Il dolce sorriso e lo sguardo sornione di una voce inconfondibile, di un artista unico
Un affettuoso ricordo di Claudio Taddei a pochi giorni da una serata omaggio a Bellinzona, a tre anni e mezzo dalla sua scomparsa
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Un affettuoso ricordo di Claudio Taddei a pochi giorni da una serata omaggio a Bellinzona, a tre anni e mezzo dalla sua scomparsa
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Un affettuoso ricordo di Claudio Taddei a pochi giorni da una serata omaggio a Bellinzona, a tre anni e mezzo dalla sua scomparsa
Il prossimo giovedì 22 dicembre sarebbe stato il giorno del compleanno di Claudio Taddei, musicista ed artista nato in Uruguay nel 1966, di origine ticinese, che dopo un primo periodo sudamericano in cui è diventato una vera “star”, si è trasferito in Ticino dove ha firmato dischi e concerti memorabili e dove ha ulteriormente sviluppato la sua vitale attività pittorica. Una lunga malattia, che ha sempre affrontato con una forza ed una serenità straordinarie, l’ha portato via nell’estate del 2019. Ma con la sua vulcanica creatività e la sua contagiosa simpatia, Claudio Taddei resta una figura importante e indimenticabile, per tanti amici, musicisti, artisti, appassionati.
Proprio in occasione del suo compleanno, il prossimo 22 dicembre, al Teatro Sociale di Bellinzona andrà in scena uno spettacolo-omaggio che in nome della presenza e della musica di Claudio Taddei vedrà sul palco cantanti e musicisti nell’esecuzione dei brani più noti del suo repertorio. Sarà una lunga e affettuosa “lettera di compleanno” indirizzatagli dall’amico fraterno Stefano Ferrari a fare da filo conduttore, fra suoni, filmati ed esecuzioni dal vivo, ad un momento unico ed irripetibile, all’insegna di “Taddei, ci sei”.
Lo spettacolo vedrà protagonisti:
Per l’occasione, Naufraghi/e propone qui un testo originale in ricordo affettuoso di Claudio Taddei firmato da Gianluca Verga.
La sorte mi ha concesso un privilegio, che mi induce, ogni giorno, ad eterna gratitudine: ho incrociato la mia vita con quella di Claudio. Poi, come spesso capita, davanti all’ineluttabile ti interroghi come fai con le persone care che si congedano: potevo creare più momenti di condivisione, potevo alimentare la relazione, ci sono sempre stato? Domande che rimangono sospese e a cui non c’è risposta.
Agli inizi del nuovo millennio, non ricordo chi, tra colleghi e amici ma probabilmente Stefano Ferrari, mi parla di un artista uruguagio di origini ticinese o ticinese cresciuto a Montevideo, consegnandomi un suo cd: “Para el Sur el Norte está lejos”. Salutandoci disse che sarebbe stato bello lo incontrassi; giusto due chiacchiere, qualche consiglio, un colpo di mano. Ora, vero è che alla luce del lavoro che svolgo da quasi 40, dischi da ascoltare, messaggi e proposte di incontro da evadere sono all’ordine del giorno, ed è normale sia così.
La Rsi è sempre stata una cassa di risonanza, un veicolo importante per i musicisti che operano nella regione. Così come è normale convivere con le pile di dischi da ascoltare accatastate in ufficio e che, confesso, smaltisco a fatica. Passano i giorni e questo fantomatico artista mi invia un altro messaggio chiedendo se avessi avuto modo di ascoltarlo. Prendo tempo, il cd è ancora intonso. Gli prometto di farlo a breve, sapendo di mentire. Al terzo messaggio, educato e gentile mi impongo di ascoltarlo. Improvvisa, dalle casse in ufficio, mi travolge una voce incredibile che risuona ed ammalia, speziata di uno spagnolo che diventa lingua universale. Meraviglia.
Il giorno successivo scrivendogli e complimentandomi organizziamo l’incontro. Il classico caffè in mensa si trasforma in una maratona di parole, risate, progetti, storie di vita, avventure musicali, scherzi di un destino beffardo, intime e private coincidenze a tratti stupefacenti. L’infinita chiacchierata sancisce il classico feeling, la nascita di un rapporto di affinità che durerà nel tempo.
Claudio era rientrato dall’ Uruguay causa malattia, aveva bisogno di costruirsi una rete di contatti finalizzati alla sua professione. Un divo in patria, un oggetto misterioso sulla sponda europea dell’Atlantico. Mi adoperai, e con grande piacere, per tesser questa tela prima in seno alla Rsi, poi sul territorio, anche confederato. Come fecero, e davvero bene, anche altre persone e con ottimi risultati.
Ricordo ancora, come mi auguro se ne ricordi anche il pubblico, le volte che l’ ho ospitato nei differenti programmi, alcune davvero memorabili e non solo per l’immenso talento che sgorgava dalla sua ugola, dalla sua scrittura, dalla cassa armonica della chitarra e soprattutto dalla sua anima. La sua umanità e simpatia erano contagiose. Programmi, interviste, progetti che spesso, purtroppo, non siamo riusciti a concretizzare sono ancora lì, vividi, conservati in un angolo del cuore.
Fino a quel meraviglioso concerto-showcase all’Auditorio Rsi affollato da un pubblico avvolto dalla tiepida luce delle candele, immerso in un palco arredato da una manciata di sue opere pittoriche; ma soprattutto cullato dalla sua voce, dalla sua musica, da un indubbio carisma. Un evento filmato e registrato che vi può ancora emozionare tanto su Youtube quanto in un disco che risponde al nome di “Intuitivo”. Paradossalmente, ma neanche troppo, Claudio era pura “joie de vivre”, positiva e solare nonostante la convivenza con la malattia, della quale, per inciso, col sottoscritto non si è mai lamentato. Quando ci incontravamo il suo “Hola asesino, ¿cómo estás?” irradiava positività, era un balsamo per lo spirito: accogliente, fraterno, commovente.
Perché Claudio era quella “luz”, (quella luce), che spesso cantava e di cui parlava. Tanto a cena, a casa sua a Cassina d’Agno, quanto sulle assolate spiagge della sua amata Formentera. Già, “casualmente” ci incontrammo anche lì… Comprendevo sempre più la sua un’anima che bruciava la candela da entrambi i lati. E queste fiamme erano a dir poco intense, accecanti, di una bellezza abbacinante. E raccontavano più di mille parole la sua condizione i bilico tra la tensione creativa, che sgorgava come un geyser nella musica, nel gesto pittorico e nelle relazioni, e che tradiva un amore debordante per la vita e l’appuntamento col proprio destino. Vissuto con una dignità a dir poco esemplare, invidiabile, commovente.
Non vi dirò inoltre di come e quando lo convincemmo a scrivere una canzone per i Mondiali di calcio del 2008 o a comporre un brano per l’Eurovision Song Contest. O dell’intensa e toccante performance per la “Lega contro il cancro” di cui era anche testimonial. O delle sue performance a Estival Jazz Lugano. O dell’incontro con Finardi; quell’ Eugenio che quando organizzai una serata omaggio sempre all’Auditorio della RSI, a pochi mesi dalla sua dipartita, (“Natural Claudio”), e che fu di un’intensità emotiva indescrivibile, ce lo descrisse con parole semplici ma in modo sublime e veritiero. Parole nelle quali ci e lo riconoscemmo. O ancora quando nel chiedersi come dare senso, anche artistico a quella “nuova” condizione “esistenziale” che lo vedeva una volta ancora in Ticino mi chiese un confronto. Dopo lunghe e appassionanti riflessioni artistiche, antropologiche e familiari lo convinsi a cavalcare e valorizzare appunto quella condizione di uomo e artista a cavallo tra due mondi, l’Uruguay e il Ticino. Due porti carichi di tradizioni, suoni, musiche e strumenti che attraverso di lui potevano dialogare: nacque così “Puerto Mestizo”, davanti a un ottimo risotto giallo e qualche bicchiere di merlot.
Come molti di noi, che amiamo la musica ed i suoi interpreti più autentici, potrei parlare a lungo di Claudio; ho la certezza che ha lasciato tracce significative in ogni persona che ha incrociato lungo la sua strada. Che lo abbia ammirato in concerto o che abbia apprezzato la sua travolgente verve pittorica. Ma era sufficiente incrociare il suo dolce sorriso, il suo sguardo sornione o la sua cascata di capelli grigi fasciati dalla bandana per cogliere la profonda bellezza della persona, la bontà e ricchezza di un’ anima che è ancora così presente tra noi. Una bellezza che Claudio ha seminato e della quale ancora possiamo cogliere i frutti. Buen viento y buena mar, Claudio.
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