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Aldo Sofia
Aldo Sofia
“Wanted” Putin e l’amico cinese
• 18 Marzo 2023 – Aldo Sofia

Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole

Va subito ricordato. Nessuna delle tre capitali imprescindibili per decidere la continuazione della guerra in Ucraina o la sua fine (Mosca, Washington, Pechino) aderisce alla Corte Penale Internazionale (CPI, a cui la Svizzera collabora), che ieri ha emesso un ordine di cattura contro Vladimir Vladimirovic Putin per crimini contro l’umanità: nello specifico “per aver deportato bambini e adolescenti ucraini in Russia”. In particolare, sono diversi i casi di netto rifiuto statunitense di consegnare militari a Corti straniere intenzionate a processarli perché ritenuti colpevoli di aver commesso delitti in violazione delle norme che anche in guerra dovrebbero evitare torture, sequestri, sparizioni, arresti senza processo (Guantanamo vi dice ancora qualcosa?).

Ma non è solo per questa vistosa incoerenza, per questa plateale lacuna, che il presidente russo non sarà catturato, non sarà arrestato in uno dei 148 paesi firmatari, non sarà consegnato all’Aia, né rinchiuso nelle celle che già hanno ospitato Slobodan Milosevic, suicida in carcere, e il suo compare Mladic, condannato all’ergastolo per la tragica pulizia etnica realizzata in Bosnia, e neppure potrà essere processato in contumacia, visto che la CPI può procedere unicamente col presunto colpevole presente in aula. La Russia non lo permetterà mai, verosimilmente anche nell’ipotesi, oggi del tutto inverosimile, di uno zar destituito e di un cambio al vertice del Cremlino.

Ha dunque torto Carla del Ponte nel condividere le ragioni del passo compiuto dal Tribunale internazionale? Sbaglia nel giustificarlo anche con questa spiegazione: “Finora, per l’esperienza che ho di crimini di guerra, l’ex Jugoslavia, il Ruanda, la Siria, non mi era mai capitato di vedere un simile comportamento criminale, che consiste nel voler sradicare l’identità di un popolo”? Non è certo una “naïve” l’ex procuratrice dell’Aja, e lo ha ricordato nel libro di memorie in cui riassume i motivi del fallimento (anche per volontà e ‘ordini superiori’) di portare alla sbarra il macellaio di Damasco, Bashir el Assad. Quello che la Del Ponte vuole innanzitutto segnalare è la radice stessa del dramma ucraino: e cioè la più volte ribadita convinzione di Putin (tesi assai pubblicizzata anche per mobilitare l’opinione pubblica interna) del fatto che l’Ucraina come Stato “non esiste”, che fa parte in modo naturale e indissolubile della Madre Russia. Da qui (anche attraverso un allucinante articolo della semi-ufficiale RIA Novosti, comunque mai smentito dal Cremlino) il programma di denazificazione dell’intera nazione, non solo di Zelensky e della sua “banda di drogati e nazisti”.  Progetto al limite del “mnemocidio”. L’odierna accusa di migliaia di bambini ucraini sottratti alle loro famiglie, deportati in Russia, da ‘proteggere’ secondo la motivazione ufficiale ma anche da ‘rieducare’ stando alle vecchie logiche staliniane, è del resto, insieme a tutte le altre imputazioni possibili per la strage di civili, una delle più gravi. 

Ma la decisione del procuratore generale della Corte penale non ha conseguente unicamente sul piano dell’immagine internazionale di Putin, già sufficientemente cristallizzata e subito difesa dai suoi sodali e “bastonatori verbali” (come al solito, in prima fila Medvedev, uomo di paglia, ex capo del governo e dello Stato, ora numero due del Consiglio di sicurezza, che ha definito il mandato di cattura “carta igienica”), ma anche su quello più strettamente politico. Si tratta di un passo che evidentemente rischia di non facilitare quel po’ che ancora si può immaginare su eventuali tentativi diplomatici per ottenere almeno una tregua o un cessate il fuoco come premessa indispensabile a eventuali tentativi di pace. Un Putin messo all’indice e umiliato all’estero, e di questa umiliazione si servirà in Russia per alimentare l’orgoglio nazionale e popolare dell’ex potenza “che si gioca la sua stessa esistenza” – come lo zar ha ripetuto negli scorsi giorni -, potrebbe risultare ancor meno invogliato a concessioni anche minime.

Vedremo se e con quali conseguenze già nell’imminente visita a Mosca del dittatore cinese Xi Jinping. Latore di un piano di pace finora discusso unicamente con Putin. Progetto che Washington, con mossa politicamente e tatticamente discutibile, ha deciso di non approfondire e ha subito scartato, anche se, nonostante i contorcimenti su sui si sviluppa, il piano di Pechino cita il diritto di ogni nazione a frontiere sicure e riconosciute internazionalmente. Ma quali frontiere?  Quelle dell’Ucraina indipendente, nata trent’anni fa sulle macerie del crollo dell’Urss? Oppure quelle ridisegnate dalla Russia attraverso la violenza delle acquisizioni militari?

Nell’immagine: Putin con Maria Lvova-Belova, commissaria russa per i bambini. Anche nei suoi confronti è stato emesso il mandato di arresto della CPI per la deportazione dei bambini ucraini dalle zone occupate.

 






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