Non ho più parole, ma scrivo lo stesso
Ancora su autogestione, le foto di “Matrioska” e l’inquietante maniera di rispettare lo Stato di diritto - Di Luca Maghetti, avvocato
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Ancora su autogestione, le foto di “Matrioska” e l’inquietante maniera di rispettare lo Stato di diritto - Di Luca Maghetti, avvocato
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Ancora su autogestione, le foto di “Matrioska” e l’inquietante maniera di rispettare lo Stato di diritto - Di Luca Maghetti, avvocato
La settimana scorsa, l’attività dei media in merito alla distruzione dell’ex macello ci ha riservato non poche brutte notizie. In primis la trasmissione di Teleticino “Matrioska”, con i poveri argomenti dei difensori dell’operato del Municipio, a fronte del tentativo del prof. Boas Erez e del direttore de “laRegione” Daniel Ritzer di elevare il livello del dibattito, ma soprattutto con le tristi foto, ottenute non si sa da chi e non si sa come, verosimilmente violando il segreto d’ufficio – e su questo aspetto il Procuratore generale dovrebbe indagare – foto degli spazi non certo ben messi all’interno di una parte dell’ex-macello.
Poi il fondo del direttore del “Corriere del Ticino” che rincara la dose con il perbenismo di chi non ha capito la rilevanza della questione dell’autogestione. Infine, apoteosi in negativo, la vomitata di parole, (francamente non si può parlare di “articolo”) su “Il Mattino”, triste campione di odio e xenofobia.
Di fronte a queste manifestazioni dei media, ma anche delle istituzioni che mettono a disposizione solo di taluni determinate foto, non si può che restare senza parole. Questo non è più un dibattito politico attorno ad un tema controverso. Questa è una prepotenza antidemocratica che una maggioranza sta attuando verso una minoranza. Chi difende l’esperienza dell’autogestione finisce in questo vero e proprio tritacarne, mai stato così brutale come ora in Ticino. Non si sa più che pesci pigliare di fronte ad argomenti che si soffermano sul dettaglio igienico o sulla nazionalità del vicedirettore de “La Regione”, invece di affrontare le questioni fondamentali che la vicenda pone per lo Stato di diritto. Evidentemente questa maggioranza si sente così forte da poter fare a meno del rispetto delle regole. E allora giù con frasi tracotanti, argomenti sempre più triviali ed aggressivi, come se il modo di pensare de “Il Mattino” avesse riempito ogni spazio mentale dei ticinesi.
In effetti la questione centrale, che rimane, è che la decisione di abbandono del Procuratore generale, inspiegabilmente idonea ad assolvere tutto e tutti, come rilevato da più parti, lascia tanti, troppi punti oscuri: anzitutto la presenza organizzata di ruspe per demolire l’edificio e non di carpentieri per smontare il tetto. Già dal profilo tecnico, l’idea che togliere il tetto ad un edificio ne possa in qualche modo aumentare la sicurezza nei confronti dei suoi occupanti sfrattati manu militari è una vera e propria eresia. Non dimentichiamo che la presenza di massicce forze di polizia, anche di altri cantoni, avrebbe potuto ben più facilmente mettere in sicurezza l’edificio.
E poi c’è la questione, grottesca, di quello che è un vero colpo di teatro: il cosiddetto “pasticcio comunicativo”. Io non credo che le cose siano andate come è stato scritto. La storia è stata preparata e servita al Procuratore generale che, in buona fede, l’ha dovuta ritenere. Dal profilo del diritto penale il “pasticcio comunicativo” è risultato efficace, togliendo, magicamente, l’intenzionalità all’agire del Municipio. Peccato che il Municipio medesimo, il giorno dopo, ed è stato ricordato anche a “Matrioska”, si era assunto, a chiare lettere, la responsabilità della demolizione, essendo stata decisa da una maggioranza di municipali raggiunti telefonicamente. Queste gravi contraddizioni forse resteranno senza una risposta istituzionale. Malgrado ciò continuerà a essere giusto difendere la necessità di uno spazio autogestito, come detto da più parti, anche per il bene di Lugano e del Ticino. Continuerà a esser giusto difendere queste persone che vengono ora bollate di “brozzoni”, epiteto davvero raccapricciante, da stato totalitario.
Continuerà a essere giusto per noi difendere giornalisti che non hanno il passaporto rossocrociato, ma che hanno un occhio ben attento verso il nostro Cantone, senz’altro più acuto di tanti altri per i quali il mondo finisce a Corticiasca, e non me ne vogliano gli abitanti di questa bella località della Val Colla. È che siamo rimasti in pochi. Troppa gente tace e troppa gente accondiscende a questa visione triviale e violenta. Non abbiamo molte strategie al riguardo, se non continuare a scrivere a costo poi di essere insultati a nostra volta.
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