Sta forse per terminare “l’epoca dei due papi”
L’aggravarsi delle condizione di salute di Benedetto XVI e dieci anni di coesistenza del papa emerito e di Francesco: nostra intervista al teologo Markus Krienke
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L’aggravarsi delle condizione di salute di Benedetto XVI e dieci anni di coesistenza del papa emerito e di Francesco: nostra intervista al teologo Markus Krienke
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L’aggravarsi delle condizione di salute di Benedetto XVI e dieci anni di coesistenza del papa emerito e di Francesco: nostra intervista al teologo Markus Krienke
“Certamente le dimissioni di Celestino V – proprio per il loro significato “politico” di critica al potere ecclesiastico – sono quelle storicamente più famose, ma in realtà Benedetto XVI è stato l’ottavo Papa a compiere tale atto. A differenza al “papa angelico”, Ratzinger ha voluto in tutti i modi escludere un significato simile, indicando unicamente l’età avanzata come motivo che gli impedisce di «esercitare in modo adeguato il ministero petrino». Bisogna però certamente anche leggere queste parole come: “in modo adeguato rispetto alle sfide”, tra cui quella che ha pesato senz’altro di più sull’intero pontificato, quella degli abusi nella Chiesa, a partire dalla “causa Marcial Maciel Degollado”, Fondatore dei Legionari di Cristo. Ricordiamo che è stato il pontefice tedesco a subire l’intero impatto degli scandali dei preti pedofili emersi in tutte le parti del mondo dopo aver dichiarato la “tolleranza zero”. Ma anche altri scandali hanno fatto capire la grande fatica di Ratzinger nel governare la curia romana: ricordiamo Vatileaks, la fuga di notizie e documenti segreti sui rapporti interni alla curia nel 2012 e nel 2015, le vicende poco chiare intorno alla dirigenza dello IOR e la sua mancata riforma, ma anche semplicemente la distanza crescente tra il Papa e i cristiani, specialmente in Europa”.
Sta di fatto che poi Benedetto è stato più a lungo ‘papa emerito’ (già da un decennio) che ‘papa regnante’ (8 anni). È stato per la Chiesa cattolica il periodo dei ‘due papi’. Un inedito nella storia della Chiesa. Con quali conseguenze?
“Mentre da un lato nessuno si sarebbe aspettato che durasse così a lungo questa situazione dei ‘due papi’, mentre è vero che a livello giuridico ed effettivo c’è solo un Papa, cioè Francesco, molti fattori hanno contribuito a far sembrare all’opinione pubblica che ormai per 10 anni di pontefici ce ne fossero due: in ciò hanno pesato le scelte, prese da Ratzinger stesso in quanto non esistevano regole a riguardo, per esempio di mantenere il vestito bianco e il nome Benedetto, di continuare a vivere dentro il Vaticano, nonché di chiamarsi “Papa emerito” , un titolo che non esiste nella Chiesa, e di confermare l’appellativo “Sua Santità”. Ma anche, e ciò forse pesa ancora di più, di non mantenere la sua promessa iniziale di non esprimersi pubblicamente. Ad esempio, con le sue affermazioni sugli scandali degli abusi, attribuendoli anche alla cultura del ’68, ha screditato l’impegno di Francesco a giungere alla “radice” del problema. Inoltre, proprio nella contemporaneità dei due Papi, il modo piuttosto opposto di interpretare il papato – dogmatico e identitario da parte di Benedetto, estroverso e spirituale da parte di Francesco – è risaltato in modo evidente. Certamente esistono anche grosse differenze teologiche: con la “teologia del popolo”, una variante della “teologia della liberazione”, sicuramente Francesco sta agli antipodi della teologia di ispirazione agostiniana di Benedetto”.
A suo giudizio sarebbe stato possibile l’attuale pontificato di Francesco se non fosse stato preceduto da un Ratzinger e anche da un Wojtyla, due pontefici considerati conservatori?
“Pragmaticamente, si potrebbe rispondere di “no” in quanto i cardinali che l’hanno eletto sono stati quelli scelti dai suoi due predecessori. E ormai si sa che Bergoglio è arrivato secondo già nel 2005, per cui Benedetto poteva avere la consapevolezza che ormai fosse arrivato il momento di un “Papa dall’altro lato del mondo”, nonché del primo gesuita nella storia dei Papi. D’altronde, Papa Francesco non ha cambiato né un dogma né la struttura gerarchica della Chiesa. Non è un Papa rivoluzionario ma profetico: vuole riempire la struttura della Chiesa con un nuovo spirito che vede i dogmi più in funzione della fede e non il contrario, e la Chiesa in funzione delll’uomo e della donna e non il contrario. Specialmente nell’ambito della morale e dell’amministrazione della fede egli auspica più aperture (pensiamo all’“Amoris laetitiae” o a “Querida Amazonia”) ma non una relativizzazione di quei pilastri della vita cristiana che sono la “famiglia” e il “sacerdozio”. In questo senso, propendo per una lettura che vede più la compatibilità di Francesco con i suoi due predecessori che non le dissonanze o le contraddizioni che vengono forse troppo enfatizzate sia dai “conservatori” sia dai “progressisti”. Ecco, in questo senso sì, direi che certamente Francesco non sarebbe possibile senza Ratzinger e Wojtyla.”
Come giudica la ‘coabitazione’ tra il papa emerito Ratzinger e papa Bergoglio?
“Certamente, Papa Francesco si è sempre impegnato a far risaltare l’atmosfera fraterna di questa coabitazione nonostante le dissonanze “politiche” e “teologiche” che sono davanti agli occhi di tutti. Secondo il cardinale Parolin, Segretario di Stato e quindi seconda carica nel Vaticano, regna fra di loro «una viva comunanza d’affetto». Una cosa sulla quale però Francesco sicuramente non poteva avere nessun influsso è stato il chiamare in causa il Papa emerito da parte di schieramenti conservatori, e di conseguenza le relative strumentalizzazioni. Forse non sono mai state chiarite del tutto, per citare un caso, le circostanze del libro «Dal profondo del nostro cuore» (2020) sul celibato che il cardinale Robert Sarah ha pubblicato anche a nome di Benedetto, per poi difendersi su Twitter in merito al ritiro, apparentemente a sorpresa, della firma da parte del Papa emerito. Dato che però il documento finale di Papa Francesco, dopo il Sinodo sull’Amazzonia, era in preparazione e ci si aspettava qualche apertura sull’ordinazione di uomini sposati, alla fine puntualmente non arrivata, si è trattato senz’altro di un’ingerenza nella politica dell’attuale Papa. Come alla fine Papa Francesco valuterà questa “esperienza” di coabitazione, si vedrà dal modo in cui probabilmente vorrà regolamentare le future condizioni di “Papi emeriti”.
Nel criticare scelte importanti dell’attuale pontefice, molti tradizionalisti hanno detto di esprimersi nel nome di Benedetto XVI, mentre, come lei ha già sottolineato, Ratzinger ha sempre detto che “di papa ce n’è solo uno”. Ma certe sue dichiarazioni e soprattutto certi suoi silenzi non hanno potuto alimentare l’idea di un suo dissenso e incoraggiare i critici di Francesco?
“Certamente esistono tali “tradizionalisti”, quelli che reclamano l’autorità di Benedetto XVI per sé; ma possiamo chiederci fino a un certo punto il Papa emerito lo apprezzi. Sicuramente criticherebbe anche molte “strumentalizzazioni” che si fanno su di lui. Per comprendere questo fenomeno dei “tradizionalisti”, fra cui molti mettono ancora in dubbio la legittimità del pontificato di Francesco e ritengono la sede papale “vacante”, in generale bisogna dire che due scelte molto divergenti del collegio cardinalizio in pochi anni fanno capire che non soltanto il “mondo” ma anche la Chiesa stessa si trova coinvolta in un «cambiamento epocale», come ama esprimersi Francesco: Benedetto fu eletto per salvare l’Europa da nichilismo e secolarismo nonché dal relativismo morale e religioso, mentre Francesco è abituato ad accettare le realtà per quelle che sono, anche se ciò comporta “alleanze” che oltrepassano i confini della Chiesa stessa, specialmente verso le altre religioni. Ciò porta certamente a tensioni all’interno del cattolicesimo. Per quanto riguarda certe dichiarazioni e certi silenzi, viene in mente il discorso di Benedetto per i funerali del Card. Meisner di Colonia, discorso letto da Mons. Gänswein, dove afferma, come nel giorno prima alla sua elezione a Papa, Ratzinger evocò l’importanza di «resistere alla dittatura dello spirito del tempo […] anche se a volte la barca sta per capovolgersi». Questa affermazione è da leggere come critica al pontificato di Francesco? Molti “tradizionalisti” avranno capito questa e altre affermazioni precisamente in questo senso.”
Proprio negli scorsi giorni papa Francesco ha fatto sapere in un’intervista televisiva di aver già consegnato da tempo la sua lettera di dimissioni, da rendere pubbliche ed effettive qualora le sue condizioni diventassero un impedimento al governo della Chiesa. Perché lo ha fatto con tanto anticipo? Perché ha voluto farlo sapere?
“Andando a rileggere l’intervista, innanzitutto si ha l’impressione di una certa “spontaneità” – almeno apparente – con cui emerge la domanda dell’intervistatore che porta a questa “rivelazione” del Papa. Nella sua risposta, Francesco si inserisce però in una lunga tradizione, fin da Pio XII, e quindi conferisce subito una salda base alla sua decisione. La domanda del giornalista era probabilmente condizionata dalle ultime notizie circa la salute del Pontefice, ma è altrettanto vero che Papa Francesco non ha voluto in nessun modo lasciare la questione in forse. Secondo me ha voluto far sapere che l’unica opzione di rinuncia a cui sta pensando è quella di un grave impedimento di salute che coinvolge le capacità intellettive e coscienziali: lui dice infatti, e con chiaro significato, che «si governa con la testa, non con il ginocchio», questo proprio per far tacere ogni speculazione su un’eventuale rinuncia a causa delle sue condizioni di salute. Dall’altro lato ha anche voluto sottolineare che la complessità del governo della Chiesa esige oggi che il Papa sia nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, e che l’esercizio strettamente personale dell’ufficio petrino non può essere demandato a nessun altro. L’impressione complessiva è quindi quella di un papato saldo nonostante l’attuale situazione di salute del Papa.”
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Come è partita l’escalation del conflitto asimmetrico Israele-Hamas; e perché la guerra può far comodo a chi l’ha provocata e a chi la dovrà pagare maggiormente