Basilea: il Museo d’arte fa l’esame di coscienza
Le opere rubate dai nazisti oggi fiore all’occhiello dei musei svizzeri - Di Michele Andreoli
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Le opere rubate dai nazisti oggi fiore all’occhiello dei musei svizzeri - Di Michele Andreoli
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Le opere rubate dai nazisti oggi fiore all’occhiello dei musei svizzeri - Di Michele Andreoli
Dietro ogni grande fortuna c’è un crimine: le parole di Honoré de Balzac potrebbero applicarsi anche alla prestigiosa collezione di arte moderna che figura nelle sale del Museo d’arte di Basilea. Il crimine in questione in questo caso l’ha commesso il regime nazista, con la persecuzione degli ebrei e la campagna contro l’arte cosiddetta „degenerata“. La fortuna l’ha invece fatta il Kunstmuseum, che ne ha approfittato, riuscendo grazie al nazismo ad acquisire le opere di arte moderna che sono alla base dell’importante collezione che oggi può presentare al pubblico.
Ma a differenza del Kunsthaus di Zurigo, ancora alle prese con gli strascichi delle polemiche sulla provenienza di diverse opere della collezione Bührle, su cui pesa il sospetto che siano state sottratte dai nazisti ai legittimi proprietari, Basilea non teme di confrontarsi con questo scottante passato. Lo fa con due mostre, in cui si ripercorre la storia delle importanti acquisizioni risalenti a quando la Germania era governata dai nazisti: „Zerrissene Moderne – Modernità lacerata“ (fino al 19.2.2023) e „Il collezionista Kurt Glaser“ (fino al 12.2.2023).
„Zerrissene Kunst – Modernità lacerata“, ripercorre la storia della collezione di arte moderna del Museo. Quando nel 1936 a Basilea venne inaugurata la sua nuova sede, il Kunstmuseum di Basilea era famoso per l’importante collezione di opere realizzate fra il XV e il XVI secolo dai cosiddetti Antichi maestri, fra cui figurano capolavori di Holbein, Witz, Cranach, Rembrandt, Rubens e così via. Ma le nuove tendenze artistiche erano praticamente assenti: nell’unica sala dedicata all’arte contemporanea figuravano in tutto sei opere moderne.
Proprio in quegli anni i nazisti al potere in Germania lanciavano la loro offensiva contro l’arte cosiddetta „degenerata“, colpevole di violare i canoni dell’estetica ariana. Nel 1937 dalle sale dei Musei tedeschi vennero confiscate 21’000 opere di artisti ebrei e non, vittime dell’epurazione. ll nuovo direttore del Kunstmuseum di Basilea Georg Schmidt, di tutt’altro parere sul valore artistico di queste opere, si rese conto di avere una opportunità unica di dotare il Museo di Basilea di una collezione di arte moderna degna di questo nome.
Schmidt contatta le autorità naziste segnalando il suo interesse ad acquisire alcune delle opere messe alla gogna. Se da una parte i nazisti disdegnavano l’arte moderna, dall’altra erano interessati al denaro che riuscivano procurarsi piazzando sul mercato le opere sequestrate. Il direttore del Kunstmuseum, convince la commissione artistica di chiedere alla città un credito di Fr. 100’000 per procedere agli acquisti. Il consiglio comunale, non completamente convinto di voler affiancare ai prestigiosi Holbein gli stravaganti lavori di artisti come Klee, Chagall o Kandinsky, dimezza il credito a Fr. 50’000. Con questi mezzi Schmidt riesce ad acquisire, in parte direttamente a Berlino, ma poi anche partecipando alla famosa asta di arte „degenerata“ proveniente dalla Germania tenuta dal gallerista Thedodor Fischer di Lucerna nel 1939, ventun opere realizzate da artisti come Marc, Gauguin, Klee, Chagall, Beckman, Kandinsky, Grosz, e molti altri, opere che oggi valgono diversi milioni di franchi.
La mostra riunisce queste opere, corredandole di un importante corollario di informazioni storiche: dalla corrispondenza con i galleristi tedeschi incaricati di vendere i quadri, ai cataloghi delle diverse mostre di arte „degenerata“ allestite in Germania, ai verbali della commissione artistica del Kunstmuseum, che riportano i dibattiti sul valore artistico delle opere da acquisire.
Oggi queste acquisizioni sollevano naturalmente il tema delle condizioni che hanno costretto i loro proprietari a venderle. Per le opere provenienti dai musei tedeschi il problema non si pone, visto che erano di proprietà dello stato, anche se in molti casi l’ostracismo del regime e la distruzione delle opere ha rovinato le carriere di diversi artisti. Diverso è il discorso per le opere cedute dai loro proprietari ebrei in circostanze drammatiche per finanziare la fuga, o addirittura confiscate dalla autorità naziste ai legittimi proprietari.
E proprio al destino del collezionista di Berlino Kurt Glaser, fino al 1933 direttore della Kunstbibliothek di Berlino, costretto dagli eventi a cedere la sua collezione, è dedicata l’altra esposizione proposta dal Kunstmuseum di Basilea. Glaser, collezionista di stampe e dipinti, autore di libri di storia dell’arte, protagonista della vita culturale di Berlino, perde il posto nel 1933 in seguito ai provvedimenti contro i tedeschi di origine ebraica. Di fronte all’intensificarsi della persecuzione, non vedendo più prospettive in Germania, Glaser decide di lasciare il Paese dopo aver messo all’asta la sua collezione grafica, comprendente anche importanti opere dell’artista norvegese Edvard Much, amico di Glaser. La collezione viene acquistata a prezzi stracciati proprio dal Kunstmuseum di Basilea.
Quando nel 2007 gli eredi di Glaser chiedono un risarcimento, la risposta di Basilea è negativa. Ma qualche anno dopo l’atteggiamento cambia, e sotto la guida del professore di diritto Felix Uhlmann, presidente della Commissione artistica, il Kunstmuseum conclude un accordo con gli eredi di Glaser, nel rispetto dei principi della Conferenza di Washington del 1998 sulle opere d’arte confiscate dai nazisti. Gli eredi vengono risarciti finanziariamente, e anche con l’allestimento di questa mostra, che ripercorre le tappe dell’esilio di Glaser, illustrando in tutta la sua drammaticità il destino di molto intellettuali tedeschi di origine ebraica.
Felix Uhlmann, che è stato chiamato a presiedere la tavola rotonda organizzata a Zurigo per riesaminare la provenienza delle opere controverse della collezione Bührle, sostiene la proposta di creare una commissione federale che elabori delle direttive sulla restituzione delle opere d’arte rubate dai nazisti finite in Svizzera. Sarebbe un passo avanti per migliorare l’immagine di un Paese che spesso, e purtroppo non sempre a torto, viene accusato di arricchirsi a spese delle disgrazie altrui.
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