La propaganda contro la legge sul clima sembra ispirata dai russi o dallo stesso Putin
Scenari apocalittici evocati per contrastare l’attenzione verso la transizione ecologica inducono a immaginare che presto si arriverà a fare come in Russia: considerare l’ambientalismo anticostituzionale
Appare ormai molto probabile, anche sulla base di un semplice confronto assai eloquente tra i materiali che ora abbiamo a disposizione, che il comitato “anonimo” che fa campagna contro la legge sul clima (18 giugno) e che con spese rilevanti (ma – altra curiosità democratica – da dove proverranno questi soldi?) ha invaso (termine in uso per altra guerra) le nostre cassette delle lettere in questi giorni, si sia ispirato e quindi rafforzato nel metodo e in buona parte anche nei contenuti della propaganda (adeguatasi alla realtà svizzera) ad un analogo comitato russo di cui, manco a dirlo, è fautore e capo lo stesso onnipresente Putin. Non ci si creda, la si pensi come si vuole, ma si faccia il confronto con quanto succede in Russia e una domanda rimane ed è più che lecita: non è che si sta copiando dai russi? Con una differenza importante, d’accordo: là le cose sono più facili e il metodo è solo uno.
Si veda come in Russia viene trattato il tema “ambientale”. Il ramo russo del Fondo mondiale per la natura (WWF) è stato anch’esso classificato “agente straniero”. Il Ministero della giustizia l’accusa di aver “tentato di influenzare le decisioni delle autorità russe” e di avere “impedito la realizzazione di progetti industriali e di infrastrutture” con il pretesto di salvare il clima e difendere l’ambiente. Poco dopo è stata la volta anche di Greenpeace – la cui sede sociale è in Olanda – ad essere dichiarata “indesiderabile” e quindi illegale perché “è una minaccia straniera alle fondamenta dell’ordine costituzionale e della sicurezza russi”, con lo scopo di “rovesciare il potere in maniera anticostituzionale”.
La pressione in Russia sugli ecologisti non è nuova. Negli ultimi dieci anni più di 35 organizzazioni non governative legata all’ambiente e alla sua protezione sono state registrate come “agenti dello straniero”, “minaccia per la sicurezza”, costringendole allo scioglimento (sono dati forniti dall’Ecological Crisis Group, una iniziativa di sostegno ai militanti ecologisti).
Nel contesto della guerra in Ucraina, costosissima per le finanze dello Stato, una delle giustificazioni per annientare le azioni ecologiste è quella di difendere le imprese da costrizioni dovute a misure ambientali dando invece priorità all’economia e al “benessere” per tutti. Con l’”operazione militare speciale” (invasione Ucraina) tre zone forestali presso Mosca sono state rase al suolo in pochi giorni per accogliere nuovi sistemi di difesa aerea (forse impressionati dalla facile invasione di droni sul Cremlino). Quando gli abitanti (e gli ecologisti) hanno voluto opporsi a questi progetti distruttivi, l’etichetta “sicurezza nazionale” ha impedito ogni possibile ricorso.
Rimane forse una nota positiva: l’ecologia appare, nonostante la dura repressione che richiama i tempi sovietici, come l’ultimo spazio dove le persone osano ancora esprimere dei diritti.
Chi riesce a leggere la costosissima propaganda contro la legge sul clima, finanziata e sostenuta da tutta l’agguerrita compagine nazionale e cantonale Udc (benché il suo consigliere federale, posto all’ambiente, abbia fatto retromarcia e la sostenga…per dovere collegiale), potrebbe legittimamente chiedersi se, considerate le catastrofi nazionali annunciate qualora fosse accettata dal popolo, anche da noi, su imitazione russo-sovietica, non si arriverà a dichiarare tale legge come anticostituzionale e dannosa per il paese.
Da lì al mettere così al bando tutte le camarille ecologiste che la sostengono, il passo sarebbe brevissimo, in barba al fatto che fra le loro varie istanze ci sarebbe quella, in materia energetica, di liberarsi dalla dipendenza straniera: già, proprio quella preoccupazione così cara all’Udc, che in questo caso, per un ennesimo paradosso, il partito di maggioranza relativa nel Paese pare proprio non voler considerare.