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Di Stefano Mancuso, La Repubblica

Come conseguenza alla recente tragedia dell’alluvione in Emilia-Romagna, è iniziata la solita discussione sulle cause di questi eventi climatici catastrofici che, come d’uso, terminerà entro pochi giorni. Più o meno il tempo che il suolo si asciughi e le cause, così come gli effetti, di questa ennesima calamità interesseranno soltanto a coloro che sono stati direttamente danneggiati. Chi ha perso un familiare, un amico, un conoscente; chi ha perso la casa o la propria azienda. Per tutti gli altri continuerà a valere quella attitudine del tutto umana a non voler vedere il pericolo in arrivo. 

Che esista una cosa chiamata riscaldamento globale, la cui azione produce catastrofi, dopo quasi un secolo di ricerche da parte della scienza, dovrebbe essere ormai una nozione comune; è qualcosa di talmente noto che continuare a parlarne è ormai diventato addirittura dannoso. Controproducente. Chi soltanto prova a citare cosa dicono a proposito di riscaldamento globale gli studi dei migliori centri di ricerca mondiali, è o una Cassandra (per chi ha fatto studi classici) o un semplice menagramo il cui solo risultato è, appunto, portare iella e generare ecoansia. 

È così, anche quando la stessa regione è colpita, a distanza di quindici giorni, da due eventi che, in condizioni normali, hanno, ognuno, la probabilità di accadere non più che una volta per secolo, a nessuno viene in mente che, forse, il riscaldamento globale non è qualcosa che verrà in un futuro lontano e nebuloso, ma qualcosa che sta colpendo duro già oggi e non solo nel Sahel o in Estremo Oriente, dove, al limite, ci dispiace, ma sono posti così lontani e, poverini, sono già pieni di problemi, ma qui da noi, nella ricca e avanzata Emilia-Romagna. 

E allora, a caso, scegliete voi pure la miscela che gradite di più sulle cause del disastro: scarsa manutenzione degli argini, alberi caduti che hanno intasato gli alvei dei fiumi, impermeabilizzazione dei suoli, versanti non curati, nutrie e castori, destino cinico e baro e chi più ne ha più ne metta. Intendiamoci, ognuno di questi fattori ha la sua rilevanza e per alcuni è molto maggiore. Ovviamente le nutrie c’entrano poco e sicuramente la sfortuna, che per due volte nel giro di due settimane l’atmosfera abbia deciso di scaricare una parte del suo surplus di energia al suolo nella stessa zona ha un ruolo rilevante. Ma se non l’avesse fatto in Romagna, la pioggia si sarebbe, comunque, dovuta scaricare da qualche altra parte e luoghi disabitati in Italia non ce ne sono più. 

Certo, se la stessa quantità d’acqua fosse caduta su una zona meno edificata, più permeabile, e in cui i fiumi non sono tombati o costretti dal cemento entro canali minuscoli, interrotti da dighe e barriere, allora nutrie o non nutrie, i danni sarebbero stati molto minori. Se i bacini entro i quali questi fiumi corrono fossero stati più coperti di foreste e i fiumi più liberi di prendersi il loro spazio, oggi probabilmente non racconteremmo lo stesso disastro. Ma deve essere chiaro che il riscaldamento globale è un fenomeno esponenziale e che le sue manifestazioni saranno sempre più intense e frequenti (ecco di nuovo la Cassandra) e non volerlo vedere, non volerne neanche parlare, non ci aiuterà in alcun modo a proteggerci. 

Una decina di giorni fa, durante una conferenza sullo stato dell’Ue, Josep Borrell, alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, raccontava come chiunque in Ue sapesse da almeno dieci anni quali fossero le mire di Putin sull’Ucraina. Speravano che quello che era sotto gli occhi di tutti non si avverasse. Tutti lo sapevano ma nessuno ne parlava, quasi come se nominandolo si rendesse il pericolo più reale. Lo fanno anche i bambini, ma non funziona. 

Se non vogliamo che disastri come quello della Romagna si ripetano dobbiamo per prima cosa, tutti, iniziare a chiedere che le politiche per la riduzione della CO2 e degli altri gas clima alteranti siano sempre più stringenti, globali e efficienti. Dobbiamo, tutti, chiedere che la lotta al riscaldamento globale diventi la priorità di ogni governo di questa Repubblica. Dobbiamo, tutti, capire che il riscaldamento globale è il più grave problema che l’umanità abbia mai avuto nel corso della sua storia e che qualunque politica sociale, economica, sanitaria che non lo prendesse in considerazione sarebbe inutile e dannosa. E soprattutto, tutti, dovrebbero intendere che nascondere un problema non serve ad evitarlo, ma solo a renderlo più enorme.

Nell’immagine: gli struzzi non lo fanno. Gli esseri umani sì (manifestazione di protesta ambientale in Nuova Zelanda, fotografia di Siana Fitzjohn)






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