Per il lupo, sempre
Isteria socio-mediatica contro uno degli animali più belli, e più… necessari
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Isteria socio-mediatica contro uno degli animali più belli, e più… necessari
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Piccola antologia del pensiero economico a cura del Prof. Sergio Rossi
• – Redazione
la Svizzera celebra il ‘natale della patria’ tra incertezze, dubbi e contrapposizioni; ma per Berset la crisi da virus ha rinsaldato la società elvetica
• – Aldo Sofia
Isteria socio-mediatica contro uno degli animali più belli, e più… necessari
“Il lupo non ha rispetto”: una frase che, incredulo, ho sentito pronunciare l’altro giorno al TG da una gentile e fragile signora, prezzolata alfiere dell’economia alpestre. Insomma, al lupo non solo viene rimproverato di fare il … lupo ma addirittura di non mostrare la necessaria umile deferenza nei confronti dell’animale uomo. Siamo sempre lì, a quel pensiero quasi unico secondo cui il mondo è lì per servire l’uomo, cioè l’unica specie che asseriscono creata a immagine e somiglianza del divino. Inutile tentare di spiegare che ogni elemento naturale ha la sua dignità, la sua ragione e il suo paritario diritto all’esistenza, e che i rapporti tra le specie sarebbero retti da una perfetta logica naturale, se non fosse l’uomo a stravolgerla ogni giorno, e spesso senza necessità vera.
Per il mondo contadino, e temo in generale, il lupo è un fattore di disturbo, una “rottura di coglioni di decimo livello” (come direbbe quell’altro), un elemento angosciante che osa interferire nel placido idillio pastorale, che pur finanziamo e tuteliamo con tutta una serie di utili meccanismi doganali ed economici. La soluzione rapida e perfetta, benedetta da coloro che sono sempre rapidissimi a sfoderare le doppiette (ma sempre amici della natura, eh), è quella di farlo fuori e basta, senza troppi complimenti; vale per il lupo, ma vale anche per l’orso, che viene astutamente identificato solo con sigle, in modo da scoraggiare qualsiasi empatia popolare: ammazzare M16 è infatti ben più facilmente sdoganabile che non uccidere Knut o Bärli. Sembra incredibile che in un Paese civilizzato un problema banale e circoscritto, come quello dei predatori, non possa essere risolto se non a fucilate; non è peraltro così che lo risolvono i nostri vicini, ma noi siamo evidentemente tanto bravi da non avere bisogno né di consigli né di esempi.
Nel rumore della grancassa generale, giunge flebile la voce del contadino che ci ricorda che lo spopolamento degli alpi è avvenuto prima che il lupo tornasse a popolare le nostre montagne, e che le predazioni dipendono dalla mancanza di misure idonee di protezione delle greggi; nelle zone in cui il lupo è più radicato, e quindi vi è una cultura della protezione, le predazioni sono infatti inferiori. E poi: i contadini non vengono indennizzati per queste misure, e quindi tendono a non adottarle, o a adottarne di insufficienti o simboliche, e accontentarsi di essere rimborsati (adeguatamente?) per i capi uccisi, o appunto a chiedere un inasprimento delle misure che porti alla mattanza automatica di questi irrispettosi rompiscatole.
“Evitare che per il lupo le montagne svizzere diventino un banchetto”: il valoroso cronista usa questa goffa immagine per chiudere un servizio dai toni allarmati e quasi drammatici, un servizio che il conduttore aveva lanciato con parole e volto degni di ben più tragico evento, nella migliore tradizione estremizzante e ansiogena che ormai pervade l’informazione; una narrazione che sdogana (e, per alcuni, legittima) le misure cruente che vengono auspicate.
Il lupo mi piace molto, diversamente non avrei chiamato così uno dei miei figli. Trovo che questo animale incorpori alcune delle qualità che mi piacerebbe trovare negli umani, tra i quali vedo invece sempre più iene e sciacalli, oltre a qualche gallina e una bella serie di struzzi. La tutela del lupo, che passa per indennizzi ma anche per una maggior responsabilizzazione di allevatori e alpigiani, è una cosa che dobbiamo poterci permettere; a meno che il carattere del lupo non sia visto come oscena e insopportabilmente provocatoria allusione a come noi potremmo essere, in luogo dei conigli e dei pecoroni che questo nostro povero mondo umano ci allena, e ci incoraggia, ogni giorno a diventare.
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