Navigando sulla zattera tra ottimismo e pessimismo
Letture e massime memorabili per capire (divertendosi) com’è stato l’anno che se ne è appena andato
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Letture e massime memorabili per capire (divertendosi) com’è stato l’anno che se ne è appena andato
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Letture e massime memorabili per capire (divertendosi) com’è stato l’anno che se ne è appena andato
C’è chi vede il pessimismo come una questione d’umori e l’ottimismo come una faccenda di volontà. Più raffinato e preciso chi si dice invece pessimista se si appiglia all’intelligenza, ottimista se fa capo alla volontà (Gramsci). O chi aggiunge subito che, in fondo, pessimismo significa solo non credere nella volontà ma si rischia così di fabbricare un sistema che punta sulla brutta fine di tutto (Chartier, filosofo, detto Alain). Nec spe nec metu, dicevano invece, più sicuri di sé, i romani: non diamoci né alla speranza né alla paura, stiamo sereni e così affronteremo tutto quel che arriva. Che è poi come dire che il pessimismo e l’ottimismo non hanno niente a che vedere con la realtà, sono solo funzione della rappresentazione che ci si fa del reale (Cyrulnik).
I pensieri tristi rovinano però la salute (Descartes). Anche perché il pessimismo ingigantisce tutte le possibili cattive evenienze e quindi demotiva, paralizza (Amiel). Oppure perché, come ammoniva il saggio Ovidio (quello dell’”amor omnia vincit”), citato spesso da Voltaire, “nihil est ab omni parte beatum”; che vuol dire, guardala come vuoi, da ogni parte, non v’è condizione che appaia felice. Il pessimismo della ragione. Oppure ancora perché la prontezza a credere nel male senza averlo sufficientemente esaminato è solo orgoglio e pigrizia: si vuol cioè trovare subito il colpevole e non ci si dà la pena di considerare la colpa (La Rochefoucauld).
Bisogna quindi predicare sulla vita, non sulla morte, diffondere la speranza e non la paura, coltivare in comune la serenità e la gioia, veri tesori umani: è il grande segreto dei saggi e sarà la luce di domani (Alain). E la sapienza è una meditazione non sulla morte, ma sulla vita (Spinoza). Capita, è vero, che l’ultima parte della vita di una persona sia occupata a curare le follie, i pregiudizi e le false opinioni contratte in precedenza (curing the follies, prejudices and false opinions they contracted earlier: così si descriveva pentito Jonathan Swift). Meglio tardi che mai, con un ottimismo che potrebbe servire agli altri.
Il presente è per i ricchi e l’avvenire per i virtuosi (La Bruyère): non si riesce a capire da che parte stare, se questo sia un pensiero ottimista o pessimista. Se si punta sul futuro, sulla vita, sull’essere più che sull’avere, non c’è dubbio, si può essere solo umanamente ottimista. Ed ecco l’ossimoro che salva tutto: festina lente, affrettati lentamente (il grande Augusto riferito da Svetonio), senza mai perdere il coraggio; con metodo: aggiungete qualche volta e cancellate sovente. ”More is less”, sosteneva infatti un grande architetto (van der Rohe): meno è di più.
Se poi si vuole andare sul sicuro e finire anche sul divertente, tornando al punto di partenza, non dimenticheremo che il pessimista è colui che tra due mali… li sceglie tutt’e due (Oscar Wilde) o, rassicurante, che la sola differenza tra un ottimista e un pessimista è che il primo è un imbecille felice e che il secondo è un imbecille triste (Bernanos).
Nell’immagine: William Turner, “Il naufragio”, 1805
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