Il dopo Prigozhin e la Storia secondo Putin
Dalla morte di Prigozhin all'attacco verbale alla Polonia. Quando lo zar dà la sua versione dei fatti storici
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Dalla morte di Prigozhin all'attacco verbale alla Polonia. Quando lo zar dà la sua versione dei fatti storici
• – Aldo Sofia
Quando l’interruzione di gravidanza volontaria torna ad essere messa in discussione, in modo aperto o strisciante, in particolare sull’onda dei successi della politica delle destre
• – Roberta Bernasconi
L'accusa è di diffondere il Diavolo, l'"omosessualismo", il lesbismo e il comunismo. Uno scenario inquietante, cui non si dovrebbe mai arrivare, ma che a furia di rozze approssimazioni e di slogan…
• – Redazione
“I have a dream”. È uno dei più celebri discorsi della storia dell’ultimo secolo, pronunciato da Martin Luther King jr. a Washington il 28 agosto del 1963. Lo riportiamo integralmente, a 60 anni da quella storica data
• – Redazione
Alla vigilia dell’inizio di un nuovo anno scolastico imperversa il sedicente dibattito sull’agenda e sui suoi “indottrinamenti”, alimentato da uno stormo di politici in cerca di visibilità a qualunque costo
• – Enrico Lombardi
Sembra non volersi spegnere il “dibattito” intorno ai presunti indottrinamenti dell’agenda scolastica da oggi nelle aule (ma non tutte): e se prima di parlarne la si leggesse?
• – Rocco Bianchi
• – Franco Cavani
È la stagione delle piogge ma non piove; nel Canale (dove scorre acqua dolce) si deve ridurre il passaggio dei cargo e il pescaggio massimo. L’ultima vittima del clima che cambia è il traffico merci mondiale
• – Gianni Beretta
Per non dimenticare la morte di Arash al centro asilanti di Cadro e le storie terribili dei profughi afghani, a due anni dal ritorno al potere dei talebani
• – Raffaella Carobbio
Dopo tre mesi di stallo politico, la terra dei sorrisi ha un nuovo Primo Ministro, Srettha Thavisin, alleato del popolare Thaksin Shinawatra, di ritorno in patria grazie alla controversa nuova alleanza con i militari
• – Loretta Dalpozzo
Dalla morte di Prigozhin all'attacco verbale alla Polonia. Quando lo zar dà la sua versione dei fatti storici
Itar-Tass (così hanno ribattezzato l’agenzia ufficiale del Cremlino) ne aveva dato subito notizia. Non aveva certo dovuto aspettare la prova del dna: sì, sul jet della Wagner precipitato sulla rotta Mosca-San Pietroburgo c’era Yevgeny Prigozhin. Lo stesso Putin aveva del resto già omaggiato l’“abile uomo d’affari che ha però commesso errori”, e contro il quale, in un incontro di tre ore, aveva in realtà urlato tutta la sua rabbia, secondo un testimone presente alla sfuriata. Ma si sa, le dittature hanno bisogno dei propri riti, dei propri lavacri. In questo caso anche perché sull’incidente del 23 agosto dovrà essere costruita la verità ufficiale, che naturalmente escluderà che l’ordine di abbattere l’aereo (missile terra-aria, o esplosione di un ordigno a bordo, oppure manomissione prima della partenza) sia stato dato personalmente dal presidente russo che aveva pubblicamente denunciato “la pugnalata alle spalle” dell’ex sodale diventato “traditore”.
Come se quell’ordine dello zar fosse davvero necessario. Nella Russia di Vladimir Putin ci sono apparati dello Stato (infeudato ad ex agenti del KGB, servizi segreti, intelligence militare, guardia pretoriana) che possono muoversi anche con sicuro margine di autonomia quando si tratta di concretizzare la volontà del gran capo. Di morti eccellenti, avvelenamenti ‘opportuni’, pallottole assassine, suicidi più che sospetti, ce ne sono stati abbastanza, e sempre impuniti. Caso fra i più noti, l’assassinio di Anna Politkovskaja, scrittrice, giornalista critica della deriva putiniana: abbattuta nell’ascensore del suo palazzo il 7 ottobre 2006, nel cinquantaquattresimo compleanno di Putin, un “regalo “al presidente.
Così, con Prigozhin finito in chissà quale altro mondo, molti analisti occidentali si sono sbizzarriti nelle ipotesi sul futuro della Wagner. Come se si trattasse davvero di una formazione mercenaria indipendente, e non di una formazione pienamente al servizio del potere: costola dei servizi segreti militari, foraggiata alla grande dal ministero della difesa, incaricata di tutti i “lavori sporchi” formalmente non attribuibili ai dirigenti russi: infiltrazioni in Donbas, operazioni in Africa a sostegno di dittatori impresentabili ma generosi nel ricambiare col provento di materie prime (dall’oro all’uranio) e con l’accresciuta influenza del Cremlino; infine nell’invasione dell’Ucraina sostituendo (vedi assedio di Bachmut) i soldati mossi con imperizia dai vari generali Shoigu e Gerasimov. Sarà sempre dunque Mosca a decidere i futuri impegni degli ex mercenari, soprattutto nel sub Sahara.
Comunque per Putin, forse il peggior peccato dell’ex amico non furono tanto le critiche e gli insulti ai maggiori esponenti del “cerchio magico” moscovita, bensì la contro-narrazione che osò fare Prigozhin sulle cause dell’invasione dell’Ucraina: non colpa della Nato – denunciò – ma degli interessi del “potere verticale” su cui si regge il regime putiniano. Tesi intollerabile per lo zar, abituato a manipolare la Storia che lui stesso rielabora a fini ideologico-propagandistici.
Ma cos’altro aspettarsi da chi ha recentemente dichiarato addirittura che “la Polonia deve ringraziare Stalin” per aver allargato i suoi confini occidentali fino all’Oder-Neisse? Dimentica, Putin, di ricordare sia che a fine guerra Varsavia perse ad est più territori di quanti ne abbia ricevuti poi in compensazione, e di evocare il Patto Molotov-Ribbentrop del 1939: viatico all’inizio della seconda guerra mondiale, in seguito alla decisione di Hitler e Stalin di spartirsi la Polonia. Intesa contenuta in protocolli segreti che in Urss, durante tutto il periodo della guerra fredda, rimasero tali per decenni.
Scritto per laRegione
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