Lettera a P.P., in tutta franchezza
A proposito di “consumatori di imposte” e di altri stravaganti modi di definire i dipendenti pubblici
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A proposito di “consumatori di imposte” e di altri stravaganti modi di definire i dipendenti pubblici
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• – Redazione
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A proposito di “consumatori di imposte” e di altri stravaganti modi di definire i dipendenti pubblici
Signor P.P.,
immagino che lei sia convinto di essere un politico piuttosto abile nei dibattiti e, forse soprattutto, una sorta di tuttologo capace di disquisire su tutto lo scibile universale.
Io, perdoni l’ardire, ho tutta un’altra impressione. Certo, lei ha sicuramente delle buone conoscenze economiche e finanziarie, delle opinioni politiche profilate, ma ha anche l’irrefrenabile gusto per la provocazione. E le sue provocazioni mirano quasi sempre ad offendere i suoi avversari.
A proposito della mobilitazione di ieri a difesa delle pensioni degli affiliati all’IPCT, in un suo recente post pubblicato via social, ha voluto usare uno sprezzante “consumatori di imposte” diretto soprattutto ai dipendenti pubblici (ma anche ai meno abbienti), che è di un’arroganza senza pari. Perché la Svizzera (ed anche il Ticino) è uno stato democratico e le sue istituzioni non depredano le risorse del paese per rimpinguare il loro patrimonio personale.
Nessuno deruba i cittadini e le imposte sono utilizzate per mettere a disposizione di tutti dei servizi importanti: democrazia, istruzione, giustizia, sicurezza, sanità, socialità, equità… Servizi che non sono delle improvvisazioni dei funzionari, ma discendono dai “Diritti fondamentali” elencati nella Costituzione e che sono pure intangibili.
Dal mio personalissimo punto di vista, i veri “consumatori di imposte” sono i campioni del liberalismo più sfrenato. Quelli che tanto piacciono a lei e che, come nel caso del Credit Suisse, nel tentativo di realizzare grandi utili hanno portato al tracollo la banca, obbligando la Confederazione ad intervenire finanziariamente.
Non le piace la Costituzione? Vuole ridurre i diritti fondamentali? Nessun problema: le servono un’iniziativa popolare, centomila firme ed all’incirca un milione di cittadini che votino a favore. Nulla di più e nulla di meno: si chiama democrazia.
Perdoni la franchezza.
Nell’immagine: un dibattito con la partecipazione del Sig. P.P.
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