Un Polo da “prendere o lasciare”
L’assenza di un Piano B pare sempre più una presa per il Lato B
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L’assenza di un Piano B pare sempre più una presa per il Lato B
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“Se dalle urne dovesse uscire un no, per parecchio tempo non accadrà niente di bello allo sport cittadino, né alla qualità di vita del quartiere di Cornaredo.(…) Lo abbiamo detto e ripetuto, non c’è un piano B, come non c’è mai un piano B per progetti di questa portata, a maggior ragione dopo più di un decennio in cui il piano A è stato approvato e sostenuto con tutti i necessari passaggi procedurali. È solo uno slogan che purtroppo ha attecchito, però è vuoto, soprattutto di buon senso. Così come è totalmente fuorviante dire di essere a favore dello sport e poi votare no. Per lo sport sarà uno di quei calci negli stinchi che ti mandano in panchina fino a fine campionato».
Sono parole del sindaco di Lugano, Michele Foletti, pubblicate ieri dal “CdT” come ennesimo contributo in vista della votazione sul Polo Sportivo e deli Eventi di Lugano in una campagna che non smette di far discutere e contrapporre radicalmente favorevoli e contrari in nome dello sport.
Foletti, cui viene ricordato nuovamente come lui stesso e la Lega fossero contrari al progettone di torri e residenze fino a non molto tempo fa, ancora una volta solleva due aspetti che stanno alla base delle posizioni del Municipio cittadino, e che riguardano i destini dello sport e l’impossibilità che possa darsi un cosiddetto “piano B”, evocato dai referendisti.
Il mantra del “chi è contrario al progetto in votazione è contro lo sport” è ormai un tormentone francamente indecoroso quanto strumentale, poiché l’urgenza di una soluzione ai problemi di invecchiamento delle attuali strutture sportive è ben chiara e condivisa da tutti. Ed in realtà, andrebbe aggiunto, è proprio quella condivisa urgenza, amplificata dalle “minacce” della Lega svizzera di calcio nei confronti dell’F. C. Lugano, ad aver fatto sì che anche negli ultimi anni vi sia stata una larga intesa su un progetto di riqualifica delle strutture sportive.
Il fatto è che poi solo molto più recentemente il progetto si è ampliato, estendendosi in un più ampio disegno di riqualifica di un quartiere che in fin dei conti incide molto più in ambito immobiliare pubblico e privato (a beneficio dei privati, naturalmente) che non in quello propriamente sportivo.
Visto che questa evidenza viene costantemente riproposta dai referendisti, il Municipio ha infine deciso di porre la questione come una sorta di aut aut: il PSE è questo, prendere o lasciare.
È francamente assurda la narrazione dei favorevoli, secondo cui non ci sarebbe e non può esserci un piano B, così come è piuttosto grave che si dica – anche da parte del Municipio – che in presenza di un referendum dall’esito incerto non si è pensato a un’alternativa. O sono incompetenti (se non hanno il Piano B) o sono in malafede (se ce l’hanno): difficile dire cosa sia peggio.
Viene inoltre da chiedersi se sia davvero sensato praticare il solito gioco di mettere le persone con le spalle al muro, forzando la decisione, facendo leva sulla presunta o effettiva mancanza di alternative (a Lugano si fa così da sempre, l’ultima volta con l’aeroporto). Qui con l’aggravante del fatto che le forze politiche hanno colpevolmente (dolosamente?) ritardato la soluzione del problema degli impianti sportivi, nonostante le richieste delle associazioni (e della federazione di calcio), fino a far marcire sia la situazione sia gli impianti.
Adesso ci si dice che la città non ha i soldi per fare lo stadio e il palazzetto e che gli immobili servono a fare in modo che il privato li finanzi.
Tutto ciò in un periodo di tassi a zero, che ha effetti sostanziali sul costo dell’operazione per i contribuenti. Basti pensare che un prestito internazionale della città può essere facilmente piazzato allo 0.0% (visto il fatto che è in franchi svizzeri e visti gli interessi negativi sui depositi bancari), mentre qui si pagherà molto, ma molto di più (vogliamo parlare dei 62 milioni di leasing per stadio e palazzetto?).
Nei diversi recenti dibattiti (si pensi a “Democrazia Diretta” della RSI lunedì scorso) ed ancora nell’intervento di Foletti citato in apertura, alla questione proprio del leasing ora salta fuori che il Municipio, considera che “il contratto con HRS ci permette ampia flessibilità, potremo sicuramente abbassare il tetto dei costi di 167 milioni e adeguare le modalità di pagamento a dipendenza dell’andamento delle finanze cittadine.” Ma non è anche questo, in un certo senso, un “piano B”? Non si sta affermando, in questo modo, che rispetto ai termini di quello che i luganesi andranno a votare, il Municipio ha già in mente qualche soluzione diversa (e che naturalmente rassicura l’elettore indeciso sull’opportunità di approvare il progetto)? E ancora: ma la quarantina di milioni previsti per la “bonifica” del Maglio, che non sono inseriti nel progetto PSE visto che riguardano la spesa per un intervento che si farà comunque, perché continuano a rimbalzare nel dibattito sul PSE come parte significativa della “riqualifica” del comparto? In altri termini, se al Maglio si interviene in ogni caso e, per lo sport, con il beneplacito di tutti, si procedesse facendo intanto solo stadio e palazzetto, non saremmo già a buon punto? E se per fare il nuovo stadio si domandasse di intervenire finanziariamente ad un privato miliardario americano cui appartiene la squadra di calcio, non potrebbe essere questa una partnership in linea, fra l’altro, con quanto avviene un po’ dovunque, con gli stadi di proprietà delle società? Sono solo domande, fra le tante che restano inevase nonostante gli innumerevoli interventi ed i numerosi dibattiti su questo sempre più immaginario “Polo Sportivo e degli Eventi”. Domande che resteranno ancora lì, anche dopo la votazione, in attesa di chiarezza e autentica trasparenza.
È del tutto comprensibile e legittimo che le diverse società sportive attive in città aderiscano al progetto: viste le condizioni deprecabili delle strutture in cui si muovono, è del tutto logico sostenere l’avvio dei lavori ad ogni costo dopo due decenni di tentennamenti.
Ma è innegabile che quello che i cittadini di Lugano andranno a votare ha tutta l’aria di un patchwork fatto di compromessi e presentato come un ricatto. Diciamolo, per una volta, un po’ una presa per il lato B. Non proprio il modo migliore di immaginare (con o senza rendering) il futuro della città.
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