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Dalle Alpi alle Piramidi

A quanto risulta la parola “Schnee” (neve) è stata una delle più utilizzate negli ultimi giorni festivi natalizi in Svizzera (sino a 4 mila messaggi in un mattino). La neve è stata anche tra le immagini più presenti e più condivise e più augurali. Messaggio subliminale, che porta all’infanzia, all’incanto della natura, al candore che illumina, nasconde lo sporco e ridisegna il mondo oppure commemorazione del tempo che fu? C’è infatti chi si è anche divertito a presentare le piramidi d’Egitto coperte di neve. Forse voleva dire che ormai non la trovi più sulle Alpi, se non con lingue tristemente artefatte e tracciate, o che anche la neve è diventata memoria antica, senza neppure possibilità di futuri ricuperi archeologici.

Dal ginepro alla coltre alpina

C’è però un altro modo, scientifico, per scoprire come la neve era e come è andata scomparendo. Ce lo rivela la prestigiosa rivista “Nature Climate Change” (Recent waning snowpack in the Alps). Ricercatori italiani (Università di Padova) hanno scoperto che il ginepro comune, asssai diffuso, quando si trova in alta quota, cresce orizzontalmente molto vicino al suolo ed è in grado di registrare nei suoi anelli di accrescimento la durata della copertura nevosa; infatti, la sua stagione di crescita dipende da quanto precocemente riesce ad emergere dalla coltre bianca che lo ricopre. Per farla breve e in pratica: si è aggiunto ad una constatazione visiva, una conferma natural-scientifica: si è infatti potuto appurare che nell’ultimo secolo la durata della coltre nevosa si è accorciata di oltre un mese. E non è solo una questione di turismo sciistico o di impianti di risalita. Quella coltre così accorciata significa anche meno acqua (perdipiù usata ora per creare neve artificiale) e minore energia idroelettrica. Ma già, chi crede a questi scientifici stravaganti? Non sarà un trucco ideologico?

Da Pechino al Grand-Bornand passando per Doha

Vuoi per la coltre accorciata, vuoi per il caldo seccagno, l’anno appena trascorso è stato un anno “sportivo” tutto artificiato. Si è cominciato a Pechino in gennaio (Giochi Olimpici d’inverno) con la neve artificiale per il trampolino di sci, con sullo sfondo, quasi a stacco eloquente, un nero complesso siderurgico. Si è capitati in novembre a Doha (Coppa del mondo di football) con stadi climatizzati in pieno deserto. Tra mezzo, in luglio, si era già passati sulle strade francesi (Tour de France) annaffiate d’acqua perché l’asfalto si fondeva e moltiplicava le ammucchiate capitombolesche. A metà dicembre, poi, si son viste lunghe file di camion portare neve artificiale al Grand-Bornand (Alta Savoia) per permettere lo svolgimento del “grand prix de biathlon”. Tra un anno e l’altro hanno sparato o stanno sparando sulle Alpi svizzere quasi mille cannoni (ne ho contato 948, secondo i dati forniti dalle varie stazioni) trasformando interi bacini d’acqua preventivamente accumulata in neve artificiale, spesso inutilmente per temperature troppo alte.

Da Copernico… al tutto gas

Un rapporto del Copernicus Climate Change Service, sulla base di tutte le sue meticolose analisi, giunge negli scorsi giorni alla conclusione che nel 2022 la concentrazione media di CO2 nell’atmosfera (pari a 447 parti per milione) è certamente la più alta che l’essere umano abbia sinora registrato. Oltre al biossido di carbonio o anidride carbonica, è preoccupante anche la concentrazione media di metano, la più alta sinora registrata dai satelliti. Si spiega- come se ce ne fosse ancora bisogno- “che i gas serra, tra cui l’anidride carbonica e il metano sono i principali responsabili del cambiamento climatico”, aggiungendo che “dalle nostre attività di monitoraggio possiamo constatare che le concentrazioni atmosferiche continuano ad aumentare, senza segni di rallentamento”. 

Non rallentano perché non rallentano le emissioni, legate all’aumento dei consumi di petrolio e carbone. con il quale si torna a produrre energia elettrica per coprire anche la riduzione legata al crollo della produzione idroelettrica (38 per cento in nove mesi), crollo che è conseguenza della siccità, altro effetto dei cambiamenti climatici (nel 2022 il mondo ha registrato il quinto anno più caldo in assoluto).

E’ stato calcolato che nel mondo sono stati spesi in un anno 731 miliardi di dollari come aiuto finanziario per il sostegno dei combustibili fossili e, quindi, del loro consumo, o con alleggerimenti fiscali o versamenti diretti (aiuti alla pompa). L’unico paese europeo che ha abolito ogni sussidio per le energie fossili è l’Islanda. Il Fondo Monetario Internazionale ha però calcolato che se si tenessero in conto i costi per l’ambiente e la salute (le famose “esternalità” di cui non si tiene conto), l’aiuto ai combustibili fossili (e al loro consumo) ammonterebbero a 5.900 miliardi di dollari. Se questi costi indiretti fossero tenuti in considerazioni, le emissioni mondiali di CO2 crollerebbero di botto almeno di un terzo.

Dal far tramontare il Sole… al Rösti federale

Una start-up americana ha annunciato negli scorsi giorni di aver inviato nella stratosfera, a 20 chilometri dalla superficie della Terra, un pallone-sonda per liberarvi diossido di zolfo che dovrà impedire a una parte dell’irradiamento solare di raggiungere la nostra atmosfera e lottare in tal modo contro il riscaldamento del nostro pianeta. Un progetto che si affida alla tecnica per risolvere tutto e lo si deve a un’impresa dal nome eloquente (e fors’anche folle?): Make Sunsets. Quanto a dire “fare o facciamo dei tramonti di Sole”! 

Quindi, in altre parole, invece di intestardirsi a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, ritenute causa degli sconvolgimenti climatici, impediamo al Sole, con il suo calore, di raggiungere la superficie terrestre. Per i conti economici: con una decina di miliardi di dollari all’anno potremmo ridurre, creando tra l’altro nubi poeticamente arancione, di circa 1 grado centigrado la temperatura media. Affare fatto. 

In Svizzera, invece, non tramontano e brillano star/up che oscurano il sole. Si sostiene, ad esempio, nonostante quel che capita e di cui ci si lamenta nelle zone alpine o valligiane, che il problema è essenzialmente “ideologico” (disse Chiesa, capo Udc). Quanto a dire che, se esiste, è colpa degli ecologisti o dei fanatici Verdi o della sinistra in genere. Da annientare. E la stessa Udc ha avuto partita vinta, con questa “fissa”, conquistandosi subito, alla prima occasione, il Dipartimento dell’ambiente (ex-della famigerata e ideologa Sommaruga) con il neo-Rösti, novello Giosué che ferma il Sole. La cosa non sembra aver scombussolato un granché l’opinione pubblica (la gente), in preda al carobenzina o al terrore energetico, i politici, persino la stampa. Ha colpito invece la stampa estera che si è chiesta come mai un rappresentante per numerosi anni dell’associazione Swissoil, che raggruppa i commercianti di combustibili, e coautore del testo contro la nuova legge climatica (referendum promosso dall’udc, già riuscito) sia arrivato in Svizzera a diventare responsabile di clima e ambiente. Bel busillis “democratico” svizzero, si dicono (v. ad esempio Le Monde del 31 dicembre). 

Un tale corrispondente da Ginevra commentava comunque lapidario negli scorsi giorni: e la Terra se ne frega dei referendum svizzeri.

Nell’immagine: illustrazione dal sito di Make Sunsets






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