La strana sentenza del processo Francia-UBS
La banca svizzera paga complessivamente 1 miliardo di euro, ma la multa comminata dall’odierno verdetto è di mille volte inferiore a quello di prima istanza
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La banca svizzera paga complessivamente 1 miliardo di euro, ma la multa comminata dall’odierno verdetto è di mille volte inferiore a quello di prima istanza
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La banca svizzera paga complessivamente 1 miliardo di euro, ma la multa comminata dall’odierno verdetto è di mille volte inferiore a quello di prima istanza
Bisognava esserci, nell’aula delle udienze della Corte d’Appello a Parigi, e ascoltare la lettura della sentenza contro UBS e UBS-Francia, per comprendere lo stato preoccupante in cui versa la giustizia francese.
Immaginate: un’aula strapiena di avvocati, dirigenti della banca, giornalisti, tutti di fronte ai tre magistrati che in settembre avevano rinviato il verdetto nel più importante ‘affaire’ finanziario mai affrontato da un tribunale francese. Microfoni difettosi, un presidente con una voce poco udibile e che si rifiuta di ripetere l’ammontare delle sanzioni, poi un gran caos per capire se la pena inflitta parla di milioni (come sarà) o di miliardi (come era stato invece in occasione del giudizio in prima istanza). I fatti parlano da soli: il processo ‘UBS contro Stato francese’ equivarrà, alla luce di questo secondo verdetto, a un appuntamento mancato.
Una sola cifra riassume il nostro disorientamento: la multa di 3,7 milioni di euro inflitta alla banca svizzera, è di mille volte meno della multa emessa in prima istanza. Mille volte meno, anche se i fatti illegali per i quali sono state condannate UBS e la sua filiale francese – “riciclaggio aggravato dalla frode fiscale e pratica bancaria illecita” commessi su suolo francese fra il 2004 e il 2012 – sono rimasti gli stessi, e anche se fra una sentenza e l’altra nessun elemento nuovo è stato aggiunto al dossier, e gli argomenti dell’accusa e della difesa sono rimasti esattamente gli stessi già presentati una volta.
Va aggiunta poi la decisione dei giudici di confiscare alla banca 1 miliardo di euro, su 1,1 miliardo di cauzione versato da UBS sette anni fa. Difficile venirne a capo, se non pensando a un ‘bricolage’, a un ‘kit fai da te’, sotto forma di problematica e falsa mossa in tre tempi: sì, l’intima convinzione dei giudici è che la banca svizzera sia colpevole; no, l’inchiesta e i racconti dei testimoni non hanno permesso di trovare prove decisive sulla messa in funzione di un meccanismo che consentisse ai Francesi di frodare il loro fisco; e, infine, tanto peggio per l’accordo bilaterale Svizzera-UE del 2004 sulla fiscalità del risparmio, che gli istituti bancari elvetici considerano uno scudo.
Un tale ‘bricolage’ – che potrebbe approdare in cassazione – non è all’altezza del carattere emblematico di questa vicenda, epilogo giudiziario di decenni di segreto bancario. L’avevamo capito, la giustizia francese voleva fare dell’UBS un caso esemplare, usando un grosso martello. Lo ha fatto. Ma sbagliando l’angolatura, e, soprattutto, mancando il chiodo giusto. È dunque questa crepa nel martello della Repubblica a rimanere come finale dell’eterno duello tra la frode e la legge.
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