La trave nell’occhio
Appunti televisivi: chi decide i contenuti, i dirigenti o il gusto del pubblico e la maggioranza dei consensi?
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Appunti televisivi: chi decide i contenuti, i dirigenti o il gusto del pubblico e la maggioranza dei consensi?
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Appunti televisivi: chi decide i contenuti, i dirigenti o il gusto del pubblico e la maggioranza dei consensi?
Le televisioni commerciali stanno orientando i contenuti e pure il servizio pubblico, quello del canone, si sta pericolosamente adeguando. A proposito della RSI: accanto a trasmissioni di storica fattura e collaudata consistenza e di approfondimenti di apprezzata qualità, ci sono trasmissioni che non contribuisco a innalzare il quoziente intellettivo : diciamo che non agevolano i processi cognitivi. La strada percorsa è piuttosto quella paventata da Giovanni Sartori: dall’Homo sapiens all’Homo Videns all’Homo Insipiens.
Mi pare che la giornalista citata in apertura, certamente più esperta del sottoscritto e di giudizio assennato, confermi. Le proclamate intenzioni di far sempre meglio sono rimaste sulla carta. Il gigionismo, il lazzo ridanciano, la vanesia autoreferenza corredano alcune novità del palinsesto e non sembrano arretrare. E non manca l’enfasi populista di chi vuol andare verso la gente aprendo il microfono alla ciarla da bar senza alcuna mediazione critica; tutto è lecito, tutto è interessante; perfino le sconcertanti banalità sono sdoganate come considerazioni intelligenti: è la voce della gente secondo il conduttore, anche lui, per l’occasione, “parlatore da bar”. Al cospetto di questi spettacoli, chi reputa radio e televisione dei facilitatori di processi cognitivi deve per forza ricredersi. Scivoliamo negli insidiosi anfratti della sottocultura quando si avallano certe iniziative: un esercizio bislacco, di spiccata autoreferenzialità, che tracima nel cattivo gusto. Non mi sembra un contributo particolarmente felice per la buona causa. L’ottima promozione del libro e del pensiero intelligente ce la offriva, tanto per fare un esempio, Bernard Pivot [nell’immagine, ndr] su Antenne 2: presentava scrittori noti, poco noti e premi Nobel nella trasmissione Apostrophes: altissimi gli indici d’ascolto. Cessò nel 1990 ma forse varrebbe la pena di ripescarla negli archivi e carpirne qualche suggerimento. Ma non è facile cambiare in meglio certe impostazioni: prevale e prevarica la funzione dell’intrattenimento come pura evasione e disimpegno. In questo modo – ci dice l’autore di Homo Videns – si “disattiva la nostra capacità di capire i problemi”. Mi dicono che la funzione educativa e pedagogica della radiotelevisione è esaurita fin dagli anni ’80 e oggi a pesare è la concorrenza fra pubblico e privato: in questa contesa l’audience impone le sue regole (e quasi sempre premia la bassa qualità). Una domanda: ammesso (e non concesso) che la televisione pubblica abbia perso la funzione educativa e pedagogica di altri tempi, perché si accetta che assecondi pericolosamente e troppo spesso le logiche e le abitudini diseducative e superficiali di tante televisioni commerciali? C’è sempre di mezzo l’audience o il basso costo di taluni prodotti?
Io reputo che la televisione abbia una grande responsabilità perché diffonde modi di pensare, impone forme espressive di ogni genere, omologa comportamenti. E quindi continuo a ritenere che abbia ragione quel tale direttore della BBC. Raccomandava un sapiente equilibrio fra tre funzioni: 1. educare, 2. informare, 3. intrattenere. Se la terza funzione fagocita le altre con eccessiva disinvoltura, e mi pare che così sia, c’è qualcosa di storto da raddrizzare.
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