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Approvata la “Legge sul clima”: battuta l’UDC grazie alla politica di compromesso e al rispetto della collegialità in consiglio federale
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Approvata la “Legge sul clima”: battuta l’UDC grazie alla politica di compromesso e al rispetto della collegialità in consiglio federale
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Approvata la “Legge sul clima”: battuta l’UDC grazie alla politica di compromesso e al rispetto della collegialità in consiglio federale
C’è chi lo temeva anche alla vigilia di questa consultazione. O addirittura lo pronosticava, come l’ultimissimo sondaggio (condotto dal prof. Oliver Strijbis dell’Università di Zurigo), che segnalava una netta maggioranza dell’elettorato liberale tentata dalla bocciatura della proposta. Un rifiuto che si sarebbe sommato a quello dell’UDC, il cui ‘negazionismo’ in fatto di necessaria e rapida reazione agli stravolgimenti del cambiamento climatico è ormai ideologico, identitario e programmatico, come per tutti gli schieramenti della destra europea più radicale.
Non è andata così e c’è da tirare un sospiro di sollievo. Non è andata così perché le devastazioni dell’aumentato surriscaldamento terracqueo è sempre più sotto gli occhi di tutti. Non è andata così perché la maggioranza del parlamento, finalmente consapevole che non c’è più tempo da perdere, ha deciso di cercare un compromesso dopo la bocciatura popolare, soltanto due anni fa, della legge sul CO2 (quella detta “del salvataggio dei ghiacciai”, di nuovo considerata troppo estrema, troppo costrittiva, e dannosa per “le tasche dei cittadini”).
Ma, soprattutto, non è accaduto sul piano politico perché lo Stato è tornato a fare lo Stato di fronte a un’emergenza e a rischi ambientali che riguardano l’intera comunità nazionale. Quindi di una Confederazione che oggi spende otto miliardi di franchi all’anno per l’energia che consuma, che è costretta a importarne i tre quarti, che è dunque massicciamente dipendente dall’estero e dovrebbe invece allentare questa sudditanza: essa può infatti precarizzarsi improvvisamente e rapidamente, in un quadro internazionale di nuove e forti tensioni (come ha dimostrato la guerra d’Ucraina), o per regimi fornitori ma di precaria stabilità (come molti in Medio Oriente), oppure per una gara sempre più serrata fra i vari competitori e clienti mondiali.
La transizione ecologica (in sostanza, dall’energia fossile all’energia rinnovabile e pulita nel rispetto delle tappe sottoscritte con gli accordi di Parigi) è un passaggio costoso. E abbiamo sempre sostenuto che doveva essere sgomberato il campo dall’idea che il prezzo supplementare dovesse essere pagato dai cittadini, soprattutto quelli della fascia medio-bassa. I mezzi finanziari per realizzarla (come i due miliardi in un decennio per rinnovare i vecchi sistemi di riscaldamento degli stabili) vanno trovati dove ci sono: o attraverso una manovra fiscale che aumenti la tassazione dei profitti finanziari borsistico-speculativi, oppure con le casse statali.
Se, a nostro parere sbagliando, non si vuole imboccare la prima strada, non rimane che l’intervento pubblico. Con cui ora ci si impegna a sussidiare i privati che volontariamente possono partecipare al cambiamento, e beneficiarne (per esempio nel fotovoltaico, o nell’agricoltura a cui la recente siccità ha riproposto i problemi causati dai sempre più numerosi e bruschi fenomeni meteorologici estremi).
Su tale garanzia va ora esercitata una puntuale verifica. Si deve procedere senza indugi alla sua messa in pratica, anche a beneficio di un Ticino che rimane sempre fra i Cantoni dove l’aria è più inquinata. Evitando oltretutto che quanto si riceve da una mano venga tolto o ridimensionato dall’altra. Ne abbiamo un esempio con il trasporto pubblico, che la nuova norma promette di incrementare proprio quando si annunciano aumenti di tariffe che colpiscono soprattutto le famiglie, i viaggiatori più giovani, gli abitanti delle regioni più periferiche, o i nuovi utenti disposti a lasciare l’automobile a casa. Ma a capo del relativo dipartimento (DATEC) non abbiamo forse oggi un Albert Rösti, l’UDC che da consigliere nazionale promosse l’azione contro questa Legge sul clima ma che da consigliere federale l’ha dovuta pubblicamente difendere? Miracoli della collegialità. Finché dura. In attesa della contesa sul nuovo nucleare. Settore di cui è stato gran lobbista.
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