Non chiamiamolo centro educativo chiuso minorile
Perché sostenere un progetto di 'accoglienza e osservazione' per ragazzi problematici da 15 a 18 anni
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Perché sostenere un progetto di 'accoglienza e osservazione' per ragazzi problematici da 15 a 18 anni
• – Redazione
Dal Voltaire che pesa alla gigioneria dello Spettacolo dei libri… senza libri
• – Silvano Toppi
La letterina ai No-Vax di Luciana Littizzetto
• – Redazione
"L'uomo che aspira a salvare il Pianeta e a darcene un altro dove potremo abitare": Elon Musk persona dell'Anno 2021 di “Time”
• – Redazione
Quando ogni questione si traduce in seggi ed interessi di bassa… lega
• – Enrico Lombardi
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Paradossi del “Summit for Democracy”, platea al servizio degli interessi statunitensi
• – Aldo Sofia
La strana stagione di un'economia in ripresa ma con troppi interrogativi
• – Aldo Sofia
Intervista a Roberto Antonini, il collega della RSI che con Philippe Blanc è all’origine della serata speciale RSI
• – Redazione
Un verdetto di estradizione verso gli Stati Uniti contro diritti umani, libertà di stampa e verità storica
• – Aldo Sofia
Perché sostenere un progetto di 'accoglienza e osservazione' per ragazzi problematici da 15 a 18 anni
Chiariamo subito: il progetto in discussione da anni e che approderà probabilmente in Gran Consiglio nei prossimi mesi, non prevede la costruzione di nessun carcere minorile. I minorenni che compiono reati rilevanti dovranno continuare a recarsi fuori dai confini cantonali. Inutile quindi evocare gravi fatti di cronaca nera minorile: l’eventuale unico posto a disposizione del Magistrato dei minorenni riguarderà solo l’espiazione di misure brevi per reati minori, massimo 14 giorni, spesso potendo durante il giorno recarsi a scuola o al lavoro.
Il progetto educativo – i cui dettagli non sono ancora stati definiti e dovranno essere approvati, sia dai servizi specializzati cantonali che da quelli federali – prevede invece soprattutto la creazione di 8 posti di “accoglienza e osservazione” per minorenni dai 15 ai 18 anni (con eccezioni fino ai 12 anni). Ragazzi e ragazze in estrema sofferenza, che non hanno agganci efficaci con servizi e strutture e necessitano di un “periodo di distacco” dalla famiglia e dal loro contesto. Il collocamento è stabilito perlopiù da un’autorità di protezione e può durare al massimo tre mesi. Un periodo corto da utilizzare al meglio per “agganciare” educativamente il giovane e stabilire di comune accordo un progetto per il futuro.
In questa struttura, si prevede di ospitare anche un posto a disposizione di giovani (15-18 anni) che vivono in un Centro educativo minorile che, a causa di comportamenti estremamente difficili, rischiano di essere allontanati perché “non più gestibili”. Un collocamento di al massimo tre mesi – pure ratificato da un’autorità di protezione – inteso come possibilità di fare una “pausa” ed essere così in qualche modo protetti meglio.
In tutti i tre casi, mi pare del tutto inopportuno porre l’accento sul carattere repressivo e disciplinare della nuova struttura. Bisogna fare in modo che gli educatori dispongano degli strumenti adeguati a poter operare con efficacia. Misure come la contenzione fisica, previste nella bozza del Consiglio di Stato, devono essere categoricamente escluse. Cinghie o camicie di forza non sono più misure immaginabili per nessuno, tanto meno per dei minorenni: nella clinica psichiatrica cantonale, in un ambito di pazienti adulti, l’ultima contenzione fisica è avvenuta nel giugno del 2016! In generale, le misure disciplinari e le limitate restrizioni della libertà necessarie in questo particolare contesto devono essere descritte come delle ponderate eccezioni alla norma e non viceversa. Vanno garantiti i diritti di ricorso e la supervisione esterna di una commissione di controllo, a beneficio di tutti, ospiti e personale.
La Commissione Diritti e Giustizia e il Gran Consiglio hanno l’opportunità e il dovere di correggere in tal senso il Messaggio governativo ormai piuttosto datato e porre delle basi legislative adeguate ai veri obiettivi che si vogliono perseguire. Si tratta in sintesi di allontanarsi dall’idea di riformatorio e di offrire un luogo di accoglienza estremamente specializzato, caratterizzato anche da regole precise e confini educativi rigorosi, per permettere ai giovani e alle famiglie di beneficiare di un “Time-out”. Questi giovani in estrema sofferenza sono spesso loro stesse vittime di situazioni personali, famigliari e sociali molto difficili. A volte, la violenza emerge in quanto vittime di altra violenza o di situazioni ingestibili. Occorre innanzitutto offrire un approccio relazionale e terapeutico, in quanto purtroppo molte malattie psichiche si manifestano vieppiù precocemente. Infatti, parallelamente a questo centro, sono più che mai necessarie maggiori e nuove risposte integrate sul territorio in ambito pedo-psichiatrico.
Di sicuro, non serve a nessuno un Centro educativo chiuso che assomiglia ad un carcere minorile, ma che tuttavia accoglierà soprattutto giovani per un periodo di osservazione. Urge invece un Centro di accoglienza specializzato per minorenni con un forte carattere di protezione e allo stesso tempo ben integrato con i servizi territoriali. Un nuovo centro educativo di protezione che potrà accogliere anche una camera a disposizione del Magistrato dei minorenni, per saltuarie misure di brevissima durata.
La legge sull’elettricità in votazione il 9 giugno indispensabile per l’approvvigionamento energetico svizzero e la protezione del clima - Di Matteo Buzzi
Un altro Pifferaio magico ammalia il Municipio di Lugano? Di Raoul Ghisletta