Nelle urne evapora l’effetto Schlein
Il PD subisce il cappotto nel voto per le comunali. Perché? E che fare?
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Il PD subisce il cappotto nel voto per le comunali. Perché? E che fare?
• – Aldo Sofia
Perché il neoliberalismo non è solo antisociale ed ecocida, ma è anche programmaticamente antidemocratico
• – Lelio Demichelis
Discriminazione, discredito, disprezzo verso gli immigrati sono un mantra sempre più grave e violento del “Mattino”
• – Alberto Cotti
• – Franco Cavani
Putin reagisce alle esternazioni del capo sempre più popolare della Wagner contro esercito e burocrazia; ora le notizie sui mercenari saranno considerate fake punibili penalmente
• – Yurii Colombo
Pur senza trionfare, il “sultano” si impone sul fronte dell’opposizione, riconquista la presidenza e promette di continuare sul suo progetto illiberale
• – Aldo Sofia
Scenari apocalittici evocati per contrastare l’attenzione verso la transizione ecologica inducono a immaginare che presto si arriverà a fare come in Russia: considerare l’ambientalismo anticostituzionale
• – Silvano Toppi
Con l’assemblea generale di sabato scorso Unitas riparte con un comitato tutto nuovo e, presto si spera, con una nuova direzione
• – Michel Venturelli
Fra post-cantonali e campagna per le federali, alcune considerazioni sulle prospettive del fronte progressista - Di Boas Erez
• – Redazione
Una sorta di palco su cui va in scena un cabaret tragicomico. In ogni testo, in ogni gesto mescola i sentimenti più disparati
• – Michele Ferrario
Il PD subisce il cappotto nel voto per le comunali. Perché? E che fare?
D’accordo sul “vento di destra” che entra nelle urne di tutt’Europa, dalla Svezia alla Finlandia fino alla Spagna subito riportata in campagna elettorale dal premier socialista sconfitto. D’accordo sul fatto che “questa segreteria è nata soltanto due mesi fa” e stavolta ha corso senza alleati affidabili. E d’accordo anche sull’idea consolatoria che queste sono “soltanto” consultazioni amministrative. Ma il riconoscimento della pesante sconfitta, anche da parte di Elly Schlein, e giustificata quasi esclusivamente con questi argomenti, evidentemente non basta a cassare il cappotto inflitto dalla destra italiana al PD nelle città capoluogo, contese nell’ultimo ballottaggio. Unica eccezione, la conquista di Vicenza, importante polo del Veneto produttivo, grazie al giovane Giacomo Possamai: un dichiarato estimatore dell’ex Enrico Letta, un candidato che aveva chiesto e ottenuto di far campagna senza “passerelle” amiche, senza partecipazione dei leader del partito, Schlein inclusa. Vorrà pur dire qualcosa.
Il voto dice che, contrariamente a quanto registrato dai sondaggi nazionali sul recupero del PD, al momento dell’apertura dei seggi crescono gli astensionisti su cui la sinistra deve puntare per rinascere dopo la batosta di settembre (con l’insediamento a Palazzo Chigi del governo più a destra nella storia della Repubblica), e ancor più segnala che gran parte degli elettori non vede nel ricambio ai vertici del maggior partito di opposizione un disegno alternativo e politico chiaro, comprensibile, convincente, mobilitante. Insomma, non dà sostanza all’ “effetto Schlein”, anzi lo mortifica in modo netto, e per contro privilegia l’“effetto Meloni”.
I motivi? C’è chi generosamente lo attribuisce all’inesperienza, chi all’eloquio di una dirigente che in ogni risposta affastella argomenti con brio ma anche eccesso di argomenti dispersivi, chi parla di gestione troppo solitaria (anche nel senso di “lasciata sola”), chi di un cerchio magico o squadra di illustri sconosciuti con scarso appeal comunicativo. Tutto vero, o tutto possibile. Ma, fatta la tara di quanto elencato, mancano ancora le radici più profonde del disincanto dei votanti, anche in città capoluogo, da decenni guidate (e nemmeno malamente) dal centro-sinistra, per esempio Ancona, Pisa, Siena.
Dove stanno allora le radici più profonde e vigorose del problema, per una leadership che punta programmaticamente su una triplice equazione (equità sociale-parità di genere-neutralità ambientale): un tris che obiettivamente tocca un arco di crisi determinanti, e che però non comunica un grande appeal? Sta soprattutto in un progetto non abbastanza coerente, solido e chiaro. Certo, nessuno nega l’importanza di battersi per i diritti delle “minoranze” lgbt+; di denunciare la colonizzazione della RAI (sicuramente in misura più massiccia, radicale e prepotente di quanto fece in passato il centro-sinistra, comunque alle prese con la concorrenza berlusconiana); di sottolineare certe derive in tutta evidenza fasciste di “Fratellini e sorelline d’Italia. Ma per molti aspetti l’impegno doveroso a favore dei diritti non si “incolla” come elemento prioritario a un paese che deve affrontare la quotidianità, il caro-prezzi, la drammatica mancanza di alloggi a canone sostenibile, una sanità che ha allargato il divario fra pazienti costretti a rivolgersi a strutture pubbliche affollate e burocratizzate, e pazienti ad alto reddito che possono permettersi il settore privato (non sempre efficientissimo visti i suoi costi esorbitanti), un mondo della scuola disarticolato e in ritardo sulle strutture tecnologiche, e dove ancora oggi si chiede ai genitori di provvedere a proprie spese al deficitario materiale scolastico (e persino… igienico). Dedicarsi a un cantilenante rosario di tutte queste inadempienze è inutile se poi rimangono solo come denuncia e pie intenzioni. Fu proprio Elly Schlein, commentando la sua vittoria nella conquista della segreteria, a precisare che “ad ogni denuncia aggiungeremo un nostro progetto per porvi rimedio”. Dove stanno questi progetti? Se esistono, non sono pervenuti (salario minimo a parte, che però non è un’esclusiva del PD).
Ma la radice anche più profonda, e questa difficilissima, sta nell’impossibilità, o nell’incapacità, di tenere coeso il partito delle “tante anime”; ex comunisti ed ex democristiani; laici e credenti ispirati da oltre Tevere; renziani (d’animo) attenti alle richieste del mondo economico e chi è invece deciso a contrastarlo almeno per ottenere un minimo di equità nella nazione dai salari fra i più bassi d’Europa; ricette diverse in rimedio alla povertà aumentata e che ancora crescerà in seguito all’annullamento del reddito di cittadinanza; sull’immigrazione da trattare anche come risorsa demografico-lavorativa mentre c’è chi anche nel PD non è lontanissimo da coloro che vogliono combattere la “politica di sostituzione” (una scemenza, ma di facile presa, e con alti connotati razzisti).
Su quali sentieri intende concretamente inoltrarsi Elly Schlein in questo labirinto di ideali e idee contrastanti? E cosa pensa di fare, qualora intendesse procedere, per recuperare il “campo largo” includendovi i pentastellati dell’ambiguo Conte e del silente Grillo? Senza risposte chiare, e profilate, ed esemplificate, non se ne esce. Chiarimento interno inevitabile. Con un bel dibattito? “No, il dibattito no”, supplica Nanni Moretti nel suo ultimo film “Il Sol dell’avvenire”, che persino gioiosamente racconta i giorni laceranti e tormentati del Partito comunista nelle settimane tormentate e laceranti dell’insurrezione in Ungheria. Oppure, cara Elly, un dibattito sì? Ma chiarificatore, come appare ormai inevitabile e ineludibile?
Nell’immagine: Elly Schlein ottimista (prima)
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