Le quote blu valgon di più!
Un simpatico video e il testo di due interventi letti durante le manifestazioni per il 14 giugno
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Un simpatico video e il testo di due interventi letti durante le manifestazioni per il 14 giugno
• – Redazione
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• – Franco Cavani
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• – Elvira Dones
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• – Redazione
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• – Redazione
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Ancora una volta si torna a raccogliere firme contro il servizio pubblico radiotelevisivo e online. E i mantra sono sempre gli stessi
• – Enrico Lombardi
I degni compari UDC e Lega riavviano la campagna delle frottole
• – Franco Cavani
Le donne ancora oggi sono quelle che di solito lavorano a tempo parziale, guadagnano meno degli uomini, si occupano ancora della famiglia: figli, genitori anziani, nipoti, suoceri, parenti malati. fanno molto volontariato e si occupano di molte cose che non sono retribuite.
Ora il parlamento ha previsto che si faccia la riforma AVS21 sulle spalle delle donne. Perché tocca sempre alle donne? Sembra di sentire un disco rotto: ciclicamente vengono proposti risanamenti di una qualche natura a scapito delle donne. L’AVS deve essere risanata? Ma non deve essere pagata dalle donne.
Già oggi le donne ricevono delle rendite pensionistiche inferiori di circa un terzo rispetto agli uomini. Nel corso dei prossimi 10 anni le loro rendite verranno ridotte di 7 miliardi. Così facendo alle donne verrebbero a mancare 26’000 fr. di reddito.
Quasi un terzo delle donne attualmente pensionate non percepisce alcuna rendita del 2° pilastro. Il valore delle pensioni per le donne è la metà di quello per gli uomini. Nei settori professionali a predominanza femminile, le rendite del 2° pilastro variano tra i 500 e gli 800 franchi. Sono già basse e non possono essere ancora abbassate.
La divario pensionistico è un’amara realtà. Mostra l’ineguale distribuzione delle opportunità lavorative tra i due sessi. La maggior parte delle donne fa un lavoro faticoso ma retribuito peggio, lavori come le pulizie e le vendite, l’assistenza, la sanità e assistenza sanitaria e infermieristica
Ricordiamo che quattro donne su cinque lavorano a tempo parziale, proprio per fare fronte a tutti gli altri impegni che si sobbarcano, con dei redditi più bassi. Nel complesso, il loro reddito è inferiore di ben il 33% rispetto a quella degli uomini. Nonostante lavorino lo stesso numero di ore (se si somma il lavoro retribuito con quello non retribuito).
Di conseguenza, il lavoro di molte donne oggi porta a pensioni indegnamente basse. Tuttavia, sono le donne, tra tutti, dovrebbero pagare per l’AVS 21. Ciò significa che in futuro le donne perderanno un anno di pensione AVS (circa 26.000 franchi).
Con la proposta del parlamento di aumentare l’età di pensionamento, la rendita AVS mediana diminuirebbe di fr. 1’200 all’anno. Un vero furto. E per ricorda questo taglio, presentiamo una nuova banconota: meno 1’200.- per ricordare il taglio delle rendite a danno delle donne.
Fintanto che sono solo le donne a pagare questa riforma non si può che dire NO.
Perciò il 25 settembre non può che essere un NO bello forte e chiaro al parlamento!
La vicepresidente dell’Unione sindacale Ticino Renata Barella vi ha già parlato di quanto questa riforma AVS 21 rappresenti una perdita secca per le donne:
Per giustificare questa riforma si è arrivati addirittura ad utilizzare il concetto di uguaglianza (Senza nessuna vergogna) Come se colpire unilateralmente la parte della popolazione già strutturalmente discriminata avesse qualcosa a che vedere con il concetto di parità.
AVS 21 non è un progetto di uguaglianza! È un progetto che peggiora e aggrava le disuguaglianze.
Pensate che questi scenari bui di peggioramento delle rendite riguardino solo le donne? Beh, vi sbagliate. Perché questo è solo il primo capitolo di un netto peggioramento per tutti. Il prossimo passo sarà quello di aumentare l’età di pensionamento… per tutti.
Nel mondo che questa classe politica sta costruendo, contro il quale ci battiamo, noi dovremmo solo lavorare, consumare e crepare. Un mondo in cui continueranno ad essere avvantaggiati sempre e solo i più ricchi, che potranno permettersi di andare in pensione prima e di godersi la vecchiaia agiatamente.
Mentre per tutti e tutte le altre, per la classe lavoratrice e per il ceto medio-basso, la pensione sarà solo un miraggio che arriverebbe dopo anni di fatiche e di schiene rotte. Una pensione con la quale si dovrà cercare di sopravvivere combattendo la povertà.
È noto a tutti che il tasso di disoccupazione è molto più alto nella fascia tra i 60-64 anni, soprattutto in quei settori nei quali la classe padronale si lamenta delle difficoltà di trovare manodopera (ristorazione e commercio al dettaglio per citare alcuni esempi). E allora smettiamola con questa narrazione dell’esperienza come valore aggiunto e di quanto sia bello reinventarsi a 55 anni in un mercato del lavoro che prima ti mastica e poi ti sputa.
E smettiamola anche con la narrazione della lotta intergenerazionale che continua a parlare dei “poveri giovani” che dovrebbero accollarsi il peso di pagare le pensioni ai più vecchi rinunciando alla speranza di una pensione per loro stessi. Sono tutte falsità che servono a offuscarci la testa e a cavalcare le paure!
Invece di parlare di “poveri giovani” dovremmo parlare dei “GIOVANI POVERI”: un esercito di giovani lavoratori che vengono sfruttati, a cui si propongono stage a catena non retribuiti, a cui si impone lavoro sottopagato o gratuito per la gloria altrui, con la speranza di possibili futuri contratti, con l’illusione di acquisire esperienze e migliorare il curriculum. L’unica esperienza che si acquisisce è quella dello sfruttamento. Con danni incalcolabili al loro reddito, a quello delle loro famiglie e alle casse dello stato e delle assicurazioni sociali (tra cui proprio l’AVS).
Dobbiamo smetterla di parlare di AVS come se stessimo parlando di un’azienda, di una company che deve massimizzare i profitti.
Beneficiare di una pensione dignitosa, finire la propria carriera lavorativa e godere dei frutti del proprio lavoro rientra nel campo dei DIRITTI di ogni cittadino e cittadina. Ma rientra anche nei DOVERI dello stato, nel quale la politica deve trovare risposte e soluzioni per il bene collettivo e non per il bene di pochi privilegiati.
Noi donne e uomini dell’Unione sindacale ticinese vi invitiamo a votare NO ad AVS 21 ad ingaggiarvi con noi in una battaglia che non riguarda solo il genere femminile, ma riguarda l’intera società.
Si rinnova un dibattito acceso che trascura un aspetto importante: c’è anche una ingiustizia territoriale (soprattutto se si parla di potere d’acquisto)
Una storia di lobbismo e connivenze all’origine di una legislazione fra le più lassiste a livello internazionale