu della Thatcher, si è lanciato in una nuova strategia che vorrebbe fare dell’ambiente una linea di demarcazione politica. Per distinguersi dagli avversari laburisti che battono il chiodo del clima e stanno rimontando. Essa consiste nel difendere gli automobilisti, azzerare la politica dei “quartieri a debole circolazione” (quelle zone che moltiplicano i sensi unici e le strade semipedonali), sostenere la produzione di idrocarburi nel mare del Nord concedendo un centinaio di nuove licenze di sfruttamento, ridurre il prezzo della tonnellata di CO2 (o carbonio, causa del surriscaldamento) per le industrie pesanti perché punitivo per le aziende e freno per l’economia.
C’è il presidente americano Biden che, in un piano che avrebbe come obiettivo la riduzione dell’inflazione (Inflation Reduction Act), riesce a far passare un testo di legge assai generoso (369 miliardi di dollari) per la transizione energetica, lo sviluppo di nuove energie e un buon rigurgito protezionista con la fabbricazione solo in America del Nord di veicoli elettrici, pannelli solari e batterie; poi sussidi per pratiche meno inquinanti nell’agricoltura. Tuttavia, per ottenerne l’approvazione, persino dai suoi (democratici-centristi) deve includervi una lunga serie di concessioni per lo sviluppo di energie fossili: quindi, niente pannelli solari o pale eoliche senza che il Dipartimento dell’Interno non abbia prima permesso lo sfruttamento per gas o petrolio o scisti (800 mila ettari saranno quindi messi all’asta ogni anno e 24 milioni di ettari offshore nel golfo del Messico e in Alaska… quando Biden aveva invece promesso di sospendere ogni nuova concessione sulle terre federali per salvaguardare il clima ed evitare i tifoni devastatori). “Un patto di suicidio climatico, una pillola avvelenata”, l’ha definito lo stesso Brett Hartl che è direttore degli affari governativi al Center for Biological Diversity.
C’è in Svizzera il partito di maggioranza relativa, che è nel governo federale, con un suo consigliere che dirige proprio il dipartimento dell’ambiente e che alla vigilia del primo agosto, festa nazionale, proclama, su tutti i quotidiani, con inserzione collocata sempre nelle pagine redazionali (solo perché meglio pagate?) “la giornata della resistenza contro il proibizionismo rosso-verde”, per salvaguardare “la libertà, la sicurezza e la prosperità del nostro Paese!”. E, si sa, il proibizionismo rosso-verde è in particolar modo quello che chiede misure, interventi, investimenti e fors’anche proibizioni per far fronte al problema climatico.
In tutto questo bailamme para o pseudo politico ci sono due denominatori comuni. Il primo: ignorare o far finta di ignorare o minimizzare la realtà, nonostante tutto. Il secondo: cavalcare le conseguenze di un urgente impegno di “civiltà” (adottare cioè misure che implicano anche mutamenti di rotta sostanziali, sacrifici, rinunce, inevitabili costi individuali e pubblici) per addossarne… la responsabilità a chi chiede maggiore serietà, impegno e responsabilità. L’uno e l’altro denominatore sono evidentemente paradossali, assurdi: sia per la ragione e la logica umane, sia per la stessa democrazia.
C’è però un altro denominatore comune che non si osa mai rilevare: la stupidità.
Robert Musil (grande scrittore e drammaturgo austriaco, stabilitosi a Zurigo nel 1939 e poi a Ginevra, dove morì nel 1942) è soprattutto noto per il suo romanzo “L’uomo senza qualità”. Forse meno conosciuto è un suo saggio “Sulla stupidità” (in italiano SE, 2013, con interessante postfazione di Giancarlo Mazzacurati). C’è chi ha già giustamente rilevato che nella storia ci sono momenti in cui la natura e l’importanza della stupidità assumono un rilievo speciale, urgente e drammatico. Lo era certamente il 1937, anno in cui Musil tenne una conferenza a Vienna, proprio su quel tema, e fu la sua ultima apparizione in pubblico prima della fuga in Svizzera, profugo di fronte all’orda nazista.
“Le condizioni della vita attuale sono così oscure, così difficili, così confuse che dalla stupidità occasionale del singolo può nascere una stupidità costituzionale della comunità”.
E Musil riprende, se non proprio alla lettera, quanto scriveva nel suo grande romanzo: “Non c’è praticamente pensiero importante che la stupidità non sia in grado di utilizzare; essa è mobile in ogni direzione e può indossare tutte le sembianze della verità. La verità invece è una sola, ed è sempre in svantaggio…”.
Pensiamo ora all’uso che viene fatto oggi di parole e pensieri che dovrebbero essere umanamente forgianti e che finiscono malamente e tristemente in proclami o ricatti politici o in discorsi patriottici da primo di agosto: democrazia diretta coniugata con sicurezza e partecipazione per tutti, libertà coniugata con onestà, prosperità coniugata con solidarietà, natura coniugata con cultura e civiltà.
E chiediamoci allora: perché mai la stupidità assomiglia molto (e forse perciò incanta molti) al progresso, alla qualità di vita, all’unica verità condivisibile, alla speranza e al miglioramento, alla politica oggi trionfante? Come ci si può difendere da un antagonista così insidioso? Si sa che è rischioso affrontare queste domande, anche perché chi le fa presume di essere intelligente… e si dirà che è da stupidi. L’intelligenza critica, con la consapevolezza del margine di errore di ogni nostra azione o pensiero, è quindi certamente una via.
Per questo può essere più che utile sapere che stupidità deriva dal latino stupeo, resto stordito.
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