La cicatrice dorata
L’ultimo discorso di Boas Erez e il futuro dell’USI
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
L’ultimo discorso di Boas Erez e il futuro dell’USI
• – Pietro Montorfani
Filippine al voto: la corruzione dell’ecosistema informativo per Maria Ressa, Premio Nobel per la pace, e CEO di “Rappler”, è una delle più grandi crisi del nostro tempo
• – Loretta Dalpozzo
La crisi spinge verso nuovi scenari: progetti per una 'mondializzazione' divisa per aree geografiche compatte culturalmente ed economicamente; i vantaggi ma anche il rischio di ripetere gli errori della mancata governance politica del fenomeno
• – Aldo Sofia
La guerra in Ucraina scatena un’accesa controversia che rimette in discussione il sacrosanto principio della neutralità
• – Daniele Piazza
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Checché ne dicano i ‘complessisti’, i se e i ma mi suonano stonati quando sono in ballo i valori del nostro ordinamento liberaldemocratico
• – Redazione
E quelle di chi non sa più quali siano le ragioni. O non crede che ce ne siano
• – Enrico Lombardi
Dopo le scandalose parole del capo della Fifa in merito alle denunce su migliaia di lavoratori morti per preparare i mondiali in Qatar, l’intera impresa “Grande Sport” andrebbe messa sotto tutela: ma da chi?
• – Libano Zanolari
Del come schivare Putin e le sanzioni
• – Silvano Toppi
Secondo uno studio presentato recentemente dal SISA un terzo dei giovani ticinesi che frequentano le scuole post-obbligatorie presenta sintomi gravi o molto gravi di depressione
• – Enrico Lombardi
Se è vero che i simboli hanno un peso, tanto più all’interno di istituzioni che si inseriscono in una storia secolare, l’ingresso trionfale di Boas Erez in aula magna con tanto di collana rettorale – un oggetto mai visto prima di ieri in riva al Ceresio – seguito da alcuni omologhi di atenei svizzeri e stranieri, pure ingioiellati e alcuni persino togati, non poteva che ribadire l’importanza di un ruolo che nelle ultime settimane è stato in parte depotenziato. Indipendentemente dai punti di vista, e senza voler scadere in una banale interpretazione in termini di giochi di potere, è innegabile che la presidenza del Consiglio abbia avuto la meglio sulla direzione del Rettorato (il CdA ha “vinto” sul CEO, per tradurla in brutale lessico manageriale) e ricordare ai presenti il prestigio della figura apicale del mondo accademico ha rappresentato, per l’oramai ex-rettore, un’elegante quanto significativa uscita di scena.
E significativo è stato tutto il lungo intervento di Boas Erez dedicato al Ruolo dell’università, un tema scelto da tempo che ha finito per diventare una sorta di testamento dei suoi sei anni di rettorato, nonché una risposta indiretta alle incomprensioni degli ultimi mesi. Da persona non sempre a suo agio dietro il microfono, Erez ha stupito per la scioltezza e la profondità del suo argomentare, attraversando questioni cruciali del nostro tempo come l’(in)affidabilità della scienza e la pervasività della tecnologia, richiamando alla mente dei presenti l’intero spettro delle ambizioni e delle responsabilità che sono insite nell’istituzione universitaria. Il suo è stato un intervento da intellettuale puro, che non teme di usare termini quali “verità” e “realtà” e che sa leggere criticamente le questioni con cui si confrontano quotidianamente docenti e studenti. Un uomo capace di visioni, che al termine del suo discorso si è meritato una spontanea standing ovation – tra le file, filtravano commenti del tipo “però è peccato perdere un rettore così”. All’indirizzo della Presidente Monica Duca Widmer, per chi l’ha saputa cogliere, è stata lasciata cadere da Erez soltanto una velata allusione al controllo esercitato dal Consiglio dell’USI sulla sua attività e sulla sua persona, cui non sarebbe corrisposta un’adeguata check list (il contre-rôle, il contro-registro suggerito dall’etimologia francese). I patti, sembrerebbe di capire ancora una volta, non erano chiari, o perlomeno non lo erano per entrambi i fronti.
Oggi l’Università della Svizzera italiana è un po’ come il vaso di ceramica del XVI secolo, di proprietà della collezione Montgomery, esposto per l’occasione in una teca in bella mostra a pochi metri dal palco: una cicatrice dorata, solida per quanto attiene ai numeri delle facoltà, degli istituti e degli studenti (mai così tanti), eppure lacerata nel profondo a causa di una decisione che ancora si fatica a comprendere in tutte le sue implicazioni. Le interviste concesse in giornata da Erez alla RSI hanno lasciato trapelare, grazie alla ferma ma dolce insistenza di Chiara Nacaroglu e Giorgia Roggiani, qualche nuovo dato: su tutti il fatto che il “consenso” sia stato solo sull’interruzione della collaborazione, non però sui tempi. Stringere i denti e pazientare non è forse un’abitudine nelle corde della Presidente del Consiglio; o forse, chissà, lo ha fatto anche troppo e la situazione, sul piano strettamente amministrativo, era davvero così seria e bisognosa di un intervento drastico ed immediato. Se è così, un supplemento di spiegazioni a favore della popolazione ticinese, magari anche per voce del ministro cantonale della pubblica educazione, o della commissione parlamentare di controllo, sarebbe auspicabile. Anche soltanto per ripartire con rinnovato slancio. L’università – era uno dei punti cardine dell’intervento di Erez – è fiducia, e questa fiducia va oggi in parte ricostruita.
Immagine dal servizio della RSI
È nata la “Swift’s economy”, dal nome della cantautrice americana di enorme successo, che con gli ultimi suoi concerti ha animato l’economia americana con un giro d’affari di...
Prima ideologico, tanto da difendere l’intervento sovietico contro la rivolta in Ungheria, poi sempre più convinto che l’approdo naturale del PCI dovesse essere il “campo...