Outsider e antisistema, combinazione vincente
Per vincere le elezioni bisogna dirsi “antisistema”: la ricetta funziona
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Per vincere le elezioni bisogna dirsi “antisistema”: la ricetta funziona
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• – Rocco Bianchi
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• – Andrea Ghiringhelli
Per vincere le elezioni bisogna dirsi “antisistema”: la ricetta funziona
Tre elezioni (Ginevra, Lucerna e Ticino), tre risultati differenti. Eppure alcune tendenze comuni si possono intravvedere. La prima è che escono vincenti i candidati che giocano (la parola non è scelta a caso) a fare gli outsider antisistema. Se poi ti ammanti anche un po’ di vittimismo meglio ancora. Poco importa che sia vero; l’importante è costruire una narrazione che sia credibile e di conseguenza renderlo verosimile e farlo accettare dall’elettorato. Corollario logico di fondamentale importanza, qualsiasi obiezione che arriverà dagli avversari arriverà dal sistema, dunque dai poteri forti o da chi volete voi, per cui non solo non smonterà questa narrazione, ma anzi contribuirà a rafforzarla.
Eclatante in questo senso il risultato di Pierre Maudet a Ginevra: lo si aspettava sì a un buon risultato per il Consiglio di Stato, ma non così buono; lo si credeva fuori dei giochi per il Gran Consiglio soprattutto per lo sbarramento del 7%, e invece vi è entrato trionfalmente. Pierre Maudet, ricordiamolo a dimostrazione di quanto detto sopra, è l’ex “enfant prodige” del PLR ginevrino, ex consigliere di Stato ed ex papabile al Consiglio federale, impallinato alcuni anni or sono per alcuni favori poco chiari ricevuti da un emiro arabo. Due anni orsono – non secoli fa dunque – era stato estromesso dal Governo. Insomma, un politico da sempre dentro il sistema; anzi, ad un certo punto a Ginevra era il sistema, l’uomo forte del suo partito e del Governo.
Eppure, appena superata la bufera mediatica e giudiziaria si è ripresentato in pompa magna con l’etichetta appunto dell’outsider, dall’antisistema e della vittima, e buona parte dell’elettorato gli ha creduto: entrata trionfale in Gran Consiglio, dove la sua lista ha conquistato un 8,45% che gli ha consegnato ben 10 seggi, e un bel sesto posto nella corsa al Consiglio di Stato. Non ancora l’elezione, che verrà decisa al secondo turno il prossimo 30 aprile (se la giocherà con due rappresentanti dell’area rossoverde e con quello del Mouvement Citoyens Genevois; decisivi come solito saranno i ritiri degli altri candidati e gli apparentamenti tra i partiti), ma comunque una bella posizione per sperare nel colpaccio.
Discorso simile in Ticino per Amalia Mirante: poco importa se è stata per ben due elezioni sulle liste PS, poco importa se è dunque una creatura nata e cresciuta proprio nel sistema che oggi critica: ha fatto il battitore (pardon, la battitrice) libera, si è costruita una narrazione adeguata ammantata di vittimismo e risentimento contro un partito e una grande famiglia in particolare, ha trovato anche evidentemente gli appoggi giusti fuori dalla sua area di riferimento, e il gioco è riuscito. Forse nessuno l’aspettava così avanti – mi si perdoni lo scontato gioco di parole – ma poco importa.
Altra tendenza emersa in questo fine settimana elettorale è il calo del PLR e dei Verdi, la sostanziale tenuta del PS (fa eccezione naturalmente il Ticino, ma qui hanno giocato condizioni locali improponibili a livello nazionale) e del Centro, e l’avanzata dei Verdi liberali – meno eclatante rispetto ad altre volte, ma comunque c’è – e un po’ a sorpresa dell’UDC.
Interessante in proposito che questa è arrivata, oltre che a Lucerna, sia in Ticino che a Ginevra e che in questi due cantoni si sia verificata soprattutto ai danni dei movimenti antisistema locali, Lega e MCG. Una lezione per la sinistra: i democentristi, in particolare nel corso dei primi anni dell’era blocheriana, sono cresciuti non solo rubando voti ai partiti borghesi, ma soprattutto facendo tabula rasa di tutta quella serie di partiti e partitini in cui fino agli anni ’90 era frantumata l’estrema destra elvetica. Un partito dunque che dapprima è stato di unione e condivisione per una certa area, e che solo dopo ha selezionato la sua classe dirigente in funzione dei desideri e della politica voluta dai suoi vertici, quando le strutture e l’elettorato di riferimento erano consolidati. E difatti l’unico tentativo di scissione finora avvenuto, quello attuato dal Partito borghese democratico e dall’ala tradizionale e agraria del partito, è miseramente fallito. Meditate, gente, meditate.
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