Tram-treno, arieccolo
Quando un ricorso riuscito ci dice alcune cose sul rapporto tra autorità e legalità
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Quando un ricorso riuscito ci dice alcune cose sul rapporto tra autorità e legalità
• – Marco Züblin
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• – Enrico Lombardi
Il rispetto della legalità democratica da parte dei suoi tutori istituzionali
• – Marco Züblin
Nel 2002 avevo incontrato la madre di Carlo Giuliani. Minuta, lucida, coraggiosa mi aveva concesso una lunga intervista
• – Riccardo Fanciola
Venti anni fa il cantante attraversò la città sotto assedio per consegnare ai 'grandi' una petizione per la cancellazione del debito dei paesi più poveri
• – Redazione
La ricostruzione di quella tragica giornata nelle testimonianze della madre, di amici e di chi ha documentato il dramma
• – Riccardo Fanciola
Riuscì ad assistere decine di giovani brutalizzati. La causa: quella che in un processo un agente definì “macelleria messicana”
• – Redazione
Il racconto di un testimone scampato per caso al massacro della scuola Diaz
• – Riccardo Bagnato
• – Franco Cavani
Io grido “Patria y Vida” e amo il mio paese
• – Redazione
Quando un ricorso riuscito ci dice alcune cose sul rapporto tra autorità e legalità
Un po’ ce lo si poteva aspettare, diciamoci la verità. Mi riferisco alla decisione del Tribunale amministrativo che ha rispedito al mittente il concorso per il progetto tram-treno, dando ragione ai ricorrenti. Il progetto è di straordinaria importanza, e di enorme valenza dal punto di vista non soltanto del traffico ma anche da quello sociale e ambientale, oltre a rappresentare uno degli unici lodevoli sussulti nell’encefalogramma altrimenti asintoticamente piatto della progettualità cantonale; e invece siamo ancora lì, nelle paludose acque della procedura preliminare, dopo che già un primo progetto aveva dovuto essere ritirato, sommerso dai ricorsi.
Cogliendo questa occasione, due parole bisogna pur spenderle per dire la pena che proviamo di fronte all’incapacità reiterata dell’ente pubblico (detto in generale) di operare nel rispetto delle regole, cioè della legge, con progetti e iniziative che finiscono indecorosamente al palo perché in evidente violazione di norme: basti pensare a un paio di iniziative promosse dal Dipartimento del territorio (pur diretto da uno che la legge l’amministrò bene per anni annorum, con autoritario piglio e da altissimi scranni), per tutte quella sui parcheggi o sull’albo degli artigiani, o alla prassi illegalmente intimidatoria e punitiva – e puntualmente fucilata dal Tribunale federale – di taluni funzionari del Dipartimento delle istituzioni (qui invece, ne converrete, non possiamo certo pretendere che il buon esempio venga dall’alto), per non parlare della gestione da puro far west della questione dei molinari. Vi è da credere che non vi siano giuristi stipendiati dall’ente pubblico, in grado di fornire preventivamente pareri legalmente blindati a coloro che sono chiamati a decidere; o che vi siano approdati solo quelli che durante i corsi universitari erano fuori a fumare (e questo in un Paese in cui su due persone tre sono avvocati, o sedicenti tali); o, spero più probabilmente, che in certe auguste stanze il legale sia considerato da politici e funzionari come un emerito rompiballe e un inutile complicatore di cose semplici.
Per fortuna, come il mugnaio di Potsdam, anche l’ingegnere ticinese può felicitarsi che vi siano giudici a Bellinzona e a Losanna, e che i giudici siano per lo più ligi all’applicazione corretta della legge.
Naturalmente dalle nostre parti il problema viene affrontato sempre dalla parte sbagliata, cioè crocifiggendo chi esercita il diritto di opporsi a decisioni che ritiene non fondate in diritto: e allora ecco tutti a lagnarsi della “ricorsite” cantonale, che è invece un riflesso che nasce, e si alimenta, dal diffuso (e spesso giustificato, come abbiamo visto) scetticismo sulla fondatezza delle decisioni prese dall’amministrazione o dalla politica. Meno persone ricorrerebbero se vi fosse nel pubblico una ragionevole e fondata convinzione che le decisioni che reggono l’agire dello Stato sono legalmente a posto; ma così non è, e quindi… Addirittura, abbiamo sentito uno dei nostri supremi magistrati cantonali (quello dei parcheggi e dell’albo, vedi sopra) criminalizzare o poco meno coloro che avevano osato promuovere il referendum aeroportuale, cioè coloro che hanno esercitato un diritto che è pietra angolare della nostra democrazia diretta; detto da un ex-giudice, e per di più di sponda sovranista, tutto questo non solo lascia un po’ attoniti ma tristemente allude allo stato un po’ pietoso in cui versa da noi il rapporto tra autorità e legalità.
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