Il Polo va in campagna
I contributi dei media sul PSE fra informazione e propaganda
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I contributi dei media sul PSE fra informazione e propaganda
• – Enrico Lombardi
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• – Redazione
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• – Aldo Sofia
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• – Filippo Rossi
Una grande Svizzera rischia di non andare ai mondiali per la follia di Garcia e Akanji
• – Libano Zanolari
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• – Redazione
Dopo la conferenza di Glasgow sul clima rimane l'interrogativo sui costi della eventuale e urgente 'svolta verde', suoi suoi costi, e su chi peseranno
• – Aldo Sofia
Il trionfo dell’elettrico e la crescita dei consumi impongono almeno una discussione serena sul tema
• – Marco Züblin
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Sfruttamento e ingiustizia: le materie prime finiscono in Occidente, e l’Africa che le esporta rimane con tassi spaventosi di povertà
• – Silvano Toppi
RSI, Teleticino e il portale online del CdT hanno già ampiamente ospitato dibattiti accesi fra fautori del progetto e sostenitori del referendum che lo contesta: tutto un “dare i numeri” fra cifre da interpretare, piani B da evocare o smentire, addirittura con in palio casse di champagne per chi ha ragione fra Filippo Lombardi e Fulvio Pelli (v. “laRegione” 12.11.21).
Per il resto, Il “CdT”, che nel suo sito online offre un utile “dossier” sul tema Polo Sportivo, sta sempre più ampiamente riflettendo le posizioni favorevoli al progetto, con una nutrita serie di interventi che ne sottolineano il carattere di imperdibile ed ineluttabile occasione per dare un nuovo volto alla città e, nel contempo, per salvare lo sport cittadino, a cominciare dalla sua squadra calcistica che ha bisogno di un nuovo stadio come il pane, per la sua stessa sopravvivenza (in “Superleague”).
In verità, dietro a tutte queste auree prospettive, la realizzazione del Polo così come ora è sottoposta all’elettorato luganese, è anche, e non proprio secondariamente, una sorta di plebiscito sull’operato del Municipio cittadino, messo alle strette da non pochi esempi di progettualità irrisolta, fra obiettivi controversi e pratiche contraddittorie, che l’hanno portato anche a gravi fratture al proprio interno (superfluo tornare a ricordare il “caso Molino”).
Ecco dunque che intorno al PSE si realizza non solo un’ipotesi di trasformazione di un quartiere in un roboante Polo chiamato a diventare “la porta Nord” della città, ma anche un fronte (finalmente) compatto degli schieramenti politici rappresentati in Municipio, per il resto ampiamente in contrasto, quando all’orizzonte, prima di un qualsiasi stadio, si tratterà di mettere in piedi l’Esecutivo 2024.
Da semplici osservatori vien da considerare che per l’occasione (una volta di più) si è messo al centro della narrazione una sorta di “stato d’assedio” della città da parte di nemici esterni (“gli sfascisti bellinzonesi dell’MPS”) e nemici interni (“i vecchi notabili liberali”, che hanno gestito la città fino all’altroieri).
In stato d’assedio permanente sono la Lugano ed il Ticino raccontati ogni domenica dal settimanale di via Monte Boglia, che del resto, proprio in questi termini sta disseminando le proprie pagine di articoli, sempre uguali, in cui si evocano appunto tutti i “nemici”, per motivare l’elettorato (leghista ma non solo) ad accogliere il progetto PSE e più in generale un disegno di città del futuro, messo in mano al partenariato pubblico-privato; un progetto, insomma, che sostanzialmente mostri, fra le tante cose, come fosse sbagliato (fallimentare, direbbe lo zio Bill) la politica adottata nel recente passato con l’edificazione del LAC (“Guttalac”, direbbe sempre lo zio di cui sopra).
Niente di nuovo, si potrebbe chiosare, pensando anche all’ambivalenza un po’ desolante della posizione (?) della sinistra, specie socialista, che pare fare davvero di tutto per non mostrare un orientamento chiaro praticamente su nulla, né a livello cittadino (con una “libertà di voto” sul PSE che suona un po’ come “salviamo il soldato Cristina Barzaghi”) né a livello cantonale (si pensi alla “morbida” posizione parlamentare sul salario minimo o sul contenimento della spesa; temi che dovrebbero essere impugnati da quel fronte senza se e senza ma e che invece tocca poi ai sindacati tornare a sollevare come meritano).
In un contesto dunque, alquanto ombroso, per non dire cupo, fatto tutto di chiusure a riccio, difese ad oltranza, puro “catenaccio”, la propositività di progetti per il futuro sembra non potersi esprimere che in queste modalità, un po’ depressive, senza slanci che non siano a favore di qualche nuova realizzazione immobiliare. Progettualità, dalle nostre parti, coincide sempre più e quasi esclusivamente con modine e aree edificabili. Di progetti “ideali”, per una diversa idea di città e di Cantone, neanche l’ombra.
E i media si accodano; il loro compito è quello di “riferire”. Così, anche il “Corriere”, dopo i “dibattiti” si mette a fare ora, sostanzialmente, la cassa di risonanza delle ragioni favorevoli al progetto.
Si prenda, solo per fare l’esempio più recente, un articolo uscito su “La Domenica” a firma Andrea Bertagni. Titolo: “Non solo stadi di calcio”, sottotitolo “A Milano, Firenze e Manchester attorno ai campi da gioco si punta a far rinascere i quartieri”. È probabilmente un’indiretta risposta all’inchiesta proposta giovedì scorso da “Falò”, che aveva provato a mettere a confronto, con qualche lecito interrogativo, il progetto luganese con quelli realizzati in altre città svizzere.
Qui di interrogativi non se ne pongono proprio. E allora via a cercar di dimostrare, con altri esempi, che a Lugano si è “Mainstream” nel progettare un nuovo impianto sportivo (anzi due) nel contesto di un più ampio progetto di riqualifica del territorio, proprio come fanno, appunto, a Milano, Firenze, Manchester (e di sponda anche, chissà come e chissà perché, nientemeno che a Sacramento!).
Confronti francamente opinabili e anche un po’ misteriosi. Ma prendiamo il parallelismo con Milano: per l’articolo di Bertagni sono davvero due progetti con molti punti in comune, che viaggiano fra l’altro paralleli anche come tempistiche, visto che è proprio di questi giorni la decisione del sindaco milanese Sala di entrare in materia e procedere all’analisi delle ipotesi al vaglio (che partono tutte dall’abbattimento dello stadio Meazza).
È vero, con le debite proporzioni, vi sono diversi punti in comune fra i due “concetti progettuali”. Ma fra le tante analogie che possono mettere in parallelo Lugano e Milano, vi sarebbe in verità anche quella che a Milano gli oppositori (a cominciare dagli abitanti del quartiere) sono talmente contrari da voler lanciare un referendum. Ma tu guarda, questo non c’è scritto su “La Domenica”.
Lo si trova invece un po’ dovunque, sulla stampa italiana: una lettura la merita, in particolare, un interessante articolo riassuntivo del sito informativo milanese “The Submarine”, in cui si dice fra l’altro: “Il progetto – qualsiasi sarà – è poco apprezzato dalla maggior parte dei residenti della zona. Temono che i lavori e poi il nuovo stadio porteranno più caos, più cemento, e che in ultima analisi, si tratti soprattutto di un’operazione speculativa da parte delle proprietà delle due squadre”.
Ecco sì, a Milano succede anche questo. Poi, per dirla tutta (e secondo logica) di mezzo ci sono due società calcistiche gloriose e quotate in borsa, in gravi difficoltà economiche, che hanno la loro da dire e vogliono dirla, perché vogliono essere co-proprietarie dell’impianto.
A Lugano no: sul fronte della società calcistica l’investimento, per ora, è stato esclusivamente quello di organizzare una festosa campagna per il PSE con entrate gratuite allo stadio. Eppure il club è di proprietà di un miliardario americano che ha dichiarato che per lui la questione stadio non è proprio un problema. Qualcuno gli ha mai chiesto di partecipare al partenariato? Ma no, sciocchezze. Ci pensano HRS e Credito Svizzero, diamine; poi la città comprerà lo stadio, con leasing incluso, ed il miliardario camperà beatamente sugli investimenti della città. Proprio come a Milano, vero?
Nell’immagine: uno dei progetti per il nuovo stadio di San Siro
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