Le baruffe chiozzotte via social
Cantanti e musicisti che litigano online e si mandano a quel paese, in un’estate che per fortuna ha altro e di meglio da offrire
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Cantanti e musicisti che litigano online e si mandano a quel paese, in un’estate che per fortuna ha altro e di meglio da offrire
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Cantanti e musicisti che litigano online e si mandano a quel paese, in un’estate che per fortuna ha altro e di meglio da offrire
Tiene impegnate legioni di social-fans del mondo musicale italiano, la querelle (che forse è troppo dire) fra due cantanti, Paolo (Pablo) Meneguzzi e J-Ax. Tutto è nato da un’intervista in cui Meneguzzi afferma che il panorama musicale di quest’anno non offre nulla di rilevante e come esempio porta la hit estiva di J-Ax – Fedez e Annalisa “Disco Paradise”. Immediata la reazione di J-Ax con post a raffica fino ad arrivare ad una canzone (rap, forse) molto dura nei confronti del “nemico”. In merito, ecco le considerazioni di Gianluca Verga.
Non ho seguito e non voglio seguire la polemica a distanza, qualora proseguisse tra Meneguzzi e J Ax. Quando è scoppiata la social-novela ero a Roma, in dolce compagnia a rimirar il “Giudizio Universale”, seduto ai bordi della Cappella Sistina col naso all’insù o forse a refrigerarmi all’ Ara Pacis, al cospetto dell’altare voluto da Cesare Augusto per suggellare la Pax romana. Faceva caldo, molto, questo lo ricordo. Probabilmente allora ero nell’assolato Parco della musica a rifarmi gli occhi sul cartellone prossimo venturo – da urlo – sorseggiando una Becks (che è un mio piccolo, personale omaggio all’amico Ezio Bosso) mentre refoli di note dell’Orchestra di Santa Cecilia rimbalzavano tra i corridoi della struttura creata da Renzo Piano. Però non è escluso che stessi vagando tra il colonnato del Bernini, o magari rapito a sbirciare una pianista classica nel tramonto delle rovine del Teatro Marcello. Ma davvero nulla vieta che fossi ad assaporare un carciofo giudaico romanesco da Nonna Betta, quartiere ebraico, o un’amatriciana a Trastevere dopo aver assistito alla strepitosa performance di Sergio, busker tutto cuore, sudore e passione che ha irretito una folla internazionale con una manciata di classici del rock. Ovunque fossi potete capire che deambulando tra l’eternità risultano vacue, inutili, pura minutaglia le polemiche di questa levatura. Il senso della prospettiva da cui si osservano aiuta il distacco.
Non ho colto il senso perché scientemente non ho voluto legger nulla anche se, rientrando a Lugano mi hanno chiesto un parere. So che uno, il Pablo cantonale, si è reinventato fondando una scuola che cerca di offrire strumenti e prospettive ai cuccioli che anelano una carriera nel rutilante mondo dello spettacolo. Ma non mi sfugge che a breve presenterà un film accompagnato da eventi promozionali e, come sappiamo, un po’ di promozione non fa certo schifo. L’altro, J-Ax, ormai da decenni macina sostanzialmente tormentoni estivi il cui peso specifico è davvero scarso. E Dio sa quanto i primi album degli “Articoli” li abbia apprezzati, contribuendo anche al loro primissimo concerto che si svolse – e questa è storia – sul retro di un distributore Agip tra Cadenazzo e Quartino. Oltre ad averli più volte ospitati a Rete Tre. Ma non avendo letto o visto non esprimo un giudizio granitico, non ho in tasca la verità.
Era dai tempi della meravigliosa “querelle Morgan-Bugo” che i social non si infiammavano così. Ma rientrando sul Freccia Rossa Roma-Milano, giusto per ingannare il tempo e i paesaggi che sfilano dai finestrini inciampo su un’intervista a Manuel Agnelli che “involontariamente” contribuisce alle baruffe chiozzotte di questi giorni: Manuel, persona e artista di qualità, in sintesi afferma che “La generazione sesso, soldi e droga è al capolinea”, una bolla che sta per afflosciarsi come un soufflé. Un giudizio che personalmente condivido e, soprattutto, mi auguro. Quella dei rapper / trapper (o sedicenti tali) che inneggiano alla “riccanza” e alla sua volgare ostentazione quale finalità da perseguire, alla cocaina, alle “bitch”, alle Lamborghini nel senso della marca automobilistica, allo sballo, scordando, o non sapendo, come e quanto la cultura hip hop e la musica rap siano state strumenti sociali e culturali anche rivoluzionari, oltre che legittimo divertimento. E lo sono ancora in molte porzioni di mondo, soprattutto dove si annidano forti tensioni sociali e regimi autoritari o dittatoriali.
Proprio in queste ore, ad esempio, i Talebani bruciano strumenti musicali in Afghanistan, cercando così di cancellare espressioni e tradizioni, musicisti e memorie, storie e idee nella convinzione che la musica sia causa di corruzione morale. Avvenne anche nel 2012 in Mali, quando i musicisti furono messi al bando, alcuni impiccati, le stazioni radiofoniche chiuse. È in Mali e più tardi in Iran o durante la “Primavera araba” che la rivoluzione transitò anche attraverso le rime dei alcuni rapper invisi al regime.
Ma di questa declinazione prettamente italica, supportata alla nausea dalle radio e televisioni commerciali e dalle piattaforme streaming mi piace sottolineare come durante il confinamento, quel tempo sospeso che abbiamo vissuto causa Covid, l’unica, diciamo così “categoria” di musicisti / artisti completamente assente è stata proprio questa. Quella dei nomi impronunciabili, dei singoli “one shot”, dell’autotune spinto al parossismo e dalle metriche dislessiche che si è rivelata incapace di offrire una lettura di un momento storico e sociale anche epocale, perché priva di sensibilità, cultura, poesia, intelligenza emotiva e strumenti atti a raccontare la realtà, anche dolorosa, imprevista e sconvolgente. E Agnelli prosegue: “È importante, anche se ovviamente non obbligatorio, che i musicisti prendano posizione. Purtroppo, quest’ultima generazione non ha una coscienza politica e neanche sociale. Una parte ce l’ha forse ambientale, ma per il resto ho notato negli ultimi anni una destrutturazione totale. C’è un menefreghismo imperante assecondato, in alcuni casi, da una forma di nichilismo che porta tutti verso atteggiamenti passivi”.
Una lettura a mio parare condivisibile che travolge una parte, perché è davvero solo una parte della produzione musicale; che però, causa anche l’ignoranza di chi è preposto alla produzione, promozione ed erogazione della musica “pop” e “leggera”, oscura sull’altare del facile Dio Denaro quella parte preponderante di chi cerca e offre anche qualità artistica, contenuto, bellezza, verità. Chi mette in circolo anche dubbi, riflessioni alternative o sperimenta i linguaggi artistici. Fermo restando che la leggerezza ha diritto di cittadinanza anche nella musica.
E sempre a proposito di Cappella Sistina e Giudizi Universali lo stesso Papa Francesco proprio tra gli affreschi del Michelangelo ha di recente paragonato gli artisti ai profeti in quanto “sanno guardare le cose sia in profondità sia in lontananza, come sentinelle che stringono gli occhi per scrutare l’orizzonte e scandagliare la realtà al di là delle apparenze.” E non credo si riferisse ai Rhove, ai Paky, agli Sfera Ebbasta e tutti coloro che cercano di presentarsi quali unici depositari della musica pop e leggera contemporanea. Quel Sfera Ebbasta sbertucciato nelle scorse ore da Bersani (Samuele), neanche a farlo apposta autore della splendida “Giudizi universali”, che in un video in cui si blocca l’autotune del “collega” coglie divertito l’assoluta inconsistenza del suo canto. E anche qui, dopo piccata e signorile replica (“Quando il cu.. brucia, parla la bocca”) apriti cielo; ovviamente nutrimento per i social dove tutti hanno diritto di esprimere il proprio parere, il proprio insindacabile Giudizio Universale.
Ho letto anche che “Dylan, Lou Reed e Battisti non sapevano cantare”, traducendo: non avevano una vocalità educata. Ma non cogliendo in molti il senso della riflessioni di Bersani (sempre Samuele) la chiosa l’affido proprio a Battisti che, in una storica intervista della Rai diede una ficcante risposta relativa alla liceità del suo canto: “Io non credo sia necessario avere una bella voce, io penso sia necessario, in una maniera o nell’altra, comunicare qualcosa.”
Chi mi regala un nuovo soggiorno a Roma? L’estate è ancora lunga….
E per chi proprio volesse, ecco il brano di J-Ax
Nell’immagine: Paolo Meneguzzi e J-AX
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