Lugano, ecco un altro polo: quello “delle criptovalute”
Gran bel colpo del sindaco Foletti: fare della sua città nientemeno che la capitale dei bitcoin. Paradossi e non pochi rischi, ma che importa?
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Gran bel colpo del sindaco Foletti: fare della sua città nientemeno che la capitale dei bitcoin. Paradossi e non pochi rischi, ma che importa?
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Gran bel colpo del sindaco Foletti: fare della sua città nientemeno che la capitale dei bitcoin. Paradossi e non pochi rischi, ma che importa?
La grande e avveniristica città di Lugano conta su intraprendenti municipali che già sognano scambi di droni carichi di criptovalute. oppure di essere ancora ospiti gioiosi di belle feste e proficui incontri nella capitale Nur-Sultan, con “sultano” presidente del Kazakistan. Il Kazakistan (è vero, non certo un modello di democrazia, vi domina un presidente-autarchico, c’è una buona presa russa come avviene spesso per le repubbliche ex-sovietiche; ma non preoccupiamoci più di quel tanto, è a tremila chilometri dall’infocata Ucraina) è un paese specializzatosi in “mining” di criptovalute. Di quelli, insomma, che “estraggono” bitcoin. Non chiedeteci come, è troppo complicato da spiegare e misterioso assieme. Si dice infatti che ci siano al massimo mille persone al mondo che ci capiscono veramente qualcosa. L’una di esse è certamente il sindaco di Lugano, che sembra aver scoperto un filone aureo; un’altra il Pamini, granconsigliere dell’UDC, che è riuscito a far votare le criptovalute come moneta cantonale, ideale anche per il fisco, dal Legislativo ticinese. Dove a quanto pare, come ai tempi in cui si voleva fare del Ticino la Silicon Vally della Svizzera, sono abbondati improvvisamente gli esperti. Benché si sia lasciato all’amministrazione il problema di chi saprà o riuscirà a tradurre le cripto in franchi. Ci vorrà un ufficio apposito, con specialisti superpagati. In barba alla richiesta, accettata, degli stessi UDC proponenti, di ridurre drasticamente le spese dello Stato. Ma forse, probabilmente, si intendeva solo per le spese sociali o per l’educazione retta dal socialista Bertoli. Ma a Lugano si promettono anche borse di studio per accrescere i mille.
Si assicura a buon conto che l’amico Kazakistan sia il secondo al mondo per l’estrazione di bitcoin. Si sostiene pure, dagli esperti, che ciò che là avviene influenza tutto il settore delle criptovalute. Si intende: con guadagni stratosferici, spesso seguiti da terremoti altrettanto micidiali, come capita con le criptovalute. Che non sai mai quanto realmente valgono. Ballerine per definizione, che fanno però sognare, come capita per il Lotto svizzero, al ritmo del blockchain ben nutrito e manipolato, ma situato chi sa dove.
Dunque una buona garanzia e un bel colpo per i privilegi e le entrature di cui gode Lugano anche in quel paese. Bisognerà approfittarne per stabilire degli accordi di “minaggio” di criptovalute. Anche perché l’enorme consumo di energia che richiede l’estrazione avverrà lì, forse con il gas russo, e non nella nostra patria, dove il Chiesa dell’UDC prevede tempi bui per l’energia. Ma non dimentichiamo che il Kazakistan è anche definito “un forziere dell’uranio”. E con il capo dell’UDC nazionale, ticinese, che vuol intensificare la produzione di energia nucleare in Svizzera, potremmo trattare a Lugano e pagare con i “Tether” (bitcoin made nella Lugano capitale delle criptovalute) e allora anche Berna dovrà considerare diversamente il Ticino, cesserà di sottovalutarlo o di considerarlo il solito piagnone. Persino nelle nostre rivendicazioni con l’Italia (frontalieri) riconsiderano il tutto e ponendo come condizione la nostra voglia di conquista finanziaria della Penisola, da Como a Porto Cesareo, rovesciando finalmente quella dipendenza da contrabbando che abbiamo sempre dovuto patire.
La criptovaluta adottata a Lugano, studiata a fondo dal sindaco Foletti con certo “Paolo” (così chiamato fraternamente in una intervista) [si tratta di Paolo Ardoino, ndr], cioè l’esperto e creatore del Tether che l’ha convinto, si dice comunque sia legata al dollaro [affermazione costata 1.5 milioni di dollari di multa alla Tether]. Quasi a rassicurarci (ed è tutto un poco paradossale e, poi, non abbiamo un franco più solido del dollaro?) a darci una garanzia; quasi a dirci che quella Tether non sarà ballerina come tutte le altre criptovalute. È però interessante rilevare come esponenti di partiti “sovranisti” e “neutralisti” vogliano in sostanza potersi liberare dalla moneta nazionale – forse perché “statale” e controllabile, tuttavia rispettata per la sua solidità, relativa stabilità, sicurezza garantita dalla Confederazione e dalla Banca Nazionale (ambedue si trovano… in Svizzera) – vogliano liberarsene per ancorarsi a qualcosa di fumigante e di “straniero”, legato a una moneta che toglie sempre sovranità e condiziona su tutto, anche sulla politica estera.
Una valuta comunque “cripto” che, etimologicamente, termine prestato dal greco, significa: nascosto, coperto, simulato. Ed è curioso vedere come la “n’drangheta”, che abita anche in casa nostra, sappia così bene il greco!
Non vorremmo comunque che “cripto” sia stato inteso come sinonimo di “neutralità attiva”. E non vorremmo neppure che i cittadini di Lugano, quelli seri, che pagano ancora le imposte in franchi e non in cripto, siano chiamati un giorno, non a un aumento del prezzo del sacco dei rifiuti o dell’acqua, ma a versare il doppio perché le tasse pagate in cripto si sono improvvisamente svuotate in valore, anche se espresso in dollari, magari perché i “minatori” del Kazakistan hanno pensato una volta tanto di estrarre cripto per Putin.
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