Le problematiche sorte intorno all’autogestione a Lugano, vengono affrontate dalle parti contendenti con un approccio simbolico e ideologico, anziché programmatico. Mi spiego.
Se per gli autogestiti l’ex Macello è uno spazio-simbolo da difendere ad ogni costo, simbolico è anche lo sgombero conseguente alla disdetta a cui la maggioranza Municipale ha deciso di puntare, quasi come fosse un trofeo. Da questo punto di vista le due fazioni si somigliano molto e peccano entrambe di ragionevolezza.
Ho visto il CS()A nascere, ho personalmente frequentato gli ex Molini di Viganello e il Maglio e ho organizzato concerti, attorno al 2010, nell’attuale ex Macello. Non ho però mai partecipato a manifestazioni, né ho mai aderito alle istanze politiche dei molinari. La mia frequentazione del centro sociale – fatemene pure una colpa – l’ho sempre vissuta come un semplice desiderio di libertà e condivisione. Una voglia sana, senza pretese, contrapposta alle dinamiche commerciali del divertimento di cui sono stato in seguito un attore.
È per questo motivo che seguo, da anni, il dibattito sul Molino con grande interesse. Sia come cittadino che come Consigliere comunale. Durante la mia esperienza politica ho cercato di tessere contatti, tramite la Commissione della Pianificazione, tra le istituzioni e i molinari, purtroppo senza successo. E questa è una responsabilità grave da parte degli autogestiti perché, diciamolo fuori dai denti, non avere dei rappresentanti per poter cercare delle soluzioni è un problema serio. E il dubbio che il dialogo da una delle due parti non si voglia, è fondato, ahimè.
Grave è tuttavia anche l’approccio muscolare con il quale una parte politica esaspera continuamente la situazione, non solamente infangando una ventennale esperienza e una comunità larga e variegata, ma dando vita a un dibattito deleterio, sbagliato e controproducente, per tutti. D’altro canto tocca leggere dal fronte dell’autogestione provocazioni incendiarie e sciocche, dove si rivendicano azioni inaccettabili e che svuotano il serbatoio delle loro ragioni. Il risultato è una discussione inconcludente che ingigantisce il problema senza portare lo straccio di una soluzione.
Da avvocato non posso avere dubbi nel ribadire che la responsabilità di ogni azione illegale, è individuale e non collettiva. Non si possono tollerare atti illeciti, irrispettosi dell’autorità e della cittadinanza, come quelli avvenuti alla stazione di Lugano. Ma gli stessi vanno perseguiti caso per caso, senza generalizzazioni contrarie allo stato di diritto. E questo, lo ribadisco, al di là delle rivendicazioni collettive.
Il Consiglio Comunale di Lugano ha deciso che gli spazi dell’ex Macello saranno riqualificati e in quel luogo non vi sarà più spazio per l’autogestione. Occorre dunque pragmaticamente trovare un’altra sede per far proseguire questa esperienza alternativa che nessuno – neppure la maggioranza municipale che ha votato la disdetta – vuole cancellare, almeno a parole.
La disdetta e lo sgombero senza una concreta proposta di uno spazio alternativo, non possono infatti essere considerati una soluzione. Prima di tutto perché non è lucchettando l’ex Macello che gli autogestiti scompariranno. Un atto del genere, ad oggi inconcludente, servirebbe solo a spostare, e probabilmente ad acuire, la problematica. Serve invece una proposta concreta di una nuova sede, anche perché sono convinto che, al di là dei proclami di facciata, chi al Molino ci tiene davvero non vedrebbe l’ora di trovare un luogo di più facile gestione e in grado di offrire maggiori opportunità di sviluppo culturale.
Finiamola quindi una volta per tutte con le provocazioni e gli atti simbolici e troviamo una soluzione concreta, in linea con quanto avviene nelle altre città della Svizzera.