Infantino & Co. inadeguati
Dopo le scandalose parole del capo della Fifa in merito alle denunce su migliaia di lavoratori morti per preparare i mondiali in Qatar, l’intera impresa “Grande Sport” andrebbe messa sotto tutela: ma da chi?
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Dopo le scandalose parole del capo della Fifa in merito alle denunce su migliaia di lavoratori morti per preparare i mondiali in Qatar, l’intera impresa “Grande Sport” andrebbe messa sotto tutela: ma da chi?
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Dopo le scandalose parole del capo della Fifa in merito alle denunce su migliaia di lavoratori morti per preparare i mondiali in Qatar, l’intera impresa “Grande Sport” andrebbe messa sotto tutela: ma da chi?
Per quanto la Svizzera non abbia trattato bene i primi immigrati italiani, (“volevamo braccia, sono arrivati esseri umani”, Max Frisch) il loro destino, contrariamente a quanto afferma Gianni Infantino, presidente della Fifa, non è paragonabile a quello riservato al milione e mezzo di lavoratori arrivati nel Qatar per costruire dal nulla gli stadi dei prossimi mondiali di calcio: in inverno, perché il colonello Sepp Blatter e il calciatore Platini non si sono accorti che In estate nel Qatar la temperatura media varia fra i 40 e 45 gradi, e in quelle condizioni non si può giocare.
Mala tempura currunt: i tempi sono grami al punto che uno si sente un po’ in colpa a parlare di sport: senonché lo sport, uno dei massimi “fenomeni sociali” del nostro tempo è diventato un’impresa come un’altra, una forma di spettacolo circense dove l’impresario (“venghino signori, venghino a vedere la Donna cannone che pesa 250 kg”) mira a far cassa con tutti i mezzi, dimenticando la sua primaria ragione sociale: lo sport vive di etica e di regole, piace alla gioventù di tutto il mondo che sogna di imitare Pelé o Maradona, sogna di vincere l’oro olimpico. Su questi sogni faccendieri e affaristi senza scrupoli hanno messo le zampe, approfittando del desiderio di evasione delle masse, dell’identificazione con un campione o una squadra “del cuore”. Una sostituzione, un “Ersatz” di quel cuore che nella società moderna non esiste più, come non esiste il senso di appartenenza a una comunità; non la trovi nell’impresa dove lavori, per la quale sei un numero, un’unità se va bene, altrimenti una “mezza unità”, a tempo parziale.
Non a caso il giornalismo sportivo (ruffiano) parla di “popolo” interista o juventino, ecc. Vivi per la partita della domenica. Appartieni. Secondo un’inchiesta del “Guardian” basata su dati delle ambasciate e delle Agenzie Onu, dall’inizio dei lavori in Qatar nel 2010 sono morti 2711 indiani, 1641 nepalesi,1018 bengalesi, 824 pakistani e 557 cingalesi. Mancano i dati dei keniani e dei filippini.
Secondo il Qatar l’80% degli indiani e il 48% dei nepalesi sono morti per cause naturali. Vero è che non sappiamo se tutti questi 6501 morti accertati hanno perso la vita durante i lavori di costruzione degli stadi o in altro modo, come dice l’ambasciatore FIFA Ronald de Boer, ex nazionale olandese, attivo in Qatar come giocatore e allenatore :“ la statistica è assurda: i morti potrebbero essere addetti alle pulizie o insegnanti di inglese”. Visto che la maggioranza delle morti per “cause naturali” è dovuta a “problemi cardiaci, e alle vie respiratorie”, la probabilità che a lasciarci la pelle siano stati i lavoratori dell’edilizia rispetto ad altri è nettamente maggiore.
Nel 2016 Amnesty International ha pubblicato un rapporto dopo aver intervistato 234 operai. A parte le immagini carpite ai dormitori, per noi spaventose, i 100 che hanno osato esprimersi, hanno denunciato gravi vessazioni e ingiustizie: 88 si sono visti negato il diritto di rientrare in Patria, fra questi 7 nepalesi che volevano tornare dopo il terremoto del 2015; gli stipendi vengono pagati con mesi di ritardo, e ridotti, sono alla metà, rispetto alle promesse. In Qatar non si può cambiare lavoro a scadenza di contratto né lasciare il Paese senza il permesso dell’impresario. Infantino lo ammette, ma dice che grazie ai Mondiali, la legge è mutata. Solo sulla carta obietta Amnesty International, che invita a scrivere una lettera al Presidente della FIFA. Protesta anche Human Rights Watch e pure la FIFpro, il sindacato dei calciatori.
Ospite dell’Istituto americano di analisi sociale “Milken” fondato da Michel Milken, mago dei “junk bonds”, diventato ricco con le obbligazioni spazzatura ad alto rischio, Infantino ha affermato che, “quando dai lavoro a qualcuno, anche in condizioni difficili, gli dai dignità e orgoglio: l’America è un Paese fondato sull’immigrazione, e anche i miei genitori sono arrivati in Svizzera da emigranti”
Infantino ha ammesso 3 morti direttamente legati ai lavori di costruzione, quanti ne ammette il Qatar.
L’impresa sport è cresciuta al punto da diventare un fattore economico, sociale e culturale di portata mondiale, muove miliardi. La corruzione è pratica corrente: un voto, una decina di anni fa, valeva 50’OOO dollari, un capitale per un delegato africano, asiatico, caraibico.
Ciò che manca è soprattutto la statura, lo spessore umano; e l’onestà. Non resta che affidarsi alla Giustizia: a patto che indaghi a fondo, non come il procuratore elvetico Michael Lauber, che ne è uscito in malo modo. L’8 giugno a Bellinzona il Tribunale penale federale si occuperà nuovamente di Blatter e Platini che nel frattempo ha denunciato Infantino. Secondo l’ineffabile Michel, qualcuno lo ha “fatto fuori” dalla corsa alla Presidenza con accuse infondate.
Nei testi in rete che parlano di Infantino, l’Agenzia di viaggi “GetYourGuide”, sotto un primo piano di Al Capone, propone un “Tour di 2 ore a piedi fra gangster e fantasmi”. Accostare la Fifa ai gangster di Chicago?
Casuale, dai, su con la vita. E attenti a non sporcare il “nido” rossocrociato…
Immagine ILO/Apex Image
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